everything I see. PROCURA E TRIBUNALE DI PISTOIA, TANTO TUONÒ CHE PIOVVE

Non è vero che la legge è uguale per tutti, specie quando viene applicata secondo la commedia dell’arte, dove ogni maschera inventa le battute che ritiene di dover dire sul momento, certa che nessuno la coprirà di verdure lanciate dal loggione


David è famoso per aver arrestato Golia solo con l’uso di una fionda…


LA NASCITA DEL COMITATO NON È

PROPRIO UNA MEDAGLIA AL VALORE


Il Pm Coletta al Canto al Balì di don Manone si autolodò dicendo che la procura a Pistoia sbaglia solo il 26% delle sue inchieste (svolte a copia-incolla e non di rado in violazione dell’art. 358 cpp). Un risultato da andarne davvero fieri!

 

A vari magistrati di Pistoia non di rado piace fare i disquisitori della Crusca fiorentina sul significato delle parole, anche se, da ciò che ne esce, c’è onestamente da chiedersi come sia potuto accadere che costoro abbiamo perfino raggiunto il massimo degli studi in giurisprudenza e poi vinto un concorso in magistratura.

Un giudice civile, ad esempio – e anche qui come il Ceccherini c’ho le prove – non sapendo che altro fare per favorire una certa parte, utilizzò lo staccio cruschico per dimostrare che l’espressione «mi risulta» non significa «io so per certo» (come si desume dal Treccani), ma indica un generico sapere per sentito dire.

Essài quante ne abbiamo sentite dire noi, giornalisti politicamente scorretti e invisi a vari magistrati della procura, sui giudici che non sanno nemmeno l’italiano delle 600-800 parole comunemente parlate da un uomo qualunque!

Proprio per questa super-preparazione linguistica e per le prevaricazioni che vi si innestano sopra, «dài, picchia e mena» (vedi la vera Crusca), alla fine la sacra amministrazione che pure produce le invenzioni/innovazioni giudiziarie cittadine – siano esse coltivazioni in provetta dello stalking giornalistico dell’infedele (allo stato) Claudio Curreli; siano le intromissioni inopportune e spudorate di Giuseppe Grieco, che osa chiedere agli imputati in aula il perché non si iscrivano a Fratelli d’Italia; o le assurde, illogiche balbettazioni del presidente Maurizio Barbarisi, che vuole farci credere che il Csm favorisce Curreli e la moglie in palese conflitto di interessi e in chiara incompatibilità ambientale con Pistoia –; «dài, picchia e mena», dicevo, ecco che si è costituito, a Sarcofago City, un comitato che sembra essere tutto un programma.

La struttura, che coagula in sé interessi specifici di cittadinanza attiva di controllo democratico dell’operato giudiziario locale; che sta uscendo dal bozzolo e sta per diventare farfalla, si definisce come Comitato Perseguitati e Vittime del Tribunale di Pistoia.

Come motto ispiratore, a mente dell’art. 117 della Costituzione, il Comitato ha scelto Iudices non domini legum sed legibus subiecti che, quanto e significato per i molti avvocati che non conoscono il latino, richiama semplicemente una verità a Pistoia frequentissimamente negata: i giudici devono rispondere alla legge come tutti, affermazione cara anche al «muto bianco» che selfieggiò indegnamente con la Ferragni lo scorso anno a Sanremo.

Del resto lo vedete ben sottolineato in rosso anche in una risposta recente inviatami dal CSM-Consiglio Superiore della Magistratura, lo stesso organismo che – a detta del presidente del tribunale, Maurizio Barbarisi – non trova niente di anomalo nell’illecita compresenza di Claudio Curreli e di sua moglie sotto lo stesso tetto coniugal-tribunalizio.

A Pistoia la legge non è affatto uguale per tutti perché dai tutti sono esclusi i Pm i sostituti che godono dell’immunità dai danni provocati nel 26% dei loro errori. E la città dorme mentre la gente finisce in carcere o subisce esecuzioni senza limiti e confini. È questo amministrare la giustizia?

E devono essere soggetti alla legge, i magistrati, per non cadere, come avviene (teste il ministro contestatissimo Nordio) spesso e volentieri nel puro arbitrio gratuito, nello spregio degli indagati e degli imputati trattati da sùbito come colpevoli; dal momento che scordano di essere dei dipendenti pubblici e si sentono dei semidèi, figli di un dio e di un mortale e perciò più alti dei miseri servi della gleba che, quotidianamente, non pochi di loro prendono a calci.

Eppure, con le loro lauree, dovrebbero saperlo che i semidèi (perfino Cristo sarebbe tale, stando ai Vangeli) nella coscienza collettiva antica greco-romana venivano classificati, sotto il profilo linguistico, come “nòthoi” che, dal termine nòthos, indica i figli naturali, altrimenti illegittimi o bastardi.

Essere soggetti alla legge significa rispettare il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3; e i doveri dei pubblici dipendenti di cui all’art. 54 della Costituzione: e non rispondere a un maresciallo della finanza: «Io la sorella di Luca Turco, mio superiore gerarchico, non la intercetto».

E per rimanere in tema, quando Claudio Curreli invia in aula i suoi Vpo, “extracomunitari” in veste metaforica di raccoglitori di pomodori a basso costo, e gli fa dire e fare (com’è di recente successo con uno di essi) pesanti apprezzamenti sugli imputati, senza tenere conto che gli imputati sono innocenti fino a condanna definitiva e spesso anche dopo (visti gli errori-orrori dei Pm); o quando, com’è successo personalmente a me, sempre Curreli consegna ad altri Vpo l’improvvida sentenza-Gaspari, per fare leva sul giudice suggestionandolo a pensare a quanto io sia stalker e pericoloso (anche se io non ho mai fatto, come lui, condannare un frate cappuccino innocente); o quando Giuseppe Grieco, così compito, scende in camera di consiglio dal giudice Alessandro Azzaroli per una ammenda di 150 € inflitta dalla Gip Martucci a mia figlia inaudita altera parte, e fa tramutare 150 luride monete “senza patria” in 15 giorni di arresto alludendo alla pericolosità di me, suo padre: quando accade tutto questo, allora non siamo affatto dinanzi a una giustizia da Museo delle Porcellane della Real Fabbrica di Capodimonte, ma a tu per tu con la Discarica di Malagrotta.

Ecco perché è nato il Comitato Perseguitati e Vittime del Tribunale di Pistoia. Per ricordare, con lucidità e fermezza, a tanti infedeli servitori dello stato, che loro sono soggetti alla legge e non padroni delle leggi e dei destini altrui.

E fra i destini altrui intendo evidenziare che sto parlando anche di quei giudici (troppo pochi, ma assai più preziosi dell’oro) che, nello stesso tribunale di Pistoia, non intendono farsi calpestare da semidèi con il vizio dell’infallibilità della superbia.

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]


Talvolta gli attori, se recitano male, rischiano di essere sepolti da una montagna di verdure
[da Il marchese del Grillo]


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