EFFETTO RONDELLI

Bobo Rondelli
Bobo Rondelli

LIVORNO. Non servono grandi occasioni, né ricorrenze particolari. Bobo Rondelli e la sua Livorno hanno un rapporto ancestrale, autentico. Quando uno dei due chiama, l’altro è lì, non sull’attenti, ci mancherebbe altro, ma disponibile a fare quello che si può e talvolta, anche qualcosa in più.

Ieri sera, ad esempio, giovedì 30 luglio, in una delle serate consacrate dalla trentesima edizione di Effetto Venezia, ridotta nella sua storica estensione temporale di qualche giorno dalla nuova amministrazione pentastellata targata Nogarin, Livorno gli si è stretta attorno, in piazza del Luogo Pio (dove si sono esibite già Nada e Karima), con le infradito e le canottiere, con i bambini piccoli che ancora non lo conoscono, ma che impareranno a farlo, ad ascoltare, per l’ennesima piacevolissima volta, il suo cantore preferito, Bobo Rondelli, il malato immaginario delle baracchine, che nonostante transaminasi e fegato sembrino urlare pietà, lui continua a sfoggiare una forma straordinaria.

Sta così bene, almeno apparentemente, che il 52enne labronico sembra più giovane ora di quando iniziò a suonare, tanti e tanti anni fa, nella sua Livorno, naturalmente, con Les Bijoux, prima esperienza sonora di gruppo che fece da apripista alla sua più grande iniziativa artistica, Ottavo Padiglione, la band che riesce a trascinarlo fuori dai fossi e dalle due fortezze Medicee. L’incontro artistico con il genio dell’improvvisazione, Stefano Bollani, è la goccia che fa traboccare il vaso di Bobo Rondelli, che preferisce comunque restare lontano e estraneo dalle grandi bisettrici informatiche e mediatiche, privilegiando quella canzone intimista, confessionale, che lo caratterizza e che lo marchia a fuoco.

Bobo Rondelli e la sua band a Effetto Venezia
Bobo Rondelli e la sua band a Effetto Venezia

Ma Livorno, ieri sera, non era tutta lì, in piazza, ad ascoltare il suo profeta che le barricate le ha sempre fatte con i suoi mobili e non con quelli degli altri; buona parte dei numerosissimi visitatori era anche in giro per il resto del quartiere Venezia, per dare un senso e vita alla denominazione di questa edizione, la prima sotto un’amministrazione che non è, come sempre dalla Repubblica in poi, rossa-amaranto: Livorno terra di diritti, con il cinquecentenario delle leggi livornine, lì, nel pentagono Buontalenti. Città che si è difesa dai nemici storici dell’altra città marinara, Pisa, ma che ha sempre avuto accoglienza e tolleranza nei confronti di tutti i navigatori.

Qualcosa è cambiato, però. Matteo Salvini e la sua Lega dei rimedi sbrigativi ha decuplicato i voti, alle ultime regionali, passando da una sparuta rappresentanza di senza titolo più familiare alla goliardia universitaria ad una forte e decisiva realtà del tessuto cittadino.

Bobo Rondelli, ieri sera, ha provato a sussurrare per l’ennesima volta la sua distaccata preoccupazione, ripercorrendo parte della sua discografia che a Livorno tutti, ma proprio tutti anche i neoleghisti, conoscono alla perfezione.

Ma le parole, poesia autentica e la musica, reggae-manouche, non bastano più. Nemmeno a Livorno, nemmeno se canta Bobo Rondelli.

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