PRATO. Province… ma non dovevamo vederci più? E invece sono ancora tra noi: vivono, spendono e sprecano. Rappresentano un “poltronificio” utile a piazzare politici, parenti e amici ammanicati, nonché a provvedere alle loro nomine in aziende partecipate ed altre controllate.
A parole tutti i partiti si son riempiti la bocca della volontà di sopprimere gli enti intermedi, nei fatti non solo non le hanno mai soppresse.
Nella riforma costituzionale avrebbero cambiato il nome da provincia ad area vasta, ma nella sostanza nulla sarebbe cambiato, mentre in Sicilia gli hanno cambiato il nome in “liberi consorzi di comuni”.
Ma non contenti di questo sono riusciti perfino a peggiorarle derubando i cittadini della possibilità di scegliere i propri consiglieri provinciali che sono autoproclamati dai consiglieri comunali e dai sindaci di tutti i comuni della provincia.
Il M5S ne ha sempre invocato l’abolizione, sia nei propositi che nei fatti, non presentando alcuna candidatura alle elezioni provinciali e proponendone l’abolizione con una legge costituzionale boicottata da tutti i partiti.
Noi non cediamo e non ci facciamo lusingare dalla prospettiva di acquisire poltrone o, addirittura, da eventuali vittorie in alcune elezioni provinciali. La coerenza è una virtù che sopravvive solo nelle fila del Movimento 5 Stelle.
Per tale motivo tutti i portavoce comunali del M5S, di Prato, Montemurlo e Carmignano compresi, coerentemente a quanto il M5S ha sempre sostenuto, non parteciperanno in alcun modo, né con la sottoscrizione delle finte liste né alle successive finte votazioni, a questa ennesima presa in giro dei cittadini.
Silvia La vita
M5S Prato
Buona sera, io non capisco più se ci fate o ci siete. Vi ho votato ma inizio a pensare che anche a sto giro abbiamo preso un abbaglio noi elettori. Ma davvero pensate di cambiare le cose stando fuori? davvero siete ancora lì a fare i puri di spirito senza macchia ne compromesso (nonostante Roma e nonostante le firme false in Sicilia poi…)? Io capisco che siete in attesa che il sistema autocollassi, il tanto peggio tanto meglio, ma quello che non avete capito è che dopo non ci sarete voi ma la Bce. Voi dovreste invece entrare in tutte le giunte possibili, da quella di condominio al governo del paese e lì, se ne avete le capacità, le competenze, i mezzi culturali, lavorando dove si decide…lì dovreste cambiare le cose. Ma è possibile sperare questo da un movimento che caccia Pizzarotti, uno che ha saputo risollevare un comune fallito, per dare invece credito a una belloccia senza ne arte ne parte che a Roma è pappa e ciccia con i peggiori sodali di Alemanno e con i sindacati che hanno distrutto Atac?
Perchè, visto che come anche voi constatate, le provincie esistono e vivono tra noi, non cercate di entrarci per farle funzionare? Perchè poi alla fine il dubbio atroce che facciate di tutto per non assumervi impegni e responsabilità per stare comodamente a fare i barricaderi (Bertinotti insegna che è un atteggiamento che costa poco o nulla e che rende molto in termini elettorali…fino a che la gente non capisce il giochino), aleggia sempre più nell’aria.
Massimo Scalas
Prendiamo atto finalmente – ed una volta per tutte – che tutte le “Istituzioni Democratiche” (in senso lato e, dunque, in tutte le sue rappresentazioni e articolazioni nella società civile) sono e rappresentano, storicamente, il “comitato d’affari della borghesia”.
Questa lettura “marxiana” può essere dileggiata, vilipesa, osteggiata e quant’altro dal pensiero comune che i vari mass media “organici” tendono a diffondere in tutti gli strati sociali. Ma non può essere confutata nella realtà oggettiva (L’analisi concreta dei fatti concreti). E neanche, nella migliore delle ipotesi, considerata storicamente anacronistica anche da parte degli ex chierici del “Comunismo” (Non riesco a comprendere la mutazione di un comunista nel suo contrario. O non aveva capito una sega prima ((possibile)) o non ha capito una sega ora ((altrettanto possibile)). Ma in ogni caso rende evidente una assoluta e colpevole ignoranza del marxismo))
E dunque, non potendo ammettere il fallimento economico, politico e sociale del capitalismo come sistema sociale e la clamorosa ed evidente mistificazione della realtà (e dell’inganno che ne consegue), si tende a dirottare e a convogliare la “rabbia” sociale di milioni di persone su questioni che possono sì avere una certa rilevanza nello “specifico” ma che non producono e non hanno effetti sulla ossatura su cui si regge il sistema istituzionale borghese, ne tantomeno sulla “coscienza di classe” dei “proletari” . Per cui tutto si riduce alla semplice denuncia delle palesi e scandalose brutture istituzionali e delle relative leggi e normative ad ogni livello che ne conseguono. Senza metterne in discussione quel paradigma di riferimento che Marx identificava nella “Struttura”.
Può piacere o risultare indigesto il marxismo, ma sfido chiunque a metterne in discussione i presupposti (non solo teorici): il materialismo storico come studio scientifico della dialettica dei fatti storici, e la conseguente storicità di un sovvertimento del paradigma sociale attuale.
«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente».
Lo stalinismo (il comunismo realizzato (sic!) e che comunque è alla base ideologica di tante formazioni politiche sedicenti comuniste) ha rappresentato e praticato l’esatto contrario.
Buon giorno Capecchi, Lei ha tutta la mia ammirazione per come sostiene le sue convinzioni e mi creda non lo dico per dire. Le contesto apertamente l’affermazione “E dunque, non potendo ammettere il fallimento economico, politico e sociale del capitalismo…”. La contesto perchè è sotto gli occhi di tutti il successo del capitalismo. Grazie al quale siamo passati in 100 anni da un mondo di pochi privilegiati circondati da qualche centinaio di milioni di disgraziati senza acqua, ne luce, ne riscaldamento che a 50 anni morivano per le fatiche patite e per la fame a qualche miliardo, di persone che vivono in case riscaldate, mangiano tre volte al giorno, hanno del tempo libero da dedicare a svago, istruzione, vacanze. A ulteriore testimonianza di tale successo abbiamo il paese comunista per eccellenza che, grazie al capitalismo ha tratto fuori dalla povertà atavica metà del suo miliardo e 400 milioni di abitanti, la Cina. Abbiamo un sub continente, l’India, dove negli anni 80 ancora si moriva di fame e dove questo non accade più. I dati, non le opinioni, ci dicono che per la prima volta nella storia, la povetà estrema scende sotto il 10% della popolazione mondiale. Questo avviene grazie a tutti quei paesi che hanno adattato il capitalismo al loro sistema politico. Certo tutti sogniamo un mondo senza più poveri (salvo poi lamentarci quando la globalizzazione impone finalmente una redistribuzione della ricchezza a livello mondiale), ma è un fatto certo, inoppugnabile, costituito da migliaia di dati e indici economici di tipo oggettivo e scientifico, che dove c’è stato e c’è il capitalismo la gente materialmente stà meglio, vive meglio, vive più a lungo, gode di diritti maggiori, di un istruzione più elevata. Il resto è ideologia, senza pezze d’appoggio. L’Italia caro Capecchi non si stà impoverendo a causa del capitalismo ma per la sua assenza.
Buon anno
Massimo Scalas