PISTOIA. Il direttore, nel suo articolo Dittatura e nuova resistenza, accenna anche ai politici che hanno mantenuto un profilo bassissimo: fra questa specie inseriremmo tranquillamente il Divino Prof. Ivano Paci, che i suoi avversari chiamano Gao Zu, Papa/Papà/Io/Noi etc., al quale il popolo sovrano dette una gran pedata nel sedere quando tentò la via parlamentare al potere, preferendogli altri.
Sempre di Ivano Paci si tratta, a Pistoia, da 40 o 40mila anni. Il nostro amico non fa parte dei dittatori, alcuni dei quali hanno ancora vie e statue intitolate a loro eterna gloria – si pensi solo a Mustafa Kemal Atatürk, l’uomo che salvò la sua nazione dal comunismo e dal fondamentalismo islamico – o altri che per il ben fatto finirono assai malamente.
Il nostro fa parte dei “resistenti”: non quelli combattenti nell’Italia del Nord o, oggi, contro l’ingiustizia dilagante, ma semplicemente quelli “de noartri”, rifugiatisi in montagna, specialmente nelle nostre zone, per poi ricomparire al seguito di americani, inglesi, marocchini e compagnia che erano venuti caritatevolmente a “liberare l’Italia” per renderla più giusta e più democratica: insomma quest’Italia qui, come si dice a Pistoia.
L’Italia dei Favori (non quella dei Valori di Tonino l’appartamentaro…), per non andare troppo indietro, nasce dalla ricerca del consenso con il Fascismo fino al 1937 ed è degenerata con il postfascismo e la democrazia. Anzi, con questa democrazia, si è incancrenita a tal punto, che gli scandali nazionali che quotidianamente vengono a galla, sono solo la punta di iceberg di un sistema che continua a produrre falsa umanità, falsa carità, falsa solidarietà attraverso “dazione” di danaro frutto di operazioni che con la carità e la solidarietà niente hanno a che spartire.
Come i soldi della Fondazione Caripit elargