Meditazione trascendentale sulle parole d’odio pronunciate contro Dante da Vanni Fucci, il ladro della cattedrale pistoiese di San Zeno
«Senza numeri qualsiasi analisi resta astratta», dice Tommaso Coletta.
Verissimo, signor Pm. Ma i numeri vanno saputi leggere nel loro effettivo contesto
SE D’ERROR C’È UN CAMPOSANTO
C’HO UN PROBLEMA, NON UN VANTO!
E tanto per rimanere sul tema di ieri, con la storia del Canto al Balì, tutto Coletta-Bardelli-Ferrini; e per riallacciarci significativamente al modo di operare della procura di Pistoia, che spesso e volentieri ripudia le indagini a favore degli indagati, violando l’art. 358 del codice di procedura penale, èccovi un nuovo fulgido esempio tolto dall’antologia del sostituto Claudio Curreli.
Senza accertare un bel niente, ma accogliendo con gli occhi bendati – che però vanno bene soltanto quando si gioca a mosca cieca –, lo scout prestato alla giustizia (sto citando parodicamente Primo Levi); il terraperturista, amico e sodale di Massimo Biancalani, che però tira la paga per il lesso (sto citando parodicamente il Carducci) dalle tasche degli italiani, anche quelli di Vicofaro, che non hanno più diritti; il marito della giudice Nicoletta Maria Curci, che lavora con lei gomito a gomito nello stesso tribunale e non può né deve farlo; il piantatore di “Alberti” (come scrisse a suo tempo Tvl) della legalità per Falcone e Caponnetto; il marciatore per la pace arcobalenica sul globo;
insomma il servitore di due, tre, quattro padroni (non si sa bene quali), ma non per questo non certificato – dalla stessa Anm, associazione nazionale magistrati – come gluten free, ove per gluten s’intenda «terzietà e imparzialità»;
lui, nella sua equidistanza doc&docg da me e mia avvocata Pamela Bonaiuti e da Andrea Alessandro Nesti e suoi avvocati (studio Niccolai), senza accertare un bel niente decise, motu proprio:
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che dovevo essere uno stalker del Nesti e della sua gentile consorte;
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che non avevamo ragione di scrivere (né io né Alessandro Romiti) tutta la montagna di fango che avevamo scritto sulle vergognose protezioni garantite da tutti al mai-comandante;
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che Nesti era una vittima delle nostre infamie e che, quindi, aveva ragione di denunciarmi/ci.
Questo è Curreli terzo e imparziale. Lo stesso magistrato archetipicamente emergente dalla famosissima vicenda di padre Fedele Bisceglia (cui fece dare 9 anni di carcere: poi assolto in Cassazione) nascondendo un intero fascicolo – anche lì violazione del diritto di difesa dell’imputato – che avrebbe scagionato il religioso senza garantirgli una vita d’inferno fino all’assoluzione.
Curreli – definibile a priori, nel silenzio di tutti sulle sue anomalie, il giusto come il greco Aristide, figlio di Lisimaco – ama vedere il male in tutto ciò che non gli appartiene o non produce direttamente.
Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti, colleghi e no, a iniziare dagli avvocati anche penalisti, che il suo modo di servire la Costituzione è notevolmente eccentrico. E tuttavia c’è un silenzio tombale su di lui, anche da parte dello stesso Pm che non si sente condizionato dalla «prossimità sociale» come, appunto, afferma Tommaso Coletta.
Così con l’accanimento – absit iniuria verbis – dello sciocco, che non sa né vuole ragionare, Claudio Curreli è passato allegramente di sopra a tutte le prove, testimoniali e documentali, pur di farci condannare da Gaspari – che, a mio parere, è stato al gioco senza prestare affatto attenzione a quello che aveva in mano perché glielo avevo fatto arrivare. Ci sono le ricevute di raccomandata 1.
Lo ha fatto, Curreli, finendo per coinvolgere, in questa specie di polka sprizzante, anche la sostituta Chiara Contesini, una metafora di vergine Camilla da lanciare nella battaglia dei Rutuli contro le forze di Enea al suo arrivo nel Lazio; regione in cui i troiani fuggiaschi non trovano la Terra Aperta di Curreli né una Vicofaro pronta ad accogliere i réfugiés dopo aver fatto loro gli esami di ammissione all’albergo Santa Maria Maggiore.
Facciano! Ma ormai è chiaro e ineluttabile che il mai-comandante non solo è sempre stato sfacciatamente protetto da tutti (a partire perfino dalla sua procura in cui aveva prestato servizio come Vpo-bòcia), ma ha anche tenuto illecitamente il posto di comandante dal 2000 al 2015, pur avendo perso ogni grado di giudizio sia nella giurisdizione amministrativa (Tar e Consiglio di Stato) che in quella civile del lavoro. Tant’è che ha già pagato anche le spese della sua catastrofe in Appello a Firenze. Leggetevi i documenti.
E ora il Pm Coletta, garante della legalità a Pistoia, come lo spiega il fatto che a questo mai-comandante e a sua moglie è stato permesso (anche con l’avallo di Gaspari) di produrre quintali di carte fasulle senza uno straccio di indagine fatta secondo il crisma di dio e dell’art. 358 cpp? È pertinente o no questa domanda?
E, date le acclarate circostanze; accertato che tutto ciò che abbiamo scritto è solo verità; considerato che tutto ciò che ha sparato il Nesti altro non è che calunnia, estensibile anche alla professoressa Milva Maria Cappellini: come farà, sin da ora, la procura a continuare a proteggere, in assoluta terzietà e imparzialità, un suo subalterno che imperversa come crede e vuole sotto il naso di tutti con la famosa aria da me n’impipo (traduzione contestualizzata da Camilleri-commissario Montalbano: me ne catafotto), tanto per citare Manzoni?
Sono io un pazzo visionario, dottor Coletta, o, per citare l’Amleto, c’è del marcio in Danimarca? E che ne dite voi, avvocati penalisti, Camera Penale, giornalisti iscritti all’Ordine dei Silenziarii?
Edoardo Bianchini
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