dolce&tossico. CI FACCIAMO UN “PASTONCINO” CON VELENO PANE E VINO, CON UN MIX PURE DI AMARI E RAGLIONI DI SOMARI

Che volete che possano capire gli esperti linguisti della nostra procura i quali sbagliano di un ben 23% ogni volta che aprono bocca e/o copia-incollano? Più in là dell’inventarsi lo stalking giornalistico a loro uso e consumo, loro non ci arrivano…


Con la mana sul cor, vi dico, o destra, che ’nsensa il mio Galarda nun resisto.
Pistòsto salto giù dalla finestra, perché senz’Alessandro i’ ’un esisto…


TUTTI MAESTRI D’ETICA E RIGORE

E UN’ITALIA CHE CREPA DI SQUALLORE


Libertà di critica, art. 21. È vietato criticare in un paese così democratico come dice Mattarella?

 

1. Nel Comun di don Fernando si va indietro, ma avanzando. Ripescato il Galardini, son scoppiati dei casini. Alessandro riciclato, vien pian piano rilanciato: non tornare può assessore, così a colpo, il professore.

Ben ricordan tutti quanti quando lui, dritto, davanti al mocròfano esclamò: «I caramba? Ohibò ohibò, son fascisti e restan tali; col randèl non hanno uguali! Ma che targhe, strade e piazze! Vanno usate le ramazze».

E non solo il suo Fernando lo salvètte dichiarando che sospender lo dovéa per l’orror che detto avéa. Ma dipoi quel Galardini, messo fuori, ad occhi chini, pur chiamò, tristo e banale, a giudizio in tribunale, chi, dell’arma, con rispetto, sempre fiero era nel petto. E il Coletta, che faciò? Al giudizio lo rinviò.

Ma la cosa più bestiale – ve lo dico, tanto vale – mandò in aula ad accusare un Leonardo tuttofare. Che rimase a bocca asciutta: si trovò infatti alla frutta: Alessandro, il grande offeso, proprio in aula si fu arreso. Ritirò la sua querela, come un pecoro che bela. Che figura, Galardini; che squallore cittadini, nel vedere che il Coletta sbaglia anch’egli, nella fretta, di quel 23 percento che sbandiera assai contento, affermando che a Pistoja il suo ufficio è luce e gioja…

Per chi ha mente corta, rammento che il Galarda, pur avendo detto quello che aveva detto (le forze dell’ordine e’ son tuti fascisti), siccome il luogotenente Sandro Mancini, criticandolo nel perfetto alveo della legalità ex art. 21 della Costituzione, lo aveva frustato, passò a querela.

E un Pm attento e perfetto come Coletta rinviò a giudizio il Mancini. E gli mandò in aula il De Gaudio come pubblico ministero. Un sostituto per una “caccola” di diffamazione. Si noti, poi, che De Gaudio, volendo, era stato anche quello che, nella storia – sporca, a mio parere – degli atterraggi al Carbonizzo di Fognano, aveva salvato the Betti’s famous apples

Ora, col lancio della (contestatissima) vicepresidenza del con[s]iglio montalese, parte l’operazione-riciclaggio del Galarda che, almeno per un po’, dovrà aspettare prima di essere “restaurato” su una sedia assessoriana. Anche questo è un po’ un congresso di Vienna post-napoleonico.

Povera minoranza, si consoli! Questi du’ genj sono esperti in voli. E mentre l’uno atterra su a Fognano, l’altro decolla e in cielo va lontano.

2. Ad Agliana oggi si vota: se non è mellétta, è mòta. Che tu scelga l’altro o l’uno, o aglianese, sei a digiuno. Te tu credi di cambiare per la scelta a meglio fare. Ma l’Ambrina, fe’ dei guai: colloquiò con il Gennaj, per tirarlo dritto in loco al bambìn minkia da poco. Il Gennaj la mandò a spasso: e l’Ambrina restò al passo. Ma volendo restà in corsa, da ambizione ed altro morsa, s’appressò tosto a Pedrito, per il quale alzerà il dito, quando tra stampelle e inchini, sarà in crisi coi giochini.

Andrea Acciai

È sconcertante, gente, vedere il doppiogiochismo delle bambine e dei bambini che scendono in piazza per il bene del popolo e che – come si dice – si mettono in gioco con spirito di sacrificio (specialmente degli altri e non loro).

Mi disse bene uno dei luogotenenti CC di Agliana, poco dopo l’insediamento del Benesperi: «Che ci vuol fare, direttore? Sono una giunta di bambini…».

Ma tutto va ben, madama la marchesa! L’Ambrina non balla da sola. Coi suoi sostenitori ha scelto Luca e la destra per-modo-di-dire (tranne il Ciottoli, che è una vera e propria pallapazza che strumpallazza, una tempesta) applaude.

Poi i moderati di destra-centro c’hanno alle s-palle don Tofani che incassa (5 mila dall’Artioli a Natale del 2013; 6 mila, a babbo morto, dal Benesperi che gli baciò la pantofola…), e un futuro fra bandierine arcobaleno e palestinesi.

