fluidi. IL BAMBINO “BRUCO” LO È DAVVERO?

 

Greta un ragazzo disforico

EMILIA ROMAGNA. La vicenda di Marco, un bambino che già a tre anni ha espresso la sua vocazione al cambio di genere sessuale, ci ha colpiti anche noi: un caso apparentemente non contenibile quello di un bambino nato con un gemello (non disforico) che intende fin dai primi anni della sua vita, cambiare identità sessuale.

Il/la ragazzo/a è- o forse sarebbe – interessato/a da quella condizione nota come disforia di genere.

Non vogliamo quì dare giudizi o considerazioni che aprono scenari interpretativi mai aperti prima: la scienza parla di dismorfismo sessuale e l’argomento “medico-scientifico”, si intreccia pesantemente con quello psicologico, sociale e ambientale, ovvero famigliare.

Paolo Del Debbio è davvero sbalordito per il caso umano di Greta

Abbiamo ascoltato attentamente i genitori, che si sono detti subito convinti a dover assecondare Marco – rinvenutosi in una condizione di fluidità sessuale. Uno status che, nell’adolescenza, è in progressione, e quindi non è definitivo nella “connotazione” sessuale: lo hanno fatto, certi di fare il suo bene e non ci permettiamo di giudicarli.

Ci chiediamo solo se la precarietà evolutiva di un bambino (bruco(?) che vuole mutarsi in farfalla) è stata considerata e valutata opportunamente per catalogare in senso definitivo il percorso di una migrazione all’altro genere sessuale.

Il “figlio bruco” può essere aiutato a contenere questa pulsione psicologica?

Esiste una sorta di “mediazione culturale” per riporlo dentro l’alveo della sua – naturalmente originaria – condizione di identità sessuale alla quale è stato assegnato da madre natura?

In altre parole, i genitori, non sono stati troppo precipitosi nella decisione di assecondare tale procedimento di “reindirizzo” che, comunque, non potrà mai avvenire in senso completo e definitivo per ovvi (e intuitivi) motivi morfologici?

Ma c’è un’altra domanda che poniamo all’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna (abbiamo dedotto la Regione dall’accento degli intervistati): i curatori del programma televisivo Diritto e rovescio hanno sicuramente (è possibile il contrario?) chiesto una autorizzazione per la pubblicazione “in chiaro” del giovane intervistato e del suo fratello, lui non disforico ancorché gemello? Altrimenti avrebbero pesantemente violato la “Carta di Treviso” per la tutela dei minori.

Ma può bastare questo?

La Carta di Treviso è stata violata nel servizio Tv?

Dunque, i genitori hanno così già deciso su tutto: non c’è stata una riserva o un dubbio alcuno sulla pubblicizzazione della tanto “delicata” condizione del figlio/a, ma anche del fratello non “fluido”, ordinariamente orientato nella sua sfera sessuale.

Siamo di fronte a un caso di induzione a quella condizione riconosciuta come disforia? Si erano davvero esaurite tutte le strade per un controllo e una mitigazione della insolita pulsione, per avviare un contro-orientamento?

Comunque sia stato, la “Carta di Treviso” non è forse stata violata per il fratello, che non aveva alcun rilievo alla pubblicizzazione in televisione, non avendo alcuna prerogativa di esporsi e di essere esposto alla pubblica opinione?

Noi, prudentemente, abbiamo annullato l’immagine dei volti dei due ragazzi: siamo certi che da qualche parte d’Italia ci sarebbe un Pm creativo che non esiterebbe ad “aprire un fascicolo” nei nostri confronti, anche se il collega Del Debbio l’ha fatto, esponendolo in chiaro e alla televisione del gruppo Mediaset, in prima serata.

Va davvero tutto bene così?

Alessandro Romiti [alessandroromiti@linealibera.it]

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