Stando a quello che vi accade, la procura della repubblica di Pistoia è un’enclave che si alimenta di se stessa in assoluta autonomia/autodichia, immune perfino ai vaccini anti-Covid. Ma si può andare avanti così all’infinito, specie con ciò che combina ogni giorno il sostituto Curreli protetto dal silenzio di tutti i suoi colleghi?
È inutile nascondere la verità. Essa è sempre evidente come
la gobba di Quasimodo…
MA UN PM CHE SPARLI DI UN CITTADINO IN CHAT
INTEGRA O NO UNA DIFFAMAZIONE AGGRAVATA
E/O UN’IPOTESI DI RIVELAZIONI DI SEGRETO D’UFFICIO?
Non passa giorno che, al mattino, non siamo fortificati da notizie che ci rinnovano la fiducia nelle istituzioni e nelle «autorità costituite» della signora Gip Patrizia Martucci.
47, il morto che parla (Sergio il bianco), ci dà le dritte per un’Italia “più bella e più grande che pria”, alla maniera del Nerone di Petrolini.
«Vogliatevi bene – dice – che io faccio quel che mi pare senza rischiare nessun impeachment, anche se, fra pandemie pilotate e governi rizzati a forza, ho mantenuto lo status quo che mi ha permesso – e mi sta permettendo allegramente – di farmi i miei bei 14 anni di non-presidenza della repubblica italiana» – che non è molto diversa da quel comunistaio truffaldino del quotidiano ex-De Benedetti, l’uomo dei 600 milioni di euro presi al Monte dei Paschi e mai fatti rientrare…
Paese della cuccagna e paese del degrado: psico-fisico-morale-civile-religioso e quant’altro. Quest’Italia è una camera a gas, come l’amore della Gianna Nannini, anche lei senese e perciò legata al Monte dei Paschi e al panforte speziato.
Dal punto di vista della giustizia (espressamente ingiusta) anche Pistoia, come spesso rammento ai sordomuti di Sarcofago City, è un bel seminario. Non c’è che dire.
Qualche giorno fa, il 29 novembre, documentai il malcostume della corruzione dell’Olimpo del Terzo Piano.
Rileggetevi questo grandioso atto di accusa montanelliano (che ovviamente dà sul naso a tutti, a cominciare da Curreli per passare a Grieco e proseguire verso Coletta-Contesini & C.): everything i see. la «lettera scarlatta» di curreli, ovvero: conigli dal cappello del prestigiatore e serpi velenose in procura.
Vi compariva la bellissima serie di screenshot in cui uno dei più attivi sostituti, duro e puro, impartiva ordini alla sua truppa di bravi, in una chat svergognata nella quale Claudio lo scout sputtanava chi sta scrivendo. Una chat in cui certi Vpo (vice procuratori onorari: Innamorati, nel caso specifico) disonoravano, con ciò che stavano facendo o per fare, il loro mestier principale che sarebbe quello di avvocato.
Se il Padre Eterno che non c’è, non fosse stato chi era – cioè uno degli dèi babilonesi del pianeta Nibiru –, ma fosse stato davvero il Dio di cui non sembra aver tanto rispetto neppure Bergoglio (& pregiudizio), quel nume non avrebbe licenziato dei cloni scimmieschi, geneticamente modificati, come gli umani (per modo di dire), facendo loro inventare le favole della giustizia e dei pubblici ministeri che – è sotto gli occhi di tutti – tutto sono tranne che gente che sa e vuole fare il proprio mestiere. È ovvio che sto parlando con la garanzia dell’art. 21 della Costituzione.
Ma aggiungo: con quel che ci costano – in errori, sperperi e abusi – dobbiamo dire che l’umanità è di una bontà infinita nei confronti di gente come Curreli che spregia allegramente la legge, operando come crede e senza vergogna (né lui né la sua metà Nicoletta Maria Caterina Curci); e perseguitando dieci, cento, mille cittadini che, pur migliori di lui (se non altro perché non sono contraddizioni viventi come il sostituto scout-Agesci) danno fastidio a persone in ipotesi sue «prossimità sociali».
Del resto che aspettarsi di meglio da una procura diretta da un Pm come Tommaso Coletta, il tenebroso di poche parole dell’avvocato Andrea Niccolai, il cui apice morale si esplicò con la famosa frase al luogotenente della finanza Cappelli: «Ma allora non hai capito che io la sorella di Luca Turco non la intercetto?».
Non basta, caro ministro Nordio, programmare la divisione delle carriere. Perché, prima ancora, dovrebbero essere tolti dalla circolazione, in quanto pericolosi per se stessi e per i cittadini, personaggi come quelli sin qui indicati; o altri, le cui malefatte sono note a tutti, ma da tutti tollerate a testa china come il fa presidente del tribunale Barbarisi che, dal suo seggio, «crede, obbedisce e combatte» dando man forte alla corruzione che c’è a palazzo di giustizia, problema noto in Italia, fino dai tempi di Ugo Betti.
Perché io appello Pistoia “Sarcofago City”? Perché questa città non del silenzio, come la definiva D’Annunzio, ma di morti, dove tutti sanno tutto di tutti e di tutti tollerano tutto mentre continuano a fare gli “affaracci sua”; perché questa città, dicevo, ha dato una dimostrazione ulteriore di quello che è, proprio in séguito alla pubblicazione delle oscenità diffuse in chat da Curreli e, sùbito, opportunamente compresse sotto le minacce-coperchio procurali.
Eppure io vi dico, gentilissimi dottor Coletta e succubi vari: se sono capace di trovare quegli screenshot che ho pubblicato il 29 novembre (le prove dei reati dei certi sostituti che in aula mi accusano di non svolgere con competenza e professionalità il mio mestiere di giornalista, mentre loro sono geni montanelliani e sanno fare tutto), sarò capace o no di percepire anche il famoso partito greco Syriza (= sussurro) che mi fischia all’orecchio che al Terzo Piano è successo un pandemonio quando gli sconci currelici son o venuti a galla? Uno tsunami sotto una cappa di silenzio imposto.
È successo un respice finem, mi è stato riferito. E vuole sapere, dottor Coletta, perché tre quarti della sua procura era sottosopra anche se ha tombato ogni cosa con un democratico silenzio mafioso, piuttosto che procedere alla sanificazione dell’ambiente come legalità vorrebbe?
Lo ha fatto perché a Pistoia – e se fossi in lei ne prenderei modestamente atto, con umiltà, virtù che non pare proprio possedere – tre quarti del palazzo d’[in]giustizia sono stufi delle pressioni che il suo ufficio esercita sia sul personale (che ne ha le scatole piene), sia gli stessi giudici che, invece di sentirsi liberi e soggetti solo alla legge, vengono oppressi e perseguitati perché il Terzo Piano crede, sbagliando in pieno, di essere sangue di Jaweh.
Non funziona così, dottor Coletta. Ma non funzionerà nemmeno dopo la divisione delle carriere, le dico: ammesso che venga a turbare i sonni dei signori del diritto (e del rovescio).
Perché per funzionare occorrerebbe la garanzia che gran parte dei pubblici ministeri non fossero di carriera, inamovibili, intangibili, superprotetti da altri loro colleghi della stessa razza e del medesimo calibro, come da sempre avviene a Salerno o a Genova…
Occorrerebbe che fossero uomini votati e scelti dalla gente, come in America, e soggetti alla regola di poter essere mandati a casa a calci dove se una mattina si alzassero e dicessero a un luogotenente della guarda di finanza quello che lei – ormai sembra chiaro – ha detto a Daniele Cappelli.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
One thought on “everything I see. FRANCHI & LONGOBARDI SUL SUOLO D’ITALIA. OVVERO: PROCURE E CANCRENE”
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