everything I see. CARO CARLO BARTOLI, ALLA FINE I VERI NEMICI DEL GIORNALISMO SONO I PRESIDENTI COME TE E COME GIAMPAOLO MARCHINI, TUO SUCCESSORE A FIRENZE

Analisi di una serie di stupidaggini fatte passare per rivendicazioni di libertà di informazione che in Italia non c’è proprio grazie all’arroganza inquisitoria dei compagni che dirigono il traffico del settore ossequiando più l’ideologia della verità…


Sono un vero e proprio pericolo per la libera informazione perché pretendono
di regimentare gli iscritti a seconda delle orchestre che suonano la marcia


ALTRO CHE ORDINE DEI GIORNALISTI,

TUTTI GLI ORDINI VANNO ABOLITI!


Ecco lo spirito della deontologia professionale così caro a Carlo Bartoli e Giampaolo Marchini: la figlia Paola che intervista il padre Luigi Egidio, il quale, da presidente della Maic-Crociere e proprietario della stessa Tvl, cura affettuosamente i suoi interessi personali. Laudetur Iesus Christus!

 

Quando Don Manone Bardelli, nella sua superbia di Cavaliere della Luce e di emissario di Dio, mi deferì prima all’ordine dei giornalisti (perché – diceva – lo sputtanavo) e poi alla procura di Pistoia, sostenendo, del pari, che offendevo la sua reputazione: il presidente dell’ordine dei giornalisti della Toscana era Carlo Bartoli. Lo stesso che oggi potete ascoltare qua, nello stralcio del filmato della conferenza stampa del 4 gennaio scorso con la Giorgina Meloni.

Dovetti presentarmi dinanzi al plenum dell’ordine fiorentino (e tanto mi costò 2.500 € di avvocato) per difendermi dalle calunnie del giornalista (?) più discutibile di Pistoia: un intero gomitolo di conflitti d’interesse; un Bardelli impelagato in questioni di ogni tipo, dalle dubbie gestioni delle sue associazioni Aias-Apr e quant’altro, alla direzione responsabile di una Tv, si fa per dire, libera, ma atta a portare avanti non i princìpi dell’informazione, quanto gli interessi familiari (non di rado opachi) di questo sostenitore di papi per tutte le stagioni: dai buoni (Giovanni XXIII), ai conservatori (Giovanni Paolo II), ai progressisti come Bergoglio (& precipizio). Insomma, un ampione di «Francia o Spagna purché se magna».

In illo tempore l’ordine dei giornalisti mi prosciolse da ogni accusa cattolico-romana di Don Manone; m nel contempo, per fare opera di cerchiobottismo, gli applicò una blanda censura, laddove quell’individuo di dubbio gusto e significato, avrebbe meritato ben altro.

Peraltro Don Manone ricorse all’ordine nazionale dei giornalisti, altro organismo che, ossequioso ai poteri di Chiesa & Denaro, non solo non aggravò – come avrebbe dovuto logicamente fare – la pena del sant’huomo, ma la attenuò pure in un semplice e paternalistico richiamo. Cattolici e compagni, ormai è chiaro, si danno la mano e si toccano il culo l’un con l’altro. E in questo fanno il girotondo intorno al mondo…

Mesi dopo dovetti anche affrontare l’aula penale. Nella quale, però, un allora più giovane (e, credo, più onesto) Luca Gaspari, mi assolse perché i fatti di tutto quanto io venivo accusato dall’Illuminato di Tvl, non costituivano reato. Si chiama, questa, piena assoluzione. E la sentenza, passata in giudicato, è qua; scaricabile da questo link; eterna e immutabile.

La mente umana, tuttavia, è corta e non di rado stupida e adattabile alle circostanze che, come i corpi, si modificano nel tempo.

Ci vuole poco per capire (ma i giornalisti spesso non ci riescono) che se uno nasce quadrato, non può morire rotondo e viceversa. E che, se ero uscito con la certificazione del candore sia dall’ordine della Tosccana in seduta plenaria, che da un giudice monocratico non ancora corrotto dai metodi pistoiesi (lèggasi: confermare sempre e comunque il volere dispotico di Pm e sostituti), non potevo, anni dopo, solo perché Claudio Curreli si era messo in testa di contrastare il mio giornalismo d’inchiesta, essermi trasformato in una sorta di Mister Hyde stalker, persecutore, aggressivo, cattivo, malvagio, bugiardo, ingannatore, come di solito lo sono molti giornalisti di partito e molti magistrati della procura pistoiese. Almeno quelli che vivono agli ordini di Pm-capo favoreggiatori spudorati di certe sorelle di certi fratelli loro «prossimi sociali». E ognuno di voi sa a chi mi riferisco e senza timore di smentita.

