PISTOIA. Il problema non è se don Biancalani ha ricevuto insulti orribili o se le biciclette degli immigrati da lui accolti sono state rovinate da teppaglia varia: gli insulti ce li becchiamo tutti, e tutti dovremmo prestare attenzione a chi, subdolamente, provoca continuamente, lamentando soprusi e violenze a causa delle proprie opinioni, ergendosi poi a paladino di democrazia, libertà, pace nel mondo e chi più ne ha più ne metta.
Il gioco dei social network consiste anche in questo: ogni tanto, dopo aver soffiato, ti torna indietro una affumicata puzzolente, magari scritta in un italiano osceno da uno che i giornali li usa per dormirci sotto: ma tant’è. Voler stravolgere queste “regole” non scritte, e pure poco simpatiche, querelando a destra e a manca (come dice di voler fare la presidenta Boldrini) significa non aver compreso Friedrich Nietzsche quando disse che occorre sbarazzarsi del cattivo gusto di voler andar d’accordo con tutti.
Facebook non è un posto per educande, e ricopre un ruolo a dir poco fondamentale nella vita di tutti noi essendo utilizzato per divulgare i propri pensieri, sebbene molti dei suoi più assidui avventori denigrino tale realtà affermando (sempre su Facebook) che la nostra vita non può essere soltanto social, bensì più real. Ma quest’incoerenza appartiene ad un capitolo che non ci interessa aprire adesso.
Don Biancalani non se l’è cercata, perché nessuna opinione merita in risposta offese se non addirittura atti violenti. Bene: questa è una premessa necessaria affinché le Selvagge Lucarelli del mondo social non si indignino accusandoci di spalleggiare gli haters. Ma è altrettanto vero che don Biancalani, esperto utilizzatore di Facebook, sapeva perfettamente di scatenare una guerra di insulti pubblicando le foto degli immigrati da lui accolti durante il loro soggiorno in una piscina.
Lo sapeva ed è da illusi fingere che il parroco di Vicofaro non preveda di volta in volta le razioni (anche le peggiori) che si scateneranno. Egli sa tutto e ama pubblicizzare la propria “carità cristiana”, precisando nel suo messaggio social, diffuso come la parola di Cristo, che i fascisti e i razzisti sono suoi nemici, e chiunque abbia avuto a che fare con lui sa che per rientrare in queste categorie è sufficiente non apprezzare l’arrivo di qualsiasi clandestino in Italia.
Dunque si pone un’ulteriore questione, inevitabilmente: certe opinioni, per essere accettate, devono essere buone e corrette nel vero senso dei due termini, pena la ghigliottina da parte delle milizie del politicamente corretto. La lama e più tagliente tanto è più grave l’accusa mossa: razzista (il cui significato niente ha da spartire con la questione dell’apprezzare o no l’immigrazione) è il più gettonato.
Può apparire una questione di lana caprina, ma in realtà non lo è: l’insulto becero rivolto a don Biancalani rimane un insulto becero con valore pari a zero. Al contrario, la sua affermazione di forte inimicizia verso chi ha l’ardire di contraddire il suo progetto d’accoglienza, fino a definirlo esempio di razzismo, appare come vera testimonianza di odio politico.
Si tratta di un commediante in declino alla ricerca di notorietà, e le pagine del suo copione si stanno ingiallendo.
[Lorenzo Zuppini]