Ascolti direttamente dalle parole del perseguitato luogotenente Cappelli, e cerchi di capire chi ha intorno, gentile Signora. Poi rifletta e mediti sulle sue «pregiate autorità costituite», siano esse il Comune di Quarrata o di Agliana e di Montale, oppure i sindaci dei medesimi enti: o, infine, siano i suoi stessi “colleghi”…
E pensare che si sentono tutti untouchables come quelli della maxinchiesta di Giuseppe Grieco, ricordate?
MA GENOVA LAVORA PER LA GIUSTIZIA
O SOLO PER SALVARE I COLLEGHI?
Gentile Signora,
lo so che sono ripetitivo, ma vedo che la procura della repubblica – che poi fa pressione sui giudici per affermare la propria supremazia – rappresenta un grave concreto pericolo per il cittadino con il vizio di dire la verità sulla cupola che opprime la città-sarcofago di Vanni Fucci.Allo slancio del diritto, impresso nel Medioevo alla religione della legalità attraverso l’opera di Cino, giurista e poeta, non fanno alcun riscontro, oggi, le persone al “servizio esclusivo dello stato”, che hanno occupato ed occupano i seggi del potere, donde si decide cosa è giusto e cosa non lo è, solo attingendo alla fonte del proprio cervello che, non di rado, è intorbidata come dopo una bomba d’acqua che ha trascinato il fango dell’occlusione logica nelle polle dei provvedimenti decisi.
Nell’audio che le propongo – e che offro a tutti i cittadini che ci leggono – mi pregio di dar conto delle affermazioni che non intendono affatto svilire le «autorità costituite» se non deviate; ma vogliono solo ricordare al popolo sovrano – messo in da parte dall’arroganza di procuratori e sostituti che non seguono la retta via – che i giudici, oggi visti con diffidenza da chi dà loro immeritatamente lo stipendio; i magistrati degni di riprovazione senza mezzi termini, come accennato in questo articolo Giudici del bene e del male. Il vero pericolo per la democrazia. Le toghe (rosse) si sono arrogate il diritto di controllare le virtù della politica. Spesso pure in via preventiva, sono fin troppo presenti e produttivi all’interno della procura pistoiese.
È improprio, da questo punto di vista, parlare di giudici se non si specifica chi, realmente siano tali servi infedeli della Costituzione e dei cittadini: è bene sottolineare che, la maggior parte di loro è costituita da quei Pm e sostituti che sono forse entrati in magistratura con lo stesso animo turbato con cui, nel 600, si entrava nella Compagnia di Gesù per l’ambizione di esercitare non la dottrina di Cristo, ma il potere dell’Inquisitore.
Il primo argine a costoro, gentile Signora, dovrebbe essere rappresentato proprio da voi Gip, che siete la prima barriera a certa loro barbarie giudiziaria, non di rado precostituita. Non tutti voi, ma quella parte, fra voi, che china la testa e obbedisce agli inquisitori per ignavia e/o voglia di quieto vivere “tanto lo stipendio arriva comunque”.
Alcuni giudici penali (e li ho visti lavorare), consci del valore del loro operato, avanzano fieri, a testa alta, correggendo gli errori – spesso viziati di grave colpa ove non anche di dolo mascherato da guerra dichiarata al male – compiuti in materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso, proprio come si addice a dei gesuiti-inquisitori e non a dei Salomoni ispirati da Dio.
E il prudente apprezzamento del giudice – oggi virtù sempre più rara – vorrebbe anche che il magistrato che riceve le richieste di Pm e sostituti valutasse, con un’attenzione superiore alla normale attenzione di un quisque de populo o uomo della strada, anche il profilo umano e professionale di chi gli si presenta per chiedere di arrestare uno, di punirlo, di affliggerlo il più delle volte per semplice dichiarazione apodittica. Specie dove non sussiste neppure uno straccio d’indagine svolta con diligenza e cura in ambedue i componenti dello stra-famoso articolo 358 cpp. e non solo della prima parte di esso.
Vede, gentile Signora: in un quadro in cui un Curreli (adopero un + Curreli, come Curreli, scrivendo ai suoi servetti sciocchi, si esprime chiamandomi un + Bianchini), incompatibile con la moglie a Pistoia, cuce insieme una cinquantina di querele (trenta delle quali della stessa persona: un Ctu del tribunale, il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi; diverse altre da un mai-comandante dei vigili di Agliana, Andrea Alessandro Nesti, ex-Vpo della medesima procura) contro di me, c’è – e non può essere diversamente – un qualcosa non solo di perverso, bensì pure di turbato a livello profondo: conscio o inconscio che sia.
Parlo di un Curreli che, pur chiamato ad essere fedele servitore dello stato, si permette di dirigere il traffico dei clandestini aprendo la terra contro le leggi dello stato che dovrebbe difendere; un Curreli che è schierato cristologicamente coi fedeli di Bergoglio attraverso l’Agesci; un Curreli che adopera i suoi strumenti istituzionali per fare, con la sua casella di posta claudio.curreli@giustizia.it i fatti di suo personale interesse.
Forse, gentile Signora, non sarebbe stato sonveniente chiedersi, con maggiore sensibilità umano-giuridico-istituzionale, se questo “individuo” sia fededegno o da tenere, al contrario, sotto stretto controllo, anche in memoria dei suoi vergognosi trascorsi con la storia di Padre Fedele Bisceglia.
In secondo luogo riguardo al mio personale «profilo criminale», sì di persona scomoda (individuta quale stalker e calunniatore), ma certo anche di docente, pure universitario, con una più che degna storia professionale alle spalle, occorrerebbe farsi un’idea se io sia improvvisamente impazzito o se, al contrario, non vi siano ragioni più profonde e particolari di eccessiva difesa a favore di alcune persone care all’accusatore sardo e a quello campano: o si cade nello stesso equivoco dell’ignoranza parziale o totale dell’art. 358 cpp. facendo strame della verità.
Nel mestiere che ho fatto per una vita, il filologo (modesto, ma certamente serio) i maestri esegeti della critica testuale (uno per tutti Giorgio Pasquali, ai più della procura evidentemente ignoto) insegnavano a noi, giovani del dopoguerra, a capire e tracciare il profilo umano e psichico degli scrittori muti, perché morti da due o tremila anni, attraverso l’analisi delle parole lasciateci da loro nero su bianco nelle opere rimaste.
Una virtù professionale – questa della profilazione – che non brilla in codesto ambiente, tranne che in alcuni pochissimi: perché, in gran parte, non solo non vi sforzate il cristallino a leggere i documenti che vi vengono presentati, ma vieppiù, al posto della lettura e dell’esegesi, vi dilettate con il gioco “squallidino” del copia-incolla.
Ergo, se non sono pazzo come non lo sono; se non sono un idiota o un affetto da demenza senile quale diversi, del piano terzo, vorrebbero accreditare: in che modo poter prendere per buone tutte le fesserie a buon mercato, raccattate come sulla Sala, e convogliarle, tutte insieme a valanga, in un maxiprocesso-minestrone graveolente come lo fu il vetusto e dismesso impianto Dano che bruciava le immondizie pistoiesi?
O la verità si contestualizza e la si spiega per quella che è, gentile Signora; oppure il rischio è quello di giustiziare (cosa assai diversa dal far giustizia) l’innocente a favore del colpevole.
Capisco perfettamente l’ansia di non navigare troppo sotto-costa per non finire sugli scogli: ma il compito di un Gip o di un monòcrate in aula (e intendo il suo «prossimo socialer» Luca Gaspari) non può essere quello di galleggiare. Il giudice deve tracciare una rotta senza dover finire contro un’Andrea Doria come accadde alla Stockholm nel 1956.
Lo so – come anche lei potrà ascoltare in una testimonianza al Csm – che lottare contro i magistrati è impresa disperata; che – si ascolta sempre su quel vocale – nessuno difende chi fa il proprio dovere come il luogotenente della guardia di finanza Daniele Cappelli, tanto che il Pm Tommaso Coletta, in sintonia con Creazzo e Luca Turco, fu salvato da quella procura di Genova che, pur investita del compito di sorvegliare sul corretto operato dei magistrati toscani, li avverte, li difende, li giustifica e, infine, li manda liberi qualsiasi cosa essi abbiano fatto. Ma questa mostruosità cancerogena del potere giudiziario non esime chi ha sete di giustizia, dal chiederla ed esigerla in quanto e come proprio diritto costituzionale.
Ascolti direttamente dalle parole del perseguitato luogotenente Cappelli, e cerchi di capire chi ha intorno, gentile Signora. Poi rifletta sulle sue «pregiate autorità costituite», siano esse il Comune di Quarrata o quelli di Agliana e di Montale, oppure i sindaci dei medesimi Comuni: o, infine, siano i suoi stessi “colleghi”.
E magari sia più cauta nell’avallare tutte le “cambiali in bianco” che le vengono presentate da Pm e sostituti come quelli citati e certo ben poco onorevoli se, alla maniera di Coletta, si recano poi a Tvl da don Manone-Bardelli, al Canto al Balì, a dire, con una faccia da rimbalzo-mattoni, che lui non “onora” e non favorisce le sue esimie ed esaltate «prossimità sociali».
Se gli uomini che devono insegnare il rispetto delle leggi sono i primi a infrangere le leggi che dovrebbero difendere, si può parlare o no di una sorta di cupola a Sarcofago City?
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
ASCOLTATE BENE IL LUOGOTENENTE CAPPELLI
DINANZI AL CSM
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