Eppure il loro dovere sarebbe quello stabilito dall’articolo 54 della Costituzione, in questi giorni citato, ovviamente a sproposito, anche da Mattarella: «1. Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. 2. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge»
Di fatto ha spento tutta Agliana e soffocato i diritti di molti cittadini
nel più assoluto silenzio della procura di Pistoia
IL 26 PERCENTO DI ERRORI DELLA PROCURA
È UNA SOGLIA INDECENTE PER IL CITTADINO
Gentile dottor Coletta,
che predicò dal pulpito di Tvl-Canto al Balì, lisciato a dovere dalle amorose cure di don Manone Luigi Egidio Bardelli, il direttore-presidente di se stesso e delle sue attività poco sociali e molto familiari, e tuttavia prediletto anche dalla prefettA Licia Donatella Messina, che con colui andava in crociera; gentile dottor Coletta, ripeto: mi lasci riflettere, per favore, a ruota libera, sul concetto a lei caro di «prossimità sociale».Gliene offro un esempio in carne ed ossa sintetiche; una realtà che anche il suo ufficio, senza mezzi termini, ha covato e fatto crescere in tutta la sua insofferibile superbia immeritatamente poggiante sull’assunto, senza costrutto, che quel che fa la procura «è cosa buona e giusta».
Mi riferisco al Comune di Agliana. E spero che stavolta, invertendo il suo usuale comportamento, voglia leggerle, le carte, con attenzione; non sfogliarle distrattamente come di solito dà l’idea di fare, affidandole poi a baldi giovini del suo staff o a super-qualificati sedicenti giornalisti alla Montanelli, quali i sostituti Claudio Curreli e Giuseppe Grieco, così tanto sicuri di sé.
Al Comune di Agliana, dove i cittadini pagano profumatamente la segretaria generale per fare da notaia alla legalità, la capA dell’amministrazione che, di fatto, esercita pure le funzioni di sindaco, è tutto fuorché terza e imparziale o indipendente. Insomma, soffre dello stesso male di cui pare patire la sua stessa procura pistoiese.
Lei, dottor Coletta, l’ha a noia, se glielo ripeto ogni giorno. E preferirebbe non sentirselo dire. Ma io, proprio per rispettare il primo comma dell’articolo 54 della Costituzione, ho il dovere di ricordarlo a tutti coloro (lei compreso, dunque) che Mattarella stesso, in questi giorni, ha riscoperto nel secondo comma dello stesso articolo: perché adempiano i loro doveri «con disciplina ed onore» – cosa di cui a Pistoia non ci accorgiamo.
«Fuori dei denti», direbbe Omero. La dottoressa Paola Aveta, apice amministrativo-dirigenziale del Comune di Agrùmia/Agliana, questi suoi doveri sacri se li è messi sotto i piedi sin dal primo momento in cui è sbarcata nella terra del mai-comandante Andrea Alessandro Nesti.
Le ricordo che Nesti è quel distinto signor Vpo così caldeggiato, appunto, dai due sostituti-montanelliani Curreli e Grieco, che – su loro errata interpretazione dei fatti, forse ricompresi nel 26% degli errori della procura di Pistoia – hanno convinto il timido giudice Luca Gaspari spingendolo ad accogliere la narrazione-fake di una figura di perfett’huomo che in realtà era solo un usurpatore di carica (il comando della polizia municipale) e un danneggiatore accertato delle finanze comunali aglianesi per anni di contravvenzioni non passate a ruolo e non solo…
Su questo, gentile dottor Coletta, credo che lei abbia ben poco da dire: perché di ciò ormai esiste sentenza già passata in giudicato e pertanto immutabile. Una sentenza che bolla il superprotetto mai-comandante Nesti quale contafrottole ove non anche falsario e calunniatore di me, di Alessandro Romiti, di Linea Libera, tutti parimenti massacrati da una giustizia del Terzo Piano meramente accusatoria, e amministrata in maniera più discutibile della gestione pandemica del ministro Speranza.
Pur essendo montanelliani dichiarati, scandalizzati dal nostro modo di condurre inchieste, né Curreli né Grieco si sono fatti scrupolo di accettare e sostenere, quali giudici naturali ma incompatibili, un insigne usurpatore quale il Nesti che, avendo svolto le funzioni di Vpo nel quadriennio 2002-2005, all’epoca in cui Grieco curava gli interessi della repubblica a Pistoia (il suo arrivo da Napoli risale, infatti, dal 30 ottobre 1998); ed essendo fatto notoriamente pubblico che Alessandra Casseri, segretaria di Grieco, era «prossima sociale» della moglie del Nesti – la professoressa donna letterata che in latino sbaglia il verbo potere con il verbo bere –, non doveva essere neppur preso con le pinze da Grieco medesimo, suo «prossimo sociale» lungo un quadriennio di Vpo. E invece non è stato così.
Vede, dottor Coletta? Altro è il parlar di morte, altro è il morire. E lei ci parla di morte delle «prossimità sociali» quando voi, Pm e sostituti, andate in aula. In realtà, però, se un luogotenente della finanza le attraversa la via, lei non impiega più del tempo necessario a sputare per terra nel dirgli: «Ma allora non hai capito che io la dottoressa Lucia Turco, sorella del mio capo aggiunto, Luca Turco, non la intercetto!».
Idem, gentile dottore, per quanto riguarda la protezione concessa a Curreli e alla moglie, Maria Nicoletta Caterina Curci, operanti nello stesso tribunale, da parte del Csm (teste il presidente Barbarisi per ben due volte); idem per quanto riguarda il comportamento della pompierA di Agliana, la dottoressa Paola Aveta; colei che ha spento le vampate di fuoco di due FedIfraghi poi passati agli inciuci con la sinistra. E ora chiarisco.
Pur informata su mille fatti che Curreli, a suo modo, freneticamente, definirebbe «disegni criminosi», Madonna Aveta ha taciuto su ognuno di essi senza informare, come suo espresso dovere, l’autorità giudiziaria da lei, dottore, rappresentata – forse solo perché la segretaria generale era convinta che non esistesse una vera autorità giudiziaria…
La dottoressa Aveta sapeva perfettamente della storia di Pane e Rose (coinvolta la ex vicesindaca Luisa Tonioni); sapeva delle malefatte del mai-comandante, ormai accertate in sentenza irrevocabile; delle condanne di suoi vigili urbani per furti vari, cose per cui non ha neppur preso una sola iniziativa disciplinare: e molto altro ancora. E sono fatti certi: tutti notificati a lei, segretaria generale, per Pec, a risultato zero. Eppure lo sanno tutti che “se io so e taccio, sono dolosamente colpevole” (B. Brecht).
La dottoressa-pompierA si è invece portata con sé il mai-comandante; se lo è tenuto accanto; ha perfino lasciato che costui prelevasse copie di lettere riservate e che le usasse per denunciarci calunniosamente. Le è stata chiesta la spiegazione di tali gravissimi fatti, ma la signora Paola ha colpevolmente taciuto. Una volta si diceva che l’omertà è segno di mafia: lei, dottore, cosa ne pensa a riguardo?
Nel 2020 Madonna Paola ha volontariamente violato la legge 241/90 quando, dopo che la mia corrispondenza personale era stata con hackeraggio prelevata dal server del Comune di Agliana, si è rifiutata di consegnàrmene copia per permettermi di agire contro i responsabili: e al momento in cui ho interessato la sua procura, la dottoressa Linda Gambassi, mentre le chiedevo di farmi avere il documento richiesto e dall’Aveta negato, ha protetto la segretaria generale motivando il tutto col dire che non le avevo indicato quale documento volessi e non gliene avevo neppure mandata una copia…
Mi scusi tanto, dottore. Io sarò pure anzianotto, ma la sua procura è al cortocircuito neurale. Se il documento negàtomi io lo avessi avuto in mano, sarei mai ricorso alla procura del 26% di errori, per chiedere di farmelo avere? E, parlando – ammesso che sia possibile – da uomo a uomo, chi è più fuori di testa fra i due? Io oppure la dottoressa Linda Gambassi?
Coletta non intercetta la dottoressa Lucia Turco, sorella del suo superiore Luca Turco, Pm aggiunto di Firenze. La giustizia è questa?
Qualche mese fa la pompierA Aveta è stata messa con le spalle al muro da un consigliere comunale che, fra l’altro, sostiene improvvidamente la maggioranza (Aveta-Benesperi-Ciottoli); quella stessa che gli ha fatto arrestare la moglie, l’ex-comandante Lara Turelli, da due suoi fedeli lancieri, Leonardo De Gaudio e Luisa Serranti.
Quel consigliere, Alfredo Fabrizio Nerozzi, ha chiesto alla segretaria comunale la copia di un parere dell’avvocato Sauro Erci, in verosimile ipotesi di «prossimo sociale» dell’Aveta stessa, che con lui può avere avuto più di un rapporto nel suo lavoro di segretaria (védine il curriculum).
Ma costei, non altrimenti definibile che pompierA degli incendi politici di Agliana, dopo aver sedotto il Ciottoli a suon di sorrisi e colazioni al bar, ha prima sedato la minkiaggine del sindaco Benesperi, e poi s’è presa cura del mai-comandante sotto la propria ala. Perciò ha negato al Nerozzi un suo diritto inviolabile. Ecco perché Agliana andrebbe commissariata e sciolta l’amministrazione per ipotesi di corruzione generalizzata – quando, magari, la prefettA Messina si ricorda di scendere dalla nave da crociera della Maic…
Tutti sanno (e sassi in Atene e in tutta Roma sassi) che ogni atto della pubblica amministrazione deve essere motivato. Ma lei che è così tanto al di sopra di me; che sovra gli altri com’aquila vola in stile Omero-di-Dante; lei mi dica, dottore: riesce a trovare una motivazione plausibile nella contorta logorrea dell’Aveta? La confusione della fuffa nella risposta di madame a Nerozzi sembra la famosa «nebbia e foschia in Val Padana» dei Tg anni-60.
Tutto quello che la pompierA cita per motivare il diniego a Nerozzi è l’art. 24 comma 1 della legge 241/1990, che, in tutta sincerità, che c’entra? Non più di quanto il cavolo a merenda.
Da dirigente, o superficiale o impreparata o in malafede, quale l’Aveta s’è spesso mostrata e dimostrata in questi anni, la segretaria di Agliana rammenta, qua e là, il Consiglio di Stato senza mai citarne una disposizione con numeri e date.
E, ad ogni buon conto, se il Consiglio di Stato ha da contare, perché Madonna Aveta non dà esecuzione alla decisione di quell’organismo che ha dichiarato nullo in radice l’invocato diritto del mai-comandante di okkupare un posto che non è mai stato suo? E perché la pompierA tiene nascosto un parere dell’avvocato Erci, suo «prossimo sociale», con cui, 99 su 100, tenta di svicolare sfuggendo al suo obbligo di dare corso a una sentenza di un organo giurisdizionale insindacabile?
Qual è il motivo per cui io devo obbedire a tutti senza discutere, ma Curreli e Grieco non obbediscono; lei, Pm, non obbedisce; mille altri dei suoi subordinati non obbediscono; la Paola Aveta non obbedisce, e agli arresti e condannati finiscono gli unici (io, Alessandro Romiti, Linea Libera) che hanno il diritto-dovere civile di dire la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità, oggi che è dimostrato che le loro inchieste giornalistiche sono state condotte con tutti i crismi della corretta informazione e del vero giornalismo?
L’Aristotele della Logica e, in séguito, il San Tommaso del credo quia absurdum, non potrebbero che concludere che Madame Aveta sta proteggendo il dottor Andrea Alessandro Nesti, che in realtà fu, era e resta un favorito dai governi rossi di Agliana e, successivamente, dalla giunta di centrodestra di Benesperi (da dopo che l’Aveta ne ha usurpato di fatto la funzione di sindaco). Per non tornare poi alla procura di Pistoia, àmbito in cui, con solare evidenza, si ignora il corretto adempimento dell’art. 358 cpp. o altrimenti non ci sarebbe una percentuale di errori di indagine del 26%!
La procura che, visti i precedenti di «prossimità sociale» con il Nesti, avrebbe dovuto, per obbligo morale discendèntele da «disciplina ed onore», astenersi dallo sposare le tesi falso-calunniose del mai-comandante vittima dell’ingiustizia umana.
Perciò, gentile dottor Coletta… C’è da meravigliarsi se le cose sono andate tutte non addosso ai veri responsabili, ma a giornalisti veri come noi e non presuntuosi addetti-stampa dell’Agesci Scout come Curreli?
Io non credo. E non lo credo perché il censore che fulmina il popolo dal pulpito di Tvl, asserendo che le «prossimità sociali» non hanno alcun peso in procura, grazie all’infinita superiorità celeste di un Pm che si rifiuta di intercettare la sorella di uno dei suoi capi: quel censore là è come il poeta secondo Primo Levi.
Un piccolo uomo irrilevante, che ha sempre tutte le lune di traverso. Un uomo con troppa autorità, ma con ben poca autorevolezza. Insomma uno che non può permettersi di insegnare niente a nessuno, perché non è maestro di nulla.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Pulvis et umbra sumus, siamo già morti da vivi, figuriamoci…!