foibe. LA FACCIA TOSTA DELLA SINISTRA, RAZZISTA CONTRO GLI ITALIANI

Il ritrovamento di alcuni corpi

PISTOIA. Oggi, 10 febbraio, si commemorano tutte le vittime delle foibe, l’esodo dei dalmati, dei fiumani e degli istriani e, più in generale, i catastrofici eventi che colpirono gli italiani durante la seconda guerra mondiale e immediatamente dopo l’armistizio.

C’è stato un minuto di silenzio nelle scuole, o almeno lo speriamo: la scuola pubblica italiana è una delle più importanti e storiche casse di risonanza di certa ideologia che non prevede contraddittorio.

Negli anni ’70, per un tema, Sergio Ramelli venne processato a scuola per le idee espresse, e successivamente pestato a morte dai “compagni che sbagliano”.

Oggi, senza quel clima, rimane comunque difficoltoso, all’interno di quell’ambiente, schierarsi contro la vulgata becera antifà, ma non perché fascisti, bensì perché è lecito, da liberali, non sentirsi rappresentati da questo cascame d’antifascismo in stile Fiano, insensato e violento.

Oscurantista, aggiungiamo, perché il primo punto di un regime è quello di saper oscurare la verità con ogni mezzo.

Si tratta del regime del politicamente corretto, del catto-comunismo, della vulgata femminista talebana, dell’immigrazionismo senza freni, affiancato da un’altrettanta sfrenata lotta ai confini e alla sovranità di ogni Stato. E a questo proposito, vogliamo sbugiardare coloro che oggi straparlano di integrazione e di accoglienza ma che, un tempo, sputavano addosso ai propri connazionali.

“Ancora si parla di profughi. Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città. Non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall’alito di libertà che precedeva o coincideva con l’avanzata degli eserciti liberatori.

I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi”.

Sapete di chi sono queste parole? Non di Salvini, né di Casapound, né degli Skinhead che hanno contestato Como senza frontiere. Trattasi di un articolo dell’Unità del 30 novembre 1946.

Trecentocinquantamila profughi in fuga dalla furia comunista. Lo stesso universo rosso italiano (divenuto di questo colore dopo essere stato insinceramente nero per vent’anni) che li accoglie nei porti di Bari e Venezia con sputi, improperi e minacce. A Bologna i ferrovieri minacciarono scioperi se si fosse fermato il treno con gli esuli, e versarono tutto il latte raccolto per i bambini affamati.

Una delle poche piazze intitolate ai martiri delle foibe

La vigliaccheria del vecchio Pci che a quel tempo inneggiava a Tito e a Togliatti e affibbiava l’etichetta di fascisti a chiunque osasse fuggire dalla madrepatria comunista; la solita viltà del Pd di oggi, e della sinistra tutta, che a reti unificate ci fa sapere che la priorità è vietare la vendita dei cimeli del ventennio e “fascistizza” chiunque osi mettere in dubbio il verbo del mondo liberal.

Sono i veri metodi talebani, ed è la vera faccia tosta di chi, oltretutto, ambisce ad insegnare a tutti noi come stare al mondo.

Oggi per essere accettati nella società civile è necessario vivere a braccia spalancate verso chiunque voglia varcare i nostri confini; allora, per non essere additato come sporco fascista era necessario prendere a pedate gli italiani in fuga dalla ferocia del comunismo.

Tempi diversi, cari lettori, ma le facce di tolla sono sempre le solite.

[Lorenzo Zuppini]

 

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