DOCUFILM SU INGRID BERGMAN

Ingrid Bergman
Ingrid Bergman

PISTOIA. Un nome una leggenda ovvero l’attrice Ingrid Bergman, raccontata sul grande schermo dal regista svedese Stig Björkman nel documentario “Io sono Ingrid e questa è la mia storia” che si avvale di fotografie e filmati in buona parte realizzati dall’artista stessa durante tutta la sua vita raccontando la propria esistenza, sapientemente scelti dal regista e critico cinematografico tanto da ben catturarne l’anima oltre che mostrandone immagini uniche nella loro bellezza.

Nell’opera anche la figura del padre dell’attrice, scomparso quando lei era ancora bambina pochi anni dopo la madre e poi i film che la vedono protagonista, backstage, un suo primissimo provino che la mostra timida ma già fotogenica, interviste alle persone a lei più care, le premiazioni tra cui gli Oscar per “Angoscia”, “Anastasia” ed “Assassinio sull’Orient Express”, le testimonianze dei quattro figli Pia Lindström, Roberto, Isotta Ingrid ed Isabella Rossellini, le tante lettere rivolte ai figli, alle amiche, al primo marito Petter Lindström ed al secondo marito il regista Roberto Rossellini.

«Era il suo modo di trovare le radici» afferma la figlia Isabella Rossellini nel documentario, parlando appunto dell’abitudine della madre di raccogliere e conservare questo tipo di materiale.

L’opera è strutturata in ordine cronologico partendo dalla triste infanzia di Ingrid, presto orfana di entrambi i genitori, ma riportando anche il suo innato ottimismo, seguendo poi con l’avventura nel cinema mondiale dalla Svezia agli Stati Uniti, Italia e Francia, sempre con quella vita sentimentale tumultuosa che le fa sostanzialmente «cambiare tutto ogni dieci anni» come diceva lei stessa, lasciando mariti, figli, carriere.

In “Io sono Ingrid e questa è la mia storia” quindi anche il dolore della figlia Pia per essere stata cresciuta solo dal padre a migliaia di chilometri di distanza dalla madre, ammettendo comunque che Ingrid era anche una donna molto vitale e divertente.

Tanti i successi cinematografici per la diva nonostante il carattere irrefrenabile, lo stile di vita anticonformista, con quel fisico statuario di un metro e settantacinque d’altezza al tempo decisamente sopra le righe per una donna, dai modi diretti privi di diplomazia ma non di femminilità, in ruoli di primo piano accanto a star come Humprey Bogart o Cary Crant e lavorando con Alfred Hitchcock, in un’interminabile corsa verso il successo che descrisse una nuova Hollywood, sempre convinta che «tutte le ferite guariscono» anche quelle inferte agli altri che il documentario comunque mostra.

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