fernandino e l’elitropia. «È LA CARTA DI FERNANDO COME L’ARABA FENICE: CHE VI SIA, CIASCUN LO DICE; DOVE SIA, NESSUN LO SA»

Don Fernando e il lasciapassare

MONTALE. Stamattina ci viene in mente che Ferdinando Betti, con una lettera aperta ai concittadini, pubblicata sul suo sito elettorale, scatta sull’ultimo chilometro prima del traguardo delle elezioni, esordendo con queste parole: «Con questo mio messaggio voglio riassumere le informazioni più importanti che desidero portare a conoscenza di tutti».

Ci deve essere un errore di stampa: la parola giusta, Ferdinand, non è «messaggio», ma è «massaggio». Il sindaco ri-aspirante cerca, infatti, di far rilassare i suoi concittadini per bendisporli a ri-votarlo: proprio come i norcini quando mantècano le cosce del prosciutto perché tiri meglio il sale.

Ognuno fa il suo gioco. Ed è, perciò, cosa buona e giusta che anche il primo cittadino, che ha governato con “Centrosinistra Montale Democratica”, apra la sua valigia e reclamizzi la sua merce. Solo che dovrebbe ricordare, anche, che sull’etichetta della confezione spiccava, oltre al marchio di fabbrica, il termine «democratica», che , in un paese davvero tale si identifica e si confonde (= si fonde insieme) a qualche altro concetto che don Ferdinando sembra non saper dove stia di casa.

Ecco un elenco, per rinfrescargli la memoria. «Democratico», oltre il piddìno bla-bla-bla,  indica anche l’insieme di:

♦ non discriminazione degli organi di stampa
♦ riconoscimento della pari dignità dei cittadini
♦ trasparenza in tutti i procedimenti della pubblica amministrazione
♦ accoglienza (non solo dei neri, cari ai rossi, ma anche dei mille altri Politic Colors of Benetton)
♦ disponibilità (come dicevano le sinistre nel 68) al dialogo e al confronto
♦ e… può bastare per ora?

Ai sensi e per gli effetti dei doveri democratici, Betti non è che «dovrebbe», «deve» ricordare che una decina di giorni fa ha fatto un cosiddetto “casino della Madonna” con la famosa questione del certificato della Procura della Repubblica: una specie di «ego te absolvo a peccatis tuis» usato come un lasciapassare/passe-partout in vista del 26 elettorale prossimo.

Il “campanone” di Montale, il Don (Ferdinando),  ha convocato tutte le belle del reame (Cenerentola rigorosamente esclusa) per parlare loro della scarpetta di cristallo ritrovata sullo scalone della Procura della Repubblica e per stabilire, tramite prova diretta, quale sia la vergine cuccia (studiate un po’ di Parini, vi farà bbuòn’) che merita di essere maritata al principe; e quale, al contrario, deve essere rimandata nel canto del fuoco tra la cenere e la carbonella.

Ed ha alzato la voce, il Don; ha minacciato e, insieme alla sua fida comandante (o, in lingua piddì, comandanta?), che peraltro non distingue – nonostante il possesso di master(Chef) – una diffamazione da una calunnia, ha parlato e parlato, come in una specie di Addio, mondo crudele!, di un certificato-Casper (= per i più duri: fantasma) che ci ha suggerito un remake, in chiave moderna, della famosa novella boccaccesca di Calandrino, stavolta parodiabile in Fernandino e l’elitropia.

Miscredenti e infedeli come siamo, lunedì 13 maggio 2019, alle 08:13, gli abbiamo inoltrato, al Don, formale richiesta di farci avere copia della famosa lettera di assoluzione da ogni sospetto; e lo abbiamo scritto e pubblicato in data 15 maggio 2019, quattro giorni fa. Insomma, in tutto, 7 giorni tondi.

Dio in sei giorni fece il mondo e il settimo si riposò: Ferdinand non è riuscito a cavar fuori dal portafoglio un pezzo di carta così fondamentale per provare pubblicamente quello che ha sbandierato ai quattro venti.

Caro Fernandino, che la tua elitropia sia fasulla come supponevamo (allo stato dei fatti non senza ragione) noi malefici, deliranti e avversi a te e alla tua democrazia?

Prima delle urne ci sono ancora 7 giorni: puoi, anche tu, fare il mondo, specie se piccolo come il tuo Comune. Sempre che tu lo voglia davvero.

Piperita e il certificato-Casper

Perciò fatti avanti e affronta l’ordalìa, il giudizio divino, camminando sui carboni accesi a piedi nudi: si vedrà se ti bruci le piote o se, invece, scenderanno a sorreggerti gli angeli del Signore. O altrimenti, Ciccio, sarai eternamente dannato anche se vinci con l’aiuto delle tue truppe cammellate.

Due ineludibili baffi finali:

♣ Primo baffo. Vedi, don Fernando, l’immagine evidenziata in verde? E vedi che, vicino, c’è un angolo in bianco? Vuoi sapere cosa c’è in quella terra di mezzo? C’è una delle due o tre querele che uno dei tuoi concittadini ha spedito in Procura, col piccione viaggiatore, contro di te.

♣ Secondo baffo. Non vorremmo dirtelo… ma la soffiata sulla questione Vab-Misericordia-Croce d’Oro sembra che sia partita proprio da dentro il tuo Comune… Del resto, come dicevano gli storici antichi, sono sempre i familiari a farti lo sgambetto, a palazzo.

E ora chiudiamo in raffinatezza letteraria – a onore e gloria di certe membre delle Società Italiane delle Letterate – con una citazione leopardiana che cade a pippo di cocco:

Altro dirti non vo’; ma la tua festa
Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.

Don Fernando, per adempiere ai tuoi doveri democratici, hai tempo fino al Sabato del villaggio, il 25 maggio prossimo. Fatti ben consigliare dalla tua Donatella, Segretaria Generale, la quale, per una 50ina di migliaia di euro all’anno (gli altri 50mila glieli dà il Mangoni), può ben stressare, almeno per 1/60 (un sessantesimo di secondo, come una volta per gli scatti delle vecchie macchine fotografiche), le celluline grigie di cui parla sempre il grande Hercule Poirot.

Pènsaci, Fernandino!
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PS – Gli rimandiamo un’altra Pec…

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Diritto di critica


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