Che altro dire dell’Agrùmia, luogo ispiratore della Blimunda, per una civiltà democratico-anpigiana che ha tenuto al suo non-posto per anni 15 un mai-comandante usurpatore del comando dei vigili come A.A. Nesti?

3. Come ultimo zimino di questo pastoncino domenicale al curaro & arsenico, c’è la storiella di tre gloriosi imprenditori pistojesi che, 11 anni fa, decisero di dare vita a una loro iniziativa benemerita di grande rilevanza. E partirono in tromba… finendo trombati.

Verso la metà strada, uno di loro, che aveva la disponibilità della cosa più importante – leggi: cassa senza controllo –, invitato a una riunione dell’associazione (per delinquere) che era stata formata, non osò presentarsi.

Fece però sapere, all’animatore principale dell’azienda, che dei 200 mila (almeno) € di cui disponeva, ne aveva fatto lui il buon uso suo.

«Che c’è di strano? – si dice che avesse detto a sua giustificazione – Rubano tutti, ho rubato anch’io!». E l’attività andò a puttana, chiudendo in tronco con spese a carico dei lavoratori prestatori d’opera. E poi la colpa è dei caporali

Fase 1. 7 anni circa per arrivare a processo in primo grado dal giudice del lavoro Francesco Barracca a Pistoja. Il quale decise: oltre mezzo milione di € da pagare ai lavoratori mandati affanculo.

Fase 2. Appello. Sospensione dell’esecutività della sentenza di Barracca per un anno circa. Qualcuno dei genj, nel frattempo, metteva al sicuro i propri beni vendendo – in costanza di situazione debitoria – la propria casa alla moglie, con la quale era passato dalla comunione alla separazione dei beni prima della prima udienza del giudice del lavoro.

Fase 3. Il collegio dell’appello – che pure ha già fatto un gran bel casino a sospendere l’esecutività della sentenza di primo grado a firma Barracca – si incazza in aula perché, nell’anno del Signore di sospensione dell’esecuzione, i tre cretini con i loro avvocati, anch’essi un po’ minus habentes, non hanno trovato alcuna via di conciliazione.

Fase 4. Perciò il collegio dell’appello, detto anche Le Tre Marie, esce con una sentenza che conferma, senza mutare una virgola, ma rincarando la dose, la sentenza del dottor Barracca. A questo punto l’intelligenza pistojese è arrivata a circa un milione di € se non di più.

Che vi aspettate, tuttavia, da gente di una città che discende da Vanni Fucci e che, in procura, ha: 1. un Pm capo che non intende intercettare la sorella del suo superiore Luca Turco; 2. sostituti cangianti di colore come le seppie, che si muovono (per stare fermi per oltre 5 anni) come Linda Gambassi, nullafacendo sull’inceneritore; 3. un Grieco che da più di due anni tiene ferma una pratica (che non ha necessità di indagini, perché le indagini sono state già svolte dai vigili di Quarrata) con ipotesi di sequestro di persona o di violenza privata; 4. un Curreli che stura le porte d’Italia ai clandestini irregolari con la sua illecita Terra Aperta, e fa la voce grossa solo contro di me, perché do fastidio a sue «prossimità sociali» come il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi o la famiglia Nesti al completo etc. etc. etc.?

Non deve insegnarcelo né un Pm, né un sostituto, né un Vpo qualsiasi come si fa critica, cronaca, informazione, satira e giornalismo montanelliano. Ci bastano i nostri titoli e i nostri lavori accademici per insegnare a tutti loro la correttezza e la libertà di espressione, nel rispetto della continenza, della pertinenza e della verità. Per noi il vespro delle vecchine da sacrestia è finito da un pezzo: ora devono essere loro a venire a prendere lezioni di lingua e stile da chi sa ed ha un onore intatto da Terre Aperte e da io non intercetto Lucie Turco!

Securi dormite, canes: custodiet hortum
cum sibi dilecta Sirius Erigone.

Dormite tranquilli, o cani; a custodire l’orto
provvederà Sirio con la sua diletta Erigone.

Vi piace, panaj tremolosi di timore, questa immagine di notturno dolce e delicato? È come Pistoja: un vero e proprio inganno. Insomma un trompe-l’œil.

Infatti nella cultura priapèica, la parola canis allude al cazzo; la parola hortus allude alla passera; ed Erigone, per richiamo fonico, spinge verso l’immagine dell’erezione della minchia.*

Che volete che possano capire gli esperti linguisti della nostra procura i quali sbagliano di un bel 23% ogni volta che aprono bocca e/o copia-incollano? Più in là dell’inventarsi lo stalking giornalistico a loro uso e consumo, loro non ci arrivano proprio…

Non è vero, Paoletta?

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
© LineaLibera Periodico di Area Metropolitana


* Cfr. Carmina Priapea, introduzione traduzione e note di E. Bianchini, testo latino a fronte, Rizzoli-Bur, Milano, 20011, p. 286-9.


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