Mario Giordano scrive la sua cartolina a politici o ad altri personaggi illustri. Io, nel mio piccolo di giornalista non-montanelliano, inizio a scrivere la prima delle mie Cartoline dall’inferno rubando il titolo di un film del 1990 (Postcards from the Edge). E la indirizzo a un personaggio d’alto profilo, il sostituto Claudio Curreli
La giustizia non può essere solo uno scambio di piatti di lenticchie…
SE UN GIUDICE NON È TERZO E IMPARZIALE
SECONDO VOI FA BENE O SPARGE IL MALE?
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Caro Claudio,
le scrivo questa cartolina per chiederle scusa se in passato ho ironizzato troppo su di lei e le sue strane posizioni da magistrato che sta dentro alla magistratura e fuori da essa; lavorando, con la sua Terra Aperta a favore degli immigrati clandestini sul suolo nazionale che le versa stipendio, tredicesima e altri dovuti emolumenti, senza riceverne l’ineccepibile servizio dovuto da lei.In effetti, caro Claudio, ho forse dimenticato per troppa superficialità che la mia satira tagliente – parole queste del suo amico-sostenitore Giuseppe Grieco – “non fa ridere nessuno”: e in effetti è così, perché mi sono scordato che, per far ridere, una cosa deve essere buffa, mentre quello che ho scritto su lei e i suoi colleghi della procura, a iniziare dal capo Coletta, provocano esattamente l’esatto contrario: fanno piangere.
Ma qui, nell’ambiente in cui operate al terzo piano, la figura retorica da utilizzare più appropriatamente non è tanto l’ironia e la sàtira, ma l’invettiva e per far meglio capire l’antifona ai censori di cui lei fa parte, basterà parodiare quella ben più famosa di Dante, ma adattata al suo ambiente dell’Inquisizione:
Ahinoi, Procura, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
E per onorare pienamente il prèpon platonico (cioè la perfetta armonizzazione letteraria fra contenuto e forma, evitando il copia-incolla), èccomi pronto a mutare registro espressivo e a passare a un più esauriente e appropriato J’accuse alla maniera di Émile Zola quando, il 13 gennaio 1898, pubblicò sul quotidiano francese L’Aurore, la sua lettre au Président de la République con lo scopo di denunciare pubblicamente i persecutori di Alfred Dreyfus, le irregolarità e le illegalità commesse nel corso del processo che vide quell’ufficiale ebreo innocente condannato per alto tradimento.
Come vede, caro Claudio, la storia si ripete: irregolarità e illegalità commesse allora; illegalità e irregolarità oggi, nei suoi fantasiosi raffazzonamenti di capi d’imputazione per mandare a processo individui ultra-pericolosi quali noi (io che le scrivo e Alessandro Romiti) per molteplici e immondi disegni criminosi, perché – come insegna Leopardi – la società delle «autorità costituite» non combatte il male, ma solo chi ne parla e lo porta alla luce.
Ma lei, Claudio, non si è limitato a errare (il che è humanum): si è espanso generosamente a perseverare, col sostegno di molti dei suoi colleghi, fatto che è (lo sanno tutti: anche l’avvocata Elena Giunti che non conosce il latino) diabolicum.
Lei, Claudio, è la dimostrazione vivente che quanto afferma la sua prossima sociale Patrizia Martucci, a sua volta prossima anche di Luca Gaspari (la Gip ritiene che non si deve mettere in discussione il potere delle «autorità costituite»), è solo una falsa opinione baconiana, una di quelle che, esagerando il dogma del giudice terzo e imparziale, impone al popolo di abbassare la testa dinanzi a un potere scorretto e corrotto: con conseguenze disastrose come quelle che l’Italia vive oggi.
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Vede, Claudio? Come quando lei nascose il fascicolo che avrebbe salvato l’innocente Padre Fedele Bisceglia, in molte delle sue azioni pistoiesi, ha lasciato tracce di indegna negligenza colpevole. E gliele elenco:
- il fatto accertato che lei, disobbedendo con sua moglie, alle norme secondo cui il giudice non può stare a giudicare sotto il tetto del medesimo tribunale della coniuge, ha dato dimostrazione congrua, concreta e costante (peraltro sorretta e favorita dallo stesso intervento del presidente Maurizio Barbarisi), di un comportamento indegno e reprensibile contro le leggi dello Stato e il loro rispetto;
- il fatto che lei disonora l’articolo 54 della Costituzione quanto a «disciplina ed onore» come da punto che segue;
- il fatto che lei salta la seconda parte dell’articolo 358 cpp anche se il Presidente della Camera Penale di Pistoia, Andrea Ferrini, si spezza le reni in Tvl-Canto al Balì, ripetendo a Coletta che tale articolo è perfettamente rispettato;
- il fatto che lei, così operando, è magistrato non certo rispettoso dell’art. 2 R.D. Lgs 31 maggio 1946, n. 511 per evidenti collisioni di incompatibilità, indipendenza e imparzialità nell’esercizio del suo ministero;
- il fatto che lei si avvale dei mezzi dell’ufficio affidàtole con ipotesi di peculato.
In secondo luogo, cosa si può perfettamente notare nel suo scorrettissimo comportamento di non terzietà e non imparzialità?
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Ecco la lista della serva:
- lei adopera, nelle sue chat con i suoi Vpo (e ne do qui prova diretta attraverso l’avvocata Francesca Innamorati), gli strumenti del potere gerarchico per indirizzare le convinzioni e la logica (ammesso che ce la abbiano) ai suoi cortigiani senza toga: e devo dire, a tal proposito, che non immagino che, fra le norme di routine, una ve ne sia, esplicita, che imponga, a un procuratore o sostituto, l’obbligo di indirizzare il suo ossequioso supplente fornendogli persino le “parole chiave” («lettera scarlatta») com’è accaduto puntualmente in aula, il 17 novembre scorso, con la giudice onoraria Daniela Bizzarri;
- lei diffonde, ai suoi proseliti, sentenze di primo grado discutibili (come quella di Gaspari): e lo si vede perché la sua Innamorati le chiede di inviargliela e lei risponde fatto.
Ma evidentemente ha, della legge, il rispetto che mostra quando serenamente calpesta i fatti che le ho indicato sopra (numeri 1-5).
Non sa (non glielo aveva già spiegato il suo capo Coletta, con la circolare 2047 del 2020) rispettare il principio della presunzione di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio? - Lei parla troppo, e in maniera sconveniente, con i suoi proseliti/adepti. Prova ne è che, di recente, il suo fido seguace avvocato Massimiliano Tesi Vpo, ha asserito, in aula (stavolta con la giudice onoraria Barbara Floris, 27 novembre): che noi di Linea Libera facciamo un mucchio di querele contro magistrati pistoiesi per generare l’idea di una nostra incompatibilità ambientale onde sfuggire agli artigli del giudice naturale. Chi può mai avergliele suggerite, queste cose, all’avv. Tesi, se non lei?
Avvocato Tesi, qualche domanda se la ponga! Così, caro Claudio, lei suborna il Vpo che, a sua volta, fuorvia la terzietà e l’imparzialità del giudice. E oltre il fatto che ciò è riprovevole, lei ha indotto in errore anche il Vpo Tesi che non è giunto a capire che… non siamo noi di Linea Libera incompatibili con il giudice naturale, ma è il giudice naturale stesso incompatibile, hic et nunc, con noi. E questo perché non vuole mollarci per poterci spremere e schiacciare come gli pare e piace.
A questo punto, Claudio, ci conceda un habeas corpus come previsto dall’art. 13 della Costituzione e la smetta di perseguitarci falsando il corso della giustizia con l’adoperare l’art. 358 cpp ignorando che lei deve fare indagini, non avallare, acriticamente, le accuse di mentitori seriali, falsi testimoni e calunniatori di vario genere e natura!
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Le sentenze di primo grado, specie se piene di errori, manipolate, partigiane e appellate come quella di Luca Gaspari contro Linea Libera; usate come mazza da baseball per fini poco chiari del sostituto Curreli, sono un vero e proprio attentato alla legalità e all’autorevolezza di una magistratura che, da terza e imparziale, si è trasformata, da decenni, in Il giustiziere della notte