Commento postumo di un giorno sugli eventi pistojesi (e non solo) legati alle autorità tutrici della legge che campeggiano solenni all’apice di Palazzo Pretorio
IL MONDO DI SUZIE WONG
Accade tutto ieri mattina, 8 ottobre 2024, a Pistoja, dalle 10 in poi.
Tommaso Coletta entra in un ufficio del suo Olimpo e, con la sua aria da Thor (è ontologicamente thorvo: l’unica volta che lo abbiamo visto sorridere è nella foto del Tirreno in cui si lascia andare a una passata da divo sotto gli occhi di Massimo Donati, per rilasciare una sequela di affermazioni, tutte opportunamente smentite con il passar del tempo); e con la sua aria da Thor – dicevo – chiede, dopo un buongiorno standard, “se la Laura è arrivata oppure no”.
Dietro la risposta affermativa da parte di un’impiegata, il Capo che promise di lavorare per la gente comune (dimenticando di aggiungere, però, “solo se sua amica”), affronta una questione di vitale importanza.
«Ma la macchinetta del caffè, qui accanto, non funziona?» chiede. «Perché – aggiunge seccato – mi ha appena fregato 1 euro e 50…».
È una questione si stato? A me parrebbe di no. Ma quando mi riferiscono dello smarrimento e dell’irritazione del Pm per la perdita di € 1,5 sulla sua sontuosa busta-paga, l’unica immagine che mi passa dinanzi agli occhi (una di quelle cose che fanno arrabbiare il sostituto Giuseppe Grieco, il quale non sembra capace di capire l’ironia e la satira) è la figura di un suo immenso connazionale, il principe De Curtis che, in 47 morto che parla, si dispera senza fine a causa del fatto che gli hanno rubato un bottone… con quello che costano i bottoni!
Oltretutto per come si svolgono le questioni giudiziarie in tribunale a Pistoia, un evento di questo genere potrebbe perfino causare un gravissimo incidente diplomatico internazionale. Anche con Putin, chissà…
E non parlo a vanvera. Quello lo fanno, di solito, molti dei sostituti pistoiesi, proprio nel tempio della legalità (tradita), dove esercitano anche magistrati extra e contra legem come Claudio Curreli.
Credo, peraltro, che sia fuori legge lo starsene, proprio lui, a Pistoia, con la moglie, nello stesso tribunale: e ce lo ha confermato per due volte e per iscritto lo stesso Maurizio Barbarisi, il cosiddetto “presidente della calamita da frigo”. Inoltre molto più credo che sia fuorilegge la sua adesione alle aperture dei confini nazionali deregolamentate a favore dei clandestini attraverso Terra Aperta, capofila da lui stesso coordinata. Se sbaglio, mi corrigerete, disse San Giovanni Paolo Wojtyła.
A Pistoia, infatti, tutto è un pericolo, se non si ossequia il (cattivo) potere costituito. Se ne sa qualcosa da quando Dell’Anno mosse Grieco contro Mancini. Ma la storia non è mai finita.
Ad esempio, quando piove, e uno prende il primo ombrello che gli capita a tiro, per portare fogli da Palazzo Pretorio a San Mercuriale, rischia di finire sotto processo.
Chiedetene spiegazione a una geniale sostituta come Linda Gambassi, facente parte di un progetto di fuga da Pistoia-Alactraz (con la distrattissima Luisa Serranti, ma anche con – secondo le ultime notizie questo risulta – Luca Gaspari, la Gip Patrizia Martucci e, in questi stessi giorni, anche il giudice Paolo Fontana: tutti, forse, troppo felici di stare sotto le amorevoli cure & pressioni di Tom Col e dei suoi nanetti residuali?
Chiarisco che quello che sto dicendo, o procura pistojese, si chiama critica e commento: il tutto espressamente ammesso dall’art. 21 della Costituzione, una Signora ignota ai più di voi.
Con questo si passa al secondo capitolo dell’ieri. Il processo per il vino truffoso di cui è titolare l’incompatibile Curreli protetto.
Rendetevi conto di cos’è la giustizia in Italia e, nella fattispecie, a Pistoia. Il processo di-vino viene affidato ufficialmente a un magistrato che è una fiera di invenzioni fino da quando ha iniziato la sua non onorevole carriera in Calabria con padre Fedele Bisceglia, nascondendone gli elementi a discarico dell’imputato, in maniera simile a ciò che è accaduto con personaggi quali De Pasquale e Spadaro con Eni. Solo che il divo Claudio è – evidentemente – ben più protetto di quei suoi colleghi che si sono presi otto mesi. Partoriranno due… ottavini.
Mi spieghi perbene, lo staff dei legalitari del Terzo Piano, come sia possibile, sotto il regno di Costituzione e di Mattarella, che uomini come Coletta – che protegge gli amici – e Curreli che protegge i clandestini, possano continuare a fare, a loro completo capriccio, tutto quello che vogliono e senza vergogna alcuna.
Ma anche Curreli è disposto a guardare con occhi benevoli i suoi amici o gli amici di amici a lui raccomandati, vedi Andrea Alessandro Nesti e consorte, o il falso dottore ragionier Romolo Perrozzi che continua a insistere come un disturbato mentale a sparare querele che sa accolte in partenza perché gioca su una invenzione di stampo currelico come lo stalking giornalistico. Roba da Urss di Stalin.
Me lo spieghi ontologicamente, lo staff del Terzo Piano. Non continui a rinviarmi a giudizio solo perché quello che dico è troppo vero e troppo dicumentato e perciò disturba il manovratore. Prendere a bastonate o pugnalate Matteotti sanno bene farlo i fascisti fino dal 1924. È chiaro?
Fra i vini, infine, di cui si occupa don Curreli, non c’è, ma ci sarebbe stato veramente bene un Vermentino.
Se non altro per richiamo fonico, quel nettare sardo avrebbe alluso al verminaio del continuo abuso di potere, autorità, persecuzione nei confronti di decine di «persone comuni» che, quando arrivò a Pistoja, Tom Col, quello che non intercettava la sorella del suo capo Luca Turco, promise che avrebbe tutelato. È stato esemplare, per questo, e merita una medaglia sul campo.
O forse quando Coletta rispose in quel modo al luogotenente Cappelli, gli avevano appena fregato un altro euro e mezzo con una macchinetta del caffè ladra come quella del Terzo Piano a Pistoja?
Mirë se vini, che non ha nulla a che vedere con i vini del Curreli, ma che è semplicemente il benvenuto in albanese!
Edoardo Bianchini
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