Cosa dobbiamo aspettarci da una procura della repubblica che se indaga, indaga male o altrimenti procede senza mai occuparsi del pieno rispetto dell’art. 358 cpp? Non è, questo, un chiedere troppo anche alla pazienza della «gente comune» cara al Pm?
Riusciranno i nostri eroi a ritrovare le strade vicinali misteriosamente scomparse dalle mappe d’impianto Catasto-Pistoia del 1954?
LA PROCURA DI PISTOIA ALLE INDAGINI SERIE
PREFERISCE IL RILASSANTE COPIA-INCOLLA
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E ora “quattro salti in padella” sul disastro idrogeologico della fascia medio-collinare del Montalbano. La stessa su cui il Comune di Romiti – anche da assessore ai lavori pubblici – ha permesso scempi di ogni tipo a cani e pòrci, che hanno chiuso, tombato, murato, asfaltato, messo cancelli e cementato il territorio del Montalbano, Area a Vincolo Ambientale.
Tutti cittadini – dico – favoriti dagli uffici tecnici quarratini che, alla fine, hanno anche trovato sostegno in magistrati pistoiesi non solo platealmente impreparati in materia, ma anche vergognosamente incapaci di farsi una bella studiata di essa o, se non avevano voglia di sudare, neghittosi fino al punto di non volersela far spiegare neppure da un semplice geometra, dato che per comprendere queste verità eterne è sufficiente, pur non essendo laureati in giurisprudenza, saper riconoscere i colori (non essere daltonici) e seguire chiare-elementari disposizioni di legge e di regolamenti comunali.
E dal momento che è inutile girare intorno al metùle (in Toscana chiamato stóllo) del pagliaio, nessuno – da Coletta a Curreli alla Gip Martucci a Luca Gaspari a Giuseppe Grieco – ha voluto capire che tutto il baccano da me sollevato nei confronti del ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, per le sue tre vicinali-interpoderali e due piazzole soppresse dal reticolo storico, non era – come ha sostenuto Grieco, digiuno della materia – una questione privatistica, ma una condizione giuridica che di certo lui, cittadino di Partenope e laureato alla Federico II, non poteva (ma soprattutto non ha voluto) conoscere e riconoscere nella sua validità pubblicistica.
Ora l’alluvione di Quarrata e non solo. Il disastro che ha provocato ciò che tutti hanno visto, riconducibile allo stupro del territorio, accusa tutti, indistintamente, di disamore per la salvaguardia dell’ambiente e di favoreggiamento di una serie di “carciofi sottolio” che hanno ottenuto autorizzazioni e condoni facili da dipendenti infedeli del Comune di Quarrata e, in séguito, protezione e sicurezza da chi – come la procura – avrebbe dovuto garantire non lo sfacelo, ma la preservazione delle norme e delle regole.
Qui avete due immagini significative del Rio della Trave che, sotto Orsino e alle porte di Silvione, si è mangiato due bei pezzi di via di Lucciano: strada esclusa da ogni intervento d’urgenza, con inconsolabile sversamento di lacrime da parte del Romitino sindaco stressato, ma sempre sulla scena (specie dove si trovano vassoi di crostini).
Scrivo per la procura di Pistoia, refrattaria ad ogni indagine che si rispetti. E spiego, come ai bambini delle elementari, con i colori, la storia e la situazione del Rio della Trave, autore del disastro di via di Lucciano.
Quel corso d’acqua scende dalle cave-Attucci di arenaria degli Arancini, dove esiste anche un deposito dell’acquedotto comunale.
Ma la strada vicinale di Lecceto e Bindino, sottratta dal suo uso secolare di viabilità pubblica ininterdicibile, è stata snaturata con una bella siepe che la attraversa, perché qualcuno ha pensato bene di chiuderne il transito, da secoli necessario a ogni bisogno umano, ma fastidioso ai proprietari (che hanno comprato sempre «nello stato di fatto e di diritto» anche le mille servitù della collina).
Da sopra gli Arancini e fino all’area di Silvione, tutto il corso del Rio della Trave è serenamente impedito da una serie di barriere che fungono da muro di Berlino, anche perché – e ora tornate a esaminare l’immagine di testa, signori laureati della procura – i nuovi proprietari dei poderi lungo il suo corso, hanno chiuso tutti gli accessi e, in più di un caso, hanno cancellato (da “cancello di ferro”, sbarre saliscendi etc. ) la viabilità ufficiale pubblica demaniale del Comune di Quarrata, che non era un optional per contadini e villani morti di fame; e che non doveva essere snaturata neppure dai cittadini inurbati con tanto di puzzetta sotto il naso.
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Signori magistrati, seguite, ora, il colore azzurro (Rio della Trave) dal ponte sottostante la Chiesa di Santo Stefano di Lucciano e fino, dopo il Podere di Babbone, all’area di Silvione (indicata come River Pub). Di pari passo seguite anche il tracciato verde che indica la Strada Vicinale della Cava.
Tale percorso, che costeggiava il Rio della Trave, è scomparso dalla cava fino all’abitazione segnata con l’asterisco giallo.
Ma attenzione: al suo sbocco in via di Lucciano, ecco un bel cartello con su scritto che la strada è privata. Perché chi ha acquistato, non ha rispettato nessuna norma di legge generale sulla pubblicità delle vie rilevata e determinata, per il territorio quarratino, dalle mappe d’impianto del Catasto della Provincia di Pistoia (1954), di cui mi sono servito per mostrare lo stato dei fatti.
Che nessuno, poi, dimentichi, che tali mappe d’impianto le aveva avute in mano anche il giudice Luca Gaspari; il quale delle due l’una: 1. o non sa leggere nonostante la laurea; 2. o non vuole leggere per favorire qualche sua ipotetica «prossimità sociale».
Le mappe d’impianto del Catasto del 1954, uniche decisive per la salvaguardia del territorio, sono state volutamente ignorate dalla serie di Pm, sostituti e giudici che hanno favorito la gente già favorita dal Comune di Quarrata (Perrozzi e non solo; perché in fila possono seguire anche l’Agriturismo degli Arancini, a cui il Romitino ha pure regalato un impianto di illuminazione pubblica su strada privata; o Il Calesse di Via Carraia; o il signor Leonardo Bassetti; o, nella zona di Lucciano, verso Frustino, il focoso Tiberio Bardi che colleziona minerali, ma che asfalta le strade bianche a piacere e innalza capanni senza che il Comune rifiati (rileggete questo interessante articolo, spregiato dalla Procura delle Nebbie affidata a Coletta).
Il Rio della Trave, dal monte e dagli Arancini, cala fino alle cave e dà nome alla strada stessa che collega Montorio alla Chiesa di Santo Stefano. Dal ponte sulla curva a gomito, e verso l’alto, il Rio della Trave è praticamente inaccessibile. Lo stesso dìcasi per l’ingiù, verso Quarrata: passando per Babbone, Orsino e Silvione. Dove ha mangiato via di Lucciano.
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A questo punto chiedo al silenzioso (così lo definì in pubblico l’avvocato Andrea Niccolai) dottor Coletta: la sua procura è in grado di farmi capire perché lei ha permesso a Curreli di perseguitarmi per avere io detto e sostenuto che il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi è un favorito del Comune di Quarrata se, col suo operato, il Ctu mai-dottore (in ipotesi «prossimità sociale» di Curreli) non solo ha fatto quello che ha fatto, ma ha persino continuato a costruire tanto da finire sotto la cura amorevole del Tar della Toscana?
E ora una notarellina per la Gip Martucci: come può un cittadino appartenente, come me, alla categoria aristotelica della «gente comune» di Coletta, fidarsi di un Pm come Tom Col che non ha vergogna di rivolgersi, irritato, a un luogotenente della guardia di finanza per dirgli: «Ma allora non hai capito che io non intercetto la sorella del procuratore aggiunto di Firenze!»?
Un vero gioiello di legalità. E io pago, eh?
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]