Quanti guai ha combinato il sostituto Claudio Curreli con quel suo modo di scodazzare quando e dove vuole, dentro e fuori della legge, perché (come giustamente ci ha rassicurato Maurizio Barbarisi) tutti sanno che è in posizione anomala, ma è protetto ad alti livelli e può persino lavorare a favore dell’immigrazione clandestina con la sua Terra Aperta?
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LA PROCURA, A PRECIPIZIO,
NON INDAGA MA MANDA A GIUDIZIO
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Legge e diritto sarebbero logica, ma certi magistrati sono tutto fuorché esempi di logica e di coerenza nello svolgimento dei loro ragionamenti senza capo né coda.
Facciamo un esempio a me ben noto perché parlo proprio di me stesso e quindi sono una fonte di prima mano.
Quando Luigi Egidio Bardelli, quel personaggio per il quale indistintamente tutte le forze politiche del consiglio comunale rimandarono una seduta perché tutti volevano farsi riprendere da Tvl al funerale: e ben visibili; quando Luigi Egidio Bardelli se la prese con me perché avevo pubblicato parecchie decine di articoli con i quali – come al solito con documenti alla mano – dimostravo la sua malagestione e i suoi meandri per le operazioni di vario genere che poi tutti i pistoiesi hanno inghiottito pur sapendo che erano un grande, sconcio inganno: per prima cosa mi trascinò dinanzi alla commissione di disciplina dell’ordine dei giornalisti della Toscana.
In illo tempore la commissione era formata da tutti i membri dell’ordine: era difficile scappare. Oggi con tre soli elementi in camera di con[s]iglio, il trucco viene bene come nei tribunali: è assai più facile, a porte chiuse, impastare la sfoglia per i cenci di carnevale facendo il gioco delle tre carte…
Fui costretto a difendermi per avere detto il vero nei mescoloni Aias-Ape e seguenti. Dovetti rivolgermi a un avvocato. Lo pagai anche piuttosto caro. Parlai. Ma fui ascoltato con attenzione e, in conclusione, all’unanimità il consiglio dell’ordine fiorentino mandò a quel paese il “caro estinto”.
Poco dopo la decisione, mentre io ne uscivo indenne (perché, modestamente parlando, il mio mestiere di cronista lo so fare e anche bene, checché ne dica la procura), Luigi Egidio Bardelli fu rinviato al consiglio di disciplina per aver “calunniato” uno (me) che sa leggere, scrivere e anche fare di conto.
Ricevette, però, una pena ridicola: solo la censura, una sorta di divieto di sosta. Più tardi, a Roma, grazie a tutte le «forze vaticane e papaline» che tifavano per lui, l’avermi rotto i coglioni dimostratamente per nulla, gli fu mutato in amichevole, quanto indecente, «avvertimento».
Le solite puttanate dei giornalisti d’alto bordo, dato che il “caro estinto” era un «riccio di incompatibilità e conflitti di interesse» di ogni genere.
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I santi, però, sono irriducibili e pervicaci. Pur essendo stato asfaltato, Luigi Egidio Bardelli, con tutta l’avvocateria a cavallo della famiglia, mi pare, di Giorgione Federighi, mi trascinò anche in penale con i legulei dello studio legale Bologni. Io, in quell’occasione, potei contare sul giovane avvocato Simone Aiazzi di Firenze, un legale di prim’ordine.
Fu lì che conobbi Gaspari, da poco a Pistoia, il quale – evidentemente non ancora pressato a dovere dagli schiacciasassi della procura – il 1° marzo 2017, depositò una sua sentenza con la formula che certificava che, quanto ai miei articoli in quantità industriale contro la malagestione del direttore di Tvl, il fatto non costituiva reato.
Leggétevela la sentenza, scaricandola da qui. E notate che lo stesso pubblico ministero aveva chiesto la mia assoluzione dato che, secondo lui, il fatto non sussisteva.
Perché, aggiungo, il giornalismo io lo fo così: montanelliano e con i documenti alla mano; non come la procura di Pistoja, che copia-incolla bischerate a fila di salsicce, convinta che, in séguito troverà comunque un pelo nell’uovo con cui far condannare il proprio capro espiatorio scelto di volta in volta per difendere o una sorella del Turco, o un ragionier non-dottore, o un mai-comandante (ma protetto dalla sinistra e Vpo della stessa procura), o alcuni dei miei stomachevoli nemici (Benesperi, Ciottoli e decine di altri scemi patentati), i quali, essendo appunto miei antagonisti, diventano meccanicamente amici della congrega di Biancaneve e i sette nani del Terzo Piano.
Per chiarezza, su Luigi Egidio Bardelli io avevo scritto più di 150 pezzi di fuoco: con il mio stile al peperoncino e all’acido nitrico. Ma nessuno – e neppure Luca Gaspari – ci trovò niente di collidente con la pertinenza, la continenza e la verità. Per arrivare all’assurdo (ontologicamente illogico in maniera manifesta) ci voleva un genio come Claudio Curreli.
