La vicenda Renzi-Open, sparata dal duo fiorentino Turco-Nastasi e stoppata dalla Consulta, ripropone con forza la necessità di far capire a tutti che il diritto esclude l’arbitrio. Ma quanti altri casi simili nella casa della giustizia di Coletta, dove regna la «sindrome del mi-sento-dio»?
Poi vengono a farci anche lezioni di legalità
COME SE LA COSTITUZIONE NON CI FOSSE…
Che i Pm facciano come vogliono, a prescindere da diritto e Costituzione, è cosa risaputa.
E se ce ne fosse bisogno, la stessa storia di Renzi (che a me non sta particolarmente simpatico) in rapporto alla sua fondazione Open, ne è riprova anche da parte della Consulta, un organo certamente fin troppo politico e politicizzato, che non di rado decide per opportunità e non in punto di diritto e in nome della giustizia uguale per tutti.
I fiorentini Turco e Nastasi – dice l’ometto di Rignano – hanno avuto il fatto loro. Ce lo raccontano i giornali di ieri e i vari commenti che ne sono seguìti.
Ma il problema dei fiorentini che perseguitano Berlusconi anche da morto, con un ferreo Turco, la cui sorella sembra essere stata ben protetta da Tommaso Coletta – capo a Pistoia ed anche a Pistoia particolarmente distìntosi in doppiopesismo giudiziario –, si estende e si perpetua dovunque in questo stato in disfacimento, in cui un non presidente della repubblica più che garantire gli equilibri, protegge la magistratura e la politica, calpestando a ogni passo il contenuto dell’art. 3 della Costituzione.
Se la Consulta ha bacchettato Luca Turco e il suo collega Nastasi per aver utilizzato intercettazioni per le quali era necessario il permesso del parlamento, dato che Renzi era parlamentare, che dire dello sconcio cui siamo stati costretti ad assistere a Pistoia, dove i Pm e i sostituti agiscono liberamente a tutto campo e non di rado senza pudore e senza il minimo rispetto della legge?
Mentre il mio cellulare era stato fatto sequestrare dalla Gip Patrizia Martucci su richiesta di Claudio Curreli; e mentre quel sequestro era semplicemente interdittivo, per suffragare fanfaluche elucubrate dal sostituto-scout che riscuote lo stipendio dallo stato, ma lavora per il traffico dei migranti: il luogotenente Salvatore Maricchiolo di Quarrata avvisa il sostituto De Gaudio che, per il processo da lui messo fantasiosamente in piedi contro Lara Turelli, comandante dei vigili di Agliana, poteva utilizzare uno strumento che era nelle sue mani. Anche malo consigliere, direbbe Dante, questo discutibile Maricchiolo!
Immaginate cosa accadrebbe se tutto ciò, che è in cassaforte e intoccabile, potesse essere preso e utilizzato da chicchessia. Sarebbe come se il conto bancario di Mattarella potesse essere utilizzato liberamente per pagare le bollette Enel-Servizio Elettrico Nazionale di un migrante di Vicofaro. O no?
De Gaudio scrive a Curreli e chiede: «Lo posso prendere il cellulare del Bianchini per ficcarci il naso dentro come ni pare?». E quel genio incompreso di Curreli, a mano, verga sulla richiesta degaudiosa: «Visto. Si concede». Ma cosa fai?
Cosa concedi, signor scout, di ciò che non ti appartiene e che, probabilmente, ti è stato utile solo per difendere un Ctu del tribunale di Pistoia noto o a te direttamente o per interposta moglie Nicoletta Maria Caterina Curci?
È lo «ius divini dei» o “sindrome del mi-sento-dio”, che tradisce questi personaggi i quali, non di rado, palesemente indegni di difendere il diritto – proprio perché primi a tradirlo quando violano, durante le indagini, le disposizioni dell’art. 358 cpp –, fanno più danno della grandine a forma di palle da tennis di questi giorni.
Eppure sono tutti lì. E restano tutti lì. Intatti e intangibili lì. Protetti a mo’ di catena di Sant’Antonio da altri colleghi nella certezza del fatto che l’union fait la force.
C’è motivo d’orgoglio ad essere cittadini italiani nella piena consapevolezza di avere tutori della legge di questa fatta?
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
«Non ci hanno lasciato cambiare niente…»