dittatura dei pm. LA PROCURA DI PISTOJA PROTEGGE IL MALAFFARE E FA ARRESTARE CHI CHIEDE IL RIPRISTINO DELLA LEGALITÀ. 1

Dedicato a Tom Col, al sostituto-scout Claudio Curreli e a tutti i suoi colleghi che, quando gli si chiede di indagare sull’irregolarità dei documenti amministrativi, fanno finta di nulla, girano la testa dall’altra parte e chiedono spiegazioni non alle carte dopo averle studiate a dovere, ma alle persone che hanno combinato pasticci, inciuci, guai e perfino reati di falso ed altro al fine di garantire la catena del potere pur se màrcido


Ma quanti ne paghiamo in Italia solo per essere ciechi
e lasciar correre tutto a favore di chi vogliono loro?


IO SONO LA PROCURA DIO TUO

NON AVRAI ALTRA PROCURA FUORI CHE ME


Quasi trent’anni per fare abbattere uno sconcio non condonabile? E il Fabbri che fece? Era cieco? Non vedeva nulla? O volle – come anche in altri casi – favorire gli stalker di Via di Lecceto? Un vero specchio il Comune di Quarrata!

 

E con questo assunto che – visto il modus operandi di Coletta & C. – è il corrispettivo fideistico del grido che inneggia alla “guerra santa”, oggi vi faccio vedere e toccare con mano la melma profonda del Comune di Quarrata, iniziando da un esempio di gestione ordinaria del rilascio-condoni per l’intervento taumaturgico del geometra addetto al servizio, Franco Fabbri, una vera indegnità amministrativa ed umana, senza voler offendere i cani. O mi si dimostri il contrario.

Il 31 maggio 1996, a Montespertoli, la maestra Nella Lapini (deceduta), cugina di Bruna Lapini (mia madre, deceduta) vendette una piccola abitazione, sita in Via Vicinale di Lecceto 14 a Quarrata, zona Montorio, ai signori Meoni Sergio Luciano Giuseppe, Alberti Mara, Dainelli Gionni. In séguito il Dainelli si sfilò dalla cordata e così pure il Meoni: ed unica sedicente (poi capirete perché) proprietaria sarebbe rimasta l’Alberti.

Per validarne la compravendita, Nella Lapini precisava, nel contratto, di aver presentato al Comune di Quarrata una istanza di sanatoria/condono, denunciando come abusiva la «realizzazione di un bagno avvenuta nell’anno 1966 senza i necessari titoli abilitativi, opera per la quale, ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994 si è provveduto a presentare al Sindaco del Comune di Quarrata, completa e fedele domanda di sanatoria protocollata al n. 7149 in data 28 febbraio 1995; domanda che, in copia conforme, con attestazione del versamento in unica soluzione dell’intera oblazione eseguito in data 15 dicembre 1994, bollettino di conto corrente postale n. 628 per £ 800.000, in unico elaborato rilasciato dal Comune di Quarrata in data 23 maggio 1996, si allega a quest’atto sotto la lettera “A”». Tutto chiaro, fino a questo punto? Andiamo avanti.

Non appena venni a sapere di questa operazione, in qualità di procuratore generale di mia madre, proprietaria in comunione sulle parti a comune (particella 430, foglio 44), e confinante con i sedicenti acquirenti dell’atto, presentai immediata opposizione al rilascio del condono: in altre parole, il contratto di acquisto non poteva essere in alcun modo validato perché, circa il bagnetto citato, esso era insanabile sia all’epoca (1996) che oggi.

È inutile che stia a rompervi le palle – come si dice con fine espressione francese – citando la mia ineccepibile opposizione. Risultato: il professor Marcello Bracali, all’epoca assessore all’edilizia e ai condoni, puntualmente, fermò il treno e dette l’alt fino a che i cosiddetti acquirenti non avessero consegnato all’ufficio un “atto di assenso in forma pubblica” (si noti: in forma pubblica), del comproprietario comunista dell’area a comune (part. 430, Lapini Bruna) e, al tempo stesso, confinante con i beni in vendita (ancora Lapini Bruna).

E qui entra in mezzo il tarlo (intendo dire il geometra, infedele e corrottissimo) Franco Fabbri: quello che al mattino lavorava in Comune e distribuiva condoni e permessi edilizi; e al pomeriggio andava a lavorare agli ordini del geometra Mauro Ponziani, uno dei più fortunati progettisti quarratini. Lo sanno tutti, Pm Coletta. È inutile scalpitare tanto.

I sedicenti (ma ontologicamente non) proprietari non hanno mai presentato l’ineludibile atto di assenso richiesto: e l’iter amministrativo è stato saltato a piè pari, facendo passare il tempo e la paglia che maturano le sorba e la canaglia. Anche se la certificazione fu rilasciata dal Fabbri…

Negli ultimi quattro anni e mezzo si qui trascorsi, dato che ho revisionato di persona tutte le carte e in maniera ufficiale (non ho fatto come i militi CC Panarello, polizia giudiziaria, che fanno le indagini per telefono e prendono fischi per fiaschi ed altro); dato dunque che ho dovuto svolgere di persona tutto il lavoro che una vera procura sarebbe stata tenuta a svolgere da sé senza interposti ruffiani e falsi testimoni, ho con certezza millimetrica appurato (mi spiace per i miei amici Pm e sostituti che non mi sopportano, ma è così) che:

  1. i sedicenti acquirenti tentarono di far credere al Comune che mia madre era disponibile a rilasciare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà: che però non risulta mai allegata agli atti necessari all’ottenimento del condono;
  2. il Comune, nell’intento di favorire i tre cavalieri di Lecceto, chiese un paio di pareri all’avvocato Giovannelli-padre e, sulla scorta di quei pareri, dati – mi si consenta – “a cazzo di cane”, il Fabbri e altri non meglio identificati, alla fine rilasciarono il certificato di condono «fatti salvi i diritti di terzi» e salutamassòreta.
    Peccato che i diritti dei terzi non fossero, al momento, ipotetici, ma espressamente dichiarati e ben motivati nell’opposizione da me stesso prodotta: e che perciò non si potesse dire che il condono veniva rilasciato in ipotesi di ignorare legittimamente la situazione reale ben rappresentata.
  3. Ma c’è di più. I cosiddetti acquirenti – l’ho scoperto nella mia puntuale analisi, fatta come Dio comanda e non come da polizia giudiziaria da call center – non so bene come (perché fu fatto tutto alla zitta e con evidenti intenti messi in piedi per squallidi fini – si rivolsero al Tar della Toscana e il Comune e loro stessi se ne guardarono bene di avvertire le parti che sarebbero state lese.

Dunque una gran bella puttanata, degna di un’amministrazione (parlo non solo dei politici, ma soprattutto dei tecnici, col geometra Fabbri in testa) indegnamente spudorata e vergognosamente protetta dai difensori della Costituzione del Terzo Piano di Piazza Duomo.

A forza di spingere, col mio stomaco da struzzo, sugli uffici preposti (architetta Caterina Biagiotti); e con mio sommo sacrificio e sforzo, osteggiato in ogni maniera dalla neghittosa procura di Pistoia, i tecnici del Comune finirono col contestare, all’attuale non-proprietaria Mara Alberti, una serie piuttosto consistente di abusi edilizi, insanabili e all’epoca della domanda di condono di Nella Lapini, e in tutte le licenze e i permessi, ottenuti in quasi trent’anni, dalle benevole decisioni del salvifico geometra Fabbri.

Un mirabile esempio di falso sottoscritto da quattro dipendenti pubblici infedeli. Documento ben noto alla procura di Coletta, il Pm dei Turco non ha mosso boccia. E non è che l’inizio…

Ve la faccio breve. Il primo abuso edilizio che è stata abbattuto, è il famoso bagnetto fuori regola sotto ogni profilo, ma molto generosamente ignorato dal Fabbri. Ovviamente la sedicente proprietaria Mara Alberti, irriducibile vera stalker del luogo (poi seguìta generosamente anche, per altri motivi, dal ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, in ipotesi «prossimo sociale» di Curreli & consociato all’Alberti), ha presentato ricorso al Tar Toscana con il suo funambolico avvocato Roberto Ercolani di Firenze: un vero mago delle confusioni.

Ovviamente, anche stavolta, a nessuno era venuto in mente di avvertire i controinteressati: solo che, essendomene io accorto in maniera quasi casuale, mi sono volontariamente costituito, ad opponendum, nel giudizio instaurato al Tar.

Tenete presente un fatto fondamentale, assolutamente ignorato dalle grandi autorità costituite della dottoressa Patrizia Martucci: che un commando di comunali quarratini (Marco Bai, ex comandante della polizia municipale; l’ingegner Iuri Gelli, falso testimone in aula con il distratto e parziale giudice Gaspari nel processo politico sognato da Curreli & C.); l’ingegner Andrea Casseri, dell’ufficio territorio e, infine il geometra Emanuele Gori, dell’edilizia) avevano in precedenza effettuato un sopralluogo e firmato una falsa relazione attestante l’assoluta regolarità delle opere ora soggette al diniego di sanatoria di cui discuteremo al Tar.

Vi sembra giusto che un cittadino debba soffrire la tracotanza di personaggi più o meno stupidi e violenti nel corso di trent’anni di vera illegale persecuzione alla quale, dal 2008 in poi, si è accodato brillantemente anche il protetto ragionier non-dottor Romolo Perrozzi?

Ma Coletta cosa ci fa, a Pistoja? Passa il tempo a pensare alle non-intercettazioni della Lucia Turco e a sequestrare – peraltro illecitamente – organi d’informazione più che legali, solo perché grattano una rogna di amministrazione giudiziaria che ci proviene e ci danneggia fino dai tempi del dopoguerra?

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
© LineaLibera Periodico di Area Metropolitana


NON ABBIAMO BISOGNO
DI MAGISTRATI FUORI CONTROLLO

Claudio Curreli

 

Secondo voi il sostituto Claudio Curreli, uomo della Pace, degli alberi di Falcone e Caponnetto, e della Terra Aperta, sarebbe felice o no se, per andare a casa sua, dovesse passare sotto almeno 10 telecamere fuori regola, pur se il Garante della Privacy ha favorito i disturbati di Lecceto?

E sarebbe felice  che sua madre, proprietaria di beni in loco, non fosse più potuta tornare a casa sua dalla Pasqua del 2008 fino alla morte, avvenuta il 6 dicembre 2016?

Dunque provi a riflettere, se ce la fa, su chi è stalker di chi, lasciando da parte la sua egotica, immane autostima.


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