Quando con la sua paccottiglia raffazzonata, il Terra Aperta dell’abigeato delle querele (ne aveva collezionate almeno una trentina contro di me), finì in aula davanti a Luca Gaspari, onestamente, avendo io visto lavorare quel giudice nel 2017, mi sentii tranquillo e pensai: 1. mi conosce e sa come opero e scrivo; 2. ha avuto gran rispetto delle carte e dei testimoni; 3. ergo, posso pensare che non si lasci schiacciare dalle pressioni del Torquemada persecutore di Padre Fedele Bisceglia.
Ma nel tempo anche gli uomini buoni possono cambiare, se non fanno niente per contrastare la matta bestialità dei sopraffattori. In fondo, Matteotti non è mai scomparso dal mondo…
E Gaspari – ultimamente anelante al trasferimento fuori dalle mura della Pistoja dei diavoli (cito Dante) – evidentemente non se la sentiva di creare frizioni con i colleghi della procura. Idem, mi dicono, per la dottoressa Martucci. Idem, mi sibilano, per Alessandro Buzzegoli: e altri del rosario mariano della Madonna di Nostra Signora di Bonaria in Cagliari.
Gaspari è venuto fuori dal maxiprocesso politico, contro me e Linea Libera, irriconoscibile sotto le picconate sferrate dallo scout redentore delle prostitute e della Terra Aperta; peggiorato assai dalle insinuanti (apparentemente innocue) spire dell’effeèffe Giuseppe Grieco. Il quale non mi sopporta (è mia convinzione e ne ho diritto per l’art. 21) per un semplice motivo: ero e sono un amico di Sandro Mancini, il luogotenente da abbattere per volontà di Dell’Anno, perché coerente e logico. Da abbattere per fare largo ad altri CC più duttili e più malleabili: o in altre parole adattabili come il Pongo.
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E così Gaspari, pur in possesso di tutte le prove documentali necessarie e sufficienti per mandare a quel paese la schiera dei nani (i sostituti erano, infatti, 7), e per fare vera giustizia, si lasciò convincere da una emerita “stronzata ad hoc”, un’invenzione in place, in corso d’opera: lo stalking giornalistico.
E come è stato felice, nella sua illusione di aver lavorato a regola d’arte, quando mi ha condannato perché – ad esempio –, con appena una ottantina di articoli, avevo raccontato al popolo bue della Piana che il mai-comandante Andrea Alessandro Nesti era raccomandato, blindato, favorito, voluto dalle sinistre tutte (e poi anche dalla destra del Menga di Benesperi e Ciottoli).
Eppure quegli 80 articoli (che Gaspari non ha mai letto, perché, disse, “gli bastava il numero per capire la mia anima delinquenziale”) non erano che la metà dei ben più forti e corrosivi pezzi dedicati al direttore di Tvl-Tv Libera Pistoja.
Il maxiprocesso politico contro Linea Libera (così lo ha definito in aula, lunedì 10 giugno scorso, dinanzi alla giudice Daniela Bizzarri, anche l’avvocata Annalisa Lucarelli, usbergo del Nesti), finì in una sorta di pappa–appiccicottìo di cartapesta messo in piedi per difendere sicuramente il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi (favorito dal Comune di Quarrata, ma anche dallo scout); il mai-comandante comandante Nesti (favorito da politica, tutta, e procura di Pistoja, all’unìsono); l’amministrazione di destra dei due cani sciolti e randagi di Benesperi e Ciottoli (e non per simpatia, ma perché i nemici dei miei nemici sono miei amici); e, infine, certi piddini doc come il sindaco-baccalà di Montale, il rieletto pilota dell’atterraggio della Misericordia al Carbonizzo di Fognano, l’inutilerrima sindaca di Quarrata Sabrina Sergio Gori, un rimasuglio di zoo politico pistojese etc. etc. etc.
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Povero Matteotti ammazzato dai fascisti e, oggi, dai tutori della democrazia e della legge!
E pensare che, oltretutto, Gaspari decise di estrarre una copia forense dal mio cellulare sequestrato, di cui poi ha fatto non strame, ma carta igienica di pessima qualità. Il che lo accusa quantomeno non di grave, ma di imperdonabile indecente negligenza nello svolgimento dei suoi compiti a casa.
E glielo dico da docente universitario con cattedra di Lingua e letteratura latina (L-FIL-LET/04), abilitato ope legis a rammentarglielo senza mandarglielo a dir dietro…
[segue]
Edoardo Bianchini
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© LineaLibera Periodico di Area Metropolitana
MORTA UNA “LINEA LIBERA”,
SE NE FA UN’ALTRA