2014. La direzione aziendale dell’Asl 3 Pistoia: Luca Cei, Roberto Abati, Lucia Turco, sorella del procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco e nota anche perché protetta dal Pm capo di Pistoia Tommaso Coletta

Quando nel 2015, a séguito di una campagna mediatica di «fuffa di partito», la capa-ufficiA informazione dell’Asl, Daniela Ponticelli, iniziò a sparare cazzate una dietro l’altra e, con i nostri articoli, mettemmo in luce e demmo le prove che costei, cara al Pd, ci raccontava cacca a gogó sulle meraviglie della sanità rinnovata di Enrico Rossi e di Luigi Marroni (evidentemente eravamo in anticipo sui tempi, ma davamo estremo fastidio a un terzetto di cui faceva parte anche la dottoressa Lucia Turco, sorella di Luca Turco e protetta da Tommaso Coletta), il non-avvocato Luca Cei dell’Asl Pistoia ci riscaraventò dinanzi all’organismo che in quel momento si era sostituito al plenum: la commissione di disciplina. Perché, a detta del PaDrone, davamo fastidio alla santa predicazione di una sua serva fedele: la Ponticelli, appunto.

In un primo momento la commissione di disciplina, guarda caso, fece presente al non-avvocato Cei, che nelle incolpazioni che ci stava facendo, non c’era nulla di rilevante sotto il profilo disciplinare. E certo: perché chi nasce quadrato, non può morire rotondo e chi fa un giornalismo serio non pglia per il culo.

Poi, quando scrivemmo in satira che la Ponticelli (tutto fuorché comunicatrice attendibile) era una tromboviolinista perché a favore della politica del Pd (e quindi in collisione con la deontologia professionale) avanzava a squilli di tromba e sviolinate d’elogi, a quel punto il paraculismo catto-com del potere toscano dell’informazione ne approfittò inventandosi (come quattro anni fa Claudio Curreli, che partorì lo stalking giornalistico a suo uso e consumo) che l’accenno al tromboviolino (che è strumento realmente esistente) altro non era che una volgare «battuta sessista». Gli inclusivi, politicamente corretti e filo-boldriniani sono veramente un miracolo del Dio che non c’è.

E questi tre campioni di boldrinismo con velo in testa e ciabatte ai piedi dinanzi al Bergoglio, fu espresso da tre personaggi fra i quali spiccò per intelligenza (a mio parere assente) l’attuale presidente dell’ordine dei giornalisti toscani: Giampaolo Marchini, un umile cronista sportivo che era lì per insegnarci come ci si deve comportare nel mondo delle schiene piegate. Non per niente ha fatto anche una brillante carriera: da Montecatini-cronaca a presidente dell’ordine toscano degli allineati.

Tralascio altre quattro o cinque storie di favoreggiamento della Ponticelli (sempre balia del Pd e in conflitto di interesse) sostenuta dai nobili cavalieri della tavola rotonda fiorentina; tavola che in quanto rotonda non potrà mai morire quadrata. Di ciò che dico conservo accuratamente tutte le prove ufficiali in cassaforte. Inconfutabili: perché – modestamente – loro non ne sono capaci, ma io sì, di fare del vero giornalismo d’inchiesta. Chiaro, sostituti Curreli e Grieco?

Tra me e loro, si è perciò alzata una muraglia cinese: perché loro si adattano, come Bergoglio, fino anche a benedire le coppie gay (contro le quali non ho niente, in quanto non me ne importa una beata minchia: ma che sono in rotta di collisione con la dottrina cristiana, anche se, sottolineo, io non sono credente). Mentre io, al contrario, ho sempre creduto e credo che questo mestiere (se fatto alla Montanelli, anche pericoloso) ha un solo padrone: la verità da narrare alla gente. Che non va presa per il culo come fanno, appunto, sia Bartoli che Marchini con ampie ali di folla al loro séguito di allineati e coperti antifascisti anti-tutto, filobuonisti e accoglienti alla Curreli, amen!

Luca Gaspari si è scordato di quando accertò che il giornalismo di chi scrive è un giornalismo serio e informato. Evidentemente le pressioni di Curreli e di Grieco devono aver pesato molto su di lui

È per questo che oggi vi invito ad ascoltare alcune di quelle che io ritengo “emerite nebbie di Avalon” nelle parole seriose di Bartoli, che fu anche mio collega alla redazione di Montecatini del Tirreno, quando io ero responsabile della pagina dello stesso giornale dedicata ad Agliana, Quarrata e Montale, ai tempi in cui il caposervizio di Pistoia, Giliano Fontani, amico compianto, pur comunista del Pci, sapeva apprezzare chi era davvero in grado di fare il mestiere come me: o non mi avrebbe affidato una pagina che, partita da 45 copie di vendita al giorno, con il mio lavoro arrivò a più di 500.

Ecco alcuni dei temi di Bartoli su cui dovete porre attenzione:

  1. osservazioni ingiuste e calunniose (secondo 45 del video) contro i giornalisti: non vengono solo dalla destra fascista e meloniana di oggi; ancor prima vengono dai giornalisti stessi. Poi vedrete perché;
  2. azioni giudiziarie intimidatorie (1 minuto del video) contro i giornalisti: Non sono solo i parlamentari, come dice Bartoli, a farle: molto peggio è che le facciano sia Bartoli stesso, che il suo successore Giampaolo Marchini, rei, entrambi, di avermi denunciato per stampa clandestina e abuso di professione, cosa che peraltro verrà affrontata nelle opportune sedi;
  3. norme sulla presunzione d’innocenza (1 minuto e 27”): a proposito di questo, non lo sapeva il Bartoli che il suo successore Giampaolo Marchini aveva spedito – allegata alla denuncia contro di me – anche la sentenza di primo grado (peraltro appellata) del giudice Luca Gaspari, come fosse prova definitiva e irrevocabile di una mia certificata tendenza al crimine? Per chi vale, presidente Bartoli, la presunzione d’innocenza fino a condanna definitiva? Soltanto per voi, per i vostri uomini politici e per i cavalieri che giostrano per il Pd-Re Artù sotto i vessilli della tavola rotonda o greppia che dir si voglia?
  4. giornalismo d’inchiesta (minuto 1 e 41”): e chi lo farebbe questo giornalismo, presidente Baroli? L’ordine fiorentino con te o con Marchini a capo, se – dimenticando ogni precedente certificazione (più di 40 anni di scrittura senza mai una contestazione o una condanna) – vi siete impegnati a fondo a perseguitarci solo perché portavamo alla luce i cadaveri delle «foibe pistoiesi»?
  5. giornalisti intercettati (minuto 1 e 50”): non solo non possono essere intercettati, caro presidente nazionale, ma non possono neppure essere privati dei loro strumenti di lavoro (cellulari, computers…) come è successo a me, mentre voi non avete neppure scritto una riga di sdegno per 104 giorni di arresti domiciliari frutto delle fantasie deviate di un sostituto che lavora contra legem sia operando nello stesso tribunale insieme alla moglie (Nicoletta Maria Caterina Curci in Curreli), sia agendo contro le stesse leggi dello stato, dal momento che favorisce e favoreggia la circolazione dei clandestini sul suolo nazionale e non rispetta le leggi italiane «con disciplina ed onore» come Costituzione
Metà del giornalismo italiano è in mano a due toscani che non hanno fiatato dinanzi alle «scorrerie» della procura di Pistoia contro i giornalisti d’inchiesta… Ecco lo spirito della deontologia professionale

E allora – e concludo – quante parole, quante falsità, quante affermazioni drogate da fariseismo di piccolo cabotaggio, dovranno essere ancora sparate in aria, prima che si capisca che gli ordini professionali (fonte di abusi di ogni genere) devono essere cancellati per impedire a piccoli coloni di coltivare un proprio orticino pieno solo, il più delle volte, di erbacce infestanti che ramificano e mantengono solo i privilegi di chi finge di zappare mentre, al contrario, lascia tutto in balia del più completo abbandono?

A Filippi! disse il cattivo genio di Bruto.

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]


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