Prosegue l’inchiesta sulle storie di velato razzismo in Diocesi, ma che – reggetevi forte – non è una esclusiva afflizione di Pistoia: ci sarà un movimento MeToo anche nella Chiesa? Che dice la Cei, visto che il fenomeno è diffuso e così annegato nell’omertà in tutta Italia? Pistoia non sarebbe il solo Sepolcro imbiancato citato nei Vangeli. Vale quì il brocardo Ecclesiae Deo, Ecclesiae omine
PISTOIA. Le vicende delle discriminazioni nei confronti dei preti di colore, anche umiliati – per di più senza apparenti motivi – trovano impulso nell’inchiesta avviata sul caso di Don Manone (Luigi Egidio Bardelli).
Le evidenze dimostrano purtroppo che il malcostume è praticato in modo sistematico nell’intero belpaese, dove la comunità dei chierici è da sempre distinta (si guardi alle nomina al soglio Pontificio o alla assemblea cardinalizia, con il 40% di cardinali italiani sui complessivi) secondo almeno tre caste, più o meno meritevoli e dunque, più o meno carrier-abili.
Queste categorie o caste, sono tre: gli italiani, gli europei e gli altri, quelli colorati come il Nostro.
Padre Giustino ci espone altri episodi discriminatori che sono chiaramente dimostrativi del sentimento di velato razzismo riservatogli, ma non è l’unico sacerdote discriminato, come dimostrano le vicende di Don Deo Gratias, sopraffatto dal Luigi Bardelli e il compianto Don Sebastiano Kalimbiro Maheshe – un altro congolese (quando si dice la combinazione) –, stroncato da infarto nell’Agosto del 2017, dopo una vicenda processuale mediatica che, praticamente, lo ha ucciso.
Il caso di Don Sebastiano, è la raffigurazione plastica di un altro brutto episodio di razzismo velato che sarebbe stato destinato all’oblio senza queste note di giornalismo terzaniano (montanelliano lo lasciamo dire al Pm Grieco nelle requisitorie, che a lui piace tanto, per come fa scic!).
Padre Sebastiano, aveva da poco compiuto 64 anni quando si spense nel sonno nella sua cella del seminario vescovile. Lui era incardinato nella diocesi di Pistoia dal 2002, quando venne coinvolto (ma meglio dire “trascinato da un Gip giustizialista di Pistoia” vista la sua assoluzione in appello del 2020) nell’inchiesta di Mamma Ebe.
Il quotidiano strutturato Il Tirreno scriverà falsamente “Già parroco di Lamporecchio, per motivi di salute era attualmente a servizio della Diocesi…” mancando di indagare sulla pesante afflizione e discriminazione, avviata dopo il primo grado di giudizio: questo grazie al solito processo mediatico, con lancio di stigma in quantità industriale che si usa nella città di Vanni Fucci con una Procura colabrodo che vede scappare le notizie riservate coperte da segreto istruttorio e ignora altre importanti.
Padre Sebastiano, ci spiegano, non ricevette alcun attestato di solidarietà o supporto dalla nomenklatura in Diocesi e venne parcheggiato, anche lui – proprio come Don Giustino – nel seminario dove tutti lo ignoravano: non venne affatto incaricato per eventuali “sostituzioni o altre necessità pastorali”, insomma divenne un secondo “prete fantasma” in tandem con Padre Giustino.
Venne scoperto oramai cadavere nel suo letto, solo perché l’autista che lo doveva accompagnare all’aeroporto, lo cercava invano sul cellulare e così, non ricevendo risposta alcuna, salì nella sua cella, non chiusa a chiave (altrimenti sarebbero passati dei giorni prima di scoprilo) e, casualmente, fecero la drammatica scoperta.
Malpancisti del seminario, ricordano che era lo stesso vicario Don Paolo Palazzi, a non tenere affatto cura a una sua più dignitosa riabilitazione, negandogli una dovuta solidarietà e sostegno (ex art.27 Costituzione), nonostante – e non è un dettaglio – la purtroppo tardiva piena assoluzione del Tribunale d’Appello da infamanti accuse di associazione criminale alle attività della Ebe Giorgini.
Ci auguriamo che nei prossimi Consigli vicariali, che si riuniranno per lo scambio di auguri, i tanto autorevoli, potenti e sorridenti presbiteri bianchi abbiano letto queste note di critica e denuncia e provvedano a uno speciale esercizio del sacramento della auto-penitenza per questi fatti.
Sarebbe questo, il nostro regalo di Natale più gradito. Chissà se avremmo suscitato in loro un senso di vergogna e rimorso e faranno qualche atto di riconciliazione con i sopravvissuti.
Vedremo andando.
Per esempio, il parroco di chi scrive, il progressista Don Paolo Tofani, potrebbe essere davvero coerente con la sua pastorale in favore dei black (i vicofariani, sono anche in larga parte irregolari ma godono della copertura del Pm scout Curreli!) e fare dunque una fattiva azione di ripudio del razzismo velatamente praticato, magari chiamando Padre Giustino a una delle sue parrocchie per un servizio alternato?
Si scuserà con lui per non essere intervenuto in sua difesa in quel consiglio del Dicembre 2011, nel quale il Nostro venne allontanato con un atto di indicibile arroganza dell’altro proposto di Montale Don Paolo Firindelli?
Un fatto incomprensibile, conoscendo la mitezza di carattere e la semplicità giustiniana. È vero – come ci spiegano dall’episcopio – che Montale farebbe “Diocesi per conto suo”?
Perché no? Non è mai tardi per il perdono e la riconciliazione, come ci spiega nelle sue appassionate omelie progressiste antigovernative! A San Piero, del resto, c’è il giovane viceparroco Don Vincent che è anche lui congolese e molto coulored, quindi perché non “resuscitare” l’ottimo Giustino? Ci sono problemi di ripartizione delle torte? Quali altri motivi sono di ostacolo per un incarico stabile o temporaneo in qualche parrocchia? Che ne pensa il “cerchio magico” in Diocesi?
E alla Conferenza Episcopale Italiana e Toscana – dove manderemo queste note di inchiesta complete di carte –convocheranno i diversi Promotori di giustizia (sarebbero i Pm che svolgono le indagini istruttorie su irregolarità) delle numerose Diocesi per svolgere una generalizzata inchiesta nazionale e tentare di sanare, con saggia determinazione questa imbarazzante pratica di razzismo diffuso?
Il fatto grave è che tutti sanno e vedono il perseverante atteggiamento discriminatorio che, oramai è divenuto una macchia culturale dell’animo, sparsa in modo consolidato da una nomenklatura clericale deviante dal Vangelo (quello predicato).
Il consiglio nazionale dei Vescovi preferirà altresì, come immaginabile, voltandosi dall’altra parte con un bel sedare, sopire, sopire, sedare di manzoniana memoria?
(prosegue)
Alessandro Romiti