CASALGUIDI. Torno sul tema del disegno raffigurante la bandiera comunista all’interno della Scuola Media “Enrico Fermi” di Casalguidi.
La Dirigente Scolastica ha giustamente spiegato i motivi didattici che hanno portato gli alunni a realizzare alcuni disegni, interpretando gli articoli della Costituzione Italiana.
Secondo la professoressa Lucia Maffei “i ragazzi hanno semplicemente rappresentato il lavoro, enunciato dall’Articolo 1 della Costituzione, mediante la falce e il martello, poiché così credevano che fosse rappresentativo nell’immediato dopoguerra”.
La spiegazione è ineccepibile.
Mi sorge però un dubbio. Cosa viene insegnato ai nostri ragazzi a scuola?
Per capirci voglio ripercorrere in breve come si è arrivati alla stesura dell’Articolo 1 della Costituzione Italiana.
A conferma di quanto sostengo chiunque può verificare direttamente la fonte. Gli atti della Costituente sono infatti pubblicati integralmente sul sito: La nascita della Costituzione.
Il 16 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, nel proseguire la discussione sui principi dei rapporti sociali ed economici, affronta la questione del lavoro.
La Pira (Dc) propone questo articolo: «Il lavoro è il fondamento di tutta la struttura sociale, e la sua partecipazione, adeguata negli organismi economici, sociali e politici, è condizione del nuovo carattere democratico».
Alla successiva riunione della Sottocommissione, il 18 ottobre, Togliatti (Pci) si dice convinto che si debba porre al principio della Costituzione la seguente definizione: «Lo Stato italiano è una Repubblica di lavoratori».
La formulazione di La Pira gli pare insufficiente perché, sostiene Togliatti “gli sembra di trovarsi di fronte non ad una affermazione politica di volontà del legislatore, ma quasi ad una constatazione di fatto”.
Dossetti (Dc), che aveva concorso alla formulazione della proposta La Pira, precisa che con l’espressione: «Il lavoro è il fondamento di tutta la struttura sociale», si intende esprimere non semplicemente una constatazione di fatto, ma un dato costitutivo dell’ordinamento, un’affermazione cioè di principi costruttivi.
Il liberale Lucifero D’Aprigliano obietta (da liberale): “Tutti coloro che partecipano alla produzione sono «lavoratori» (meno l’azionista puro, gli inabili e i malati), dal presidente del consiglio di amministrazione fino all’ultimo usciere della società”.
Per D’Aprigliano, stabilito il principio che tutti sono lavoratori, in quanto uomini, il lavoro, inteso come manuale, non deve considerarsi preminente sugli altri fattori della produzione.
Va quindi in votazione, e viene approvato, l’articolo proposto da Togliatti con gli emendamenti suggeriti da lui e da La Pira: «Il lavoro e la sua partecipazione concreta negli organismi economici sociali e politici è il fondamento della democrazia italiana».
Il 28 ottobre la Sottocommissione torna a discutere l’art. 1, e Togliatti ripropone la formulazione “Repubblica di lavoratori”.
Moro (Dc) propone con successo una mediazione che verrà approvata a fine seduta: «Lo Stato italiano è una Repubblica democratica. Essa ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori all’organizzazione economica, sociale e politica del Paese».
Il 22 gennaio 1947 si riunisce in seduta plenaria la Commissione per la Costituzione.
Togliatti ripropone senza successo la sua formulazione.
Il 24 gennaio la Commissione approva il testo definitivo: «L’Italia è una Repubblica democratica. La Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Il 4 marzo l’Assemblea Costituente inizia la discussione generale del progetto di Costituzione; il 22 marzo, quando arriva in discussione l’art. 1, Fanfani e Moro (Dc) presentano con altri l’emendamento poi approvato: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro».
In conclusione possiamo tranquillamente dire che l’art. 1 della nostra Costituzione è frutto di una proposta democristiana e non comunista. Ebbe il voto favorevole da parte della Democrazia Cristiana, del Partito Comunista e del Partito Socialista.
La formulazione proposta da Togliatti e dal Pci («Lo Stato italiano è una Repubblica di lavoratori»), invece intendeva evocare l’unità di classe, la volontà di congiungere classe operaia e contadini e, soprattutto, la vicinanza alle formule usate in Unione Sovietica e negli Stati del blocco dell’Est.
Non pretendo che in una scuola media si affronti l’argomento in modo così approfondito ma, visto che si intende sottolineare la qualità della nostra Costituzione, un docente preparato e accorto avrebbe almeno riportato gli alunni a una raffigurazione artistica più in linea con il tema (si potevano disegnare dei lavoratori? si potevano disegnare alcuni strumenti di lavoro, e non solo falce e martello?).
Invece così le giovani menti degli alunni di Casalguidi sono state indotte a credere a un “falso storico” che, siamo sicuri, nelle scuole che andranno a frequentare nei prossimi anni potrà essere corretto da professori prudenti e competenti.
Il livello di preparazione e di capacità tra i politici del 1946 era molto, molto alto. Tra i “padri costituenti” c’erano, tra gli altri, Amintore Fanfani, Palmiro Togliatti, Umberto Terracini, Aldo Moro, Ugo La Malfa, Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Emilio Lussu, Fausto Nitti, Piero Calamandrei, Lelio Basso, Giuseppe Saragat, Pietro Nenni, Luigi Einaudi, Giorgio Amendola, Sandro Pertini, Leo Valiani, Vittorio Emanuele Orlando, Giovanni Gronchi.
Erano comunisti, liberali, democristiani, socialisti, repubblicani ma, tutti insieme, seppero scrivere la carta fondamentale della nostra Repubblica.
Abbinare la Costituzione, o parte di essa, a uno solo dei simboli che rappresentavano è una mancanza di rispetto verso questi uomini.
Federico Gorbi
Capogruppo “Serravalle Popolari e Riformisti”