economia. E-CULTURA E ANCE DINANZI ALLE SFIDE ATTUALI

Pietro Reichlin e Daniele Pacini
Pietro Reichlin e Daniele Pacini

PISTOIA. Si è concluso con la relazione di Pietro Reichlin economista, professore alla Luiss, il ciclo di incontri sui temi che costituiscono le sfide che abbiamo di fronte a noi, di fronte al sistema delle imprese e della sua rappresentanza.

Nella sua introduzione il Presidente di E-Cultura Daniele Pacini ha detto: ci compete una responsabilità sociale per creare lavoro competitivo e non assistito, per creale valore e non soltanto consumarlo, quando non dissiparlo.

La rappresentanza si va riorganizzando sul territorio per affrontare al meglio questa sfida: l’aggregazione delle tre associazioni di Prato Pistoia e Lucca ha dato vita alla la maggior associazione territoriale a scala regionale ed una delle maggiori a livello nazionale: un percorso complesso e non ancora completamente compiuto, che sicuramente modifica assetti consolidati e che non avviene senza resistenze.

L’associazione E-Cultura ha proposto – e Ance Toscana Nord ha subito condiviso – di segnare questa ripartenza con una serie di riflessioni sui fondamentali: troppo spesso siamo travolti dall’incalzare degli eventi, dal succedersi delle emergenze: non riusciamo a collocare i cambiamenti negli scenari nei quali avvengono, non riusciamo a percepire il nuovo che avanza.

Dunque il prof. Reichlin ha parlato di lavoro e istruzione: il ruolo Capitale Umano nel mondo che cambia.

Il professore è partito dall’individuare nel Capitale Umano il principale fattore di crescita economica.
Il Cu consiste nella qualità dei lavoratori, che siano stati istruiti e formati al meglio.

L’argomento è sfaccettato e molto interessante per chi fa impresa ma non meno per chi si occupa di istruzione: +1% nel tasso di scolarizzazione della forza lavoro genera 1-2 punti percentuali di crescita del Pil pro capite.

A questo riguardo è più importante la qualità che la quantità degli anni si scuola.

Chi sottovaluta l’importanza dell’istruzione non tiene conto del capitale sociale che può produrre: una migliore qualità della democrazia, conoscenza e osservanza delle leggi, condivisione.

Il fattore Capitale Umano può essere aumentato all’infinito? Oppure le economie mature sono destinate alla stagnazione? Reichlin dice no, perché il contributo del lavoro alla produzione non è dato solo dal numero di persone o dal numero di ore lavorate ma anche dall’efficienza del lavoro che cresce con l’istruzione.

E allora, quanto rende investire in capitale umano? Le imprese possono permetterselo? Il sistema di istruzione è sufficiente? Tutto dipende dai costi per istruzione, differenziali salariali, imposte, probabilità di trovare lavoro e rischi occupazionali. L’effetto positivo dell’istruzione è anche mitigato dalla rigidità contrattuale – in Italia e anche in Francia dove si hanno contratti collettivi i salari e il lavoro offerto spesso non riflettono le competenze dei lavoratori.

anceSu 33 paesi Ocse l’Italia è quart’ultima per livello d’istruzione della popolazione (con diploma secondario), inoltre i tassi di aumento dell’istruzione in Italia sono più lenti che altrove (meno giovani laureati) ed elevatissima la quota di coloro che non studiano e non lavorano tra i 15 e i 29 anni (in Italia 25% seconda solo alla Spagna, mentre in Olanda tale percentuale è del 7%).

L’istruzione, quindi la creazione di capitale umano è un investimento che produce ritorni privati (per chi la consegue) e sociali (dà maggiori entrate e risparmio sulla spesa sociale).

Ogni anno in più di istruzione porta un incremento di reddito pari al 6,09% medio, con il diploma il 5,66 e con la laurea il 7,40.

Com’è cresciuta la disuguaglianza in relazione alla creazione di capitale umano.

La disuguaglianza è stata collegata di volta in volta all’ accresciuta domanda di personale qualificato, alla globalizzazione e immigrazione che hanno fatto aumentare gli scambi ed equalizzare i salari, cioè a pagare meno tutti i lavori manuali o alla redistribuzione mediante le politiche pubbliche si è ridotta.

Per quanto riguarda il minor intervento pubblico bisogna dire che molti paesi tra cui Usa, Francia, Germania, Finlandia hanno fatto lo stesso senza che si producessero gli effetti di disparità nel reddito.
Quanto all’accresciuta domanda di personale qualificato (per la quale si usa l’acronimo Sbtp = s killer bias tecnological progress), la questione è fra tecnologia e istruzione.

In presenza di due gruppi di lavoratori uno altamente qualificato ed uno scarsamente qualificato, il salario di ognuno dipende da domanda e offerta, negli ultimi anni abbiamo avuto una forte domanda di personale qualificato.

Nuovi posti di lavoro
Nuovi posti di lavoro

Quindi per ridurre le disuguaglianze occorre aumentare l’offerta di lavoratori molto qualificati cioè investire di più nella formazione, naturalmente anche qui c’è un limite, infatti, di quanto è possibile aumentare le qualifiche mediante formazione?

Quanto all’intervento della globalizzazione si può affermare che quanto maggiore è il tasso di innovazione tanto minore la probabilità che la globalizzazione abbia effetti negativi sui livelli salariali medi e sull’occupazione.

Per finire, se l’istruzione pubblica ha determinato l’espansione del livello d’istruzione è sempre più evidente che la spesa pubblica per l’istruzione non basta, aumenta l’esigenza di specializzazione e la qualità è sempre più importante.

La spesa in dollari Us per l’istruzione per studente, dalle elementari all’università e ricerca è:
Usa 16mila, Germania Francia e Spagna 10mila, Italia 9000, la media Ocse è 9mila, inoltre l’Italia spende meno per la terziaria è più per la primaria e secondaria.

L’intervento delle imprese nella formazione è modesto anche per il rischio che il lavoratore per cui si è investito nella formazione cambi impresa o cambi lavoro. Mentre per l’istruzione si auspicano investimenti privati, nel caso delle imprese sarebbero utili sussidi pubblici o incentivi fiscali alla formazione.

[Paola Fortunati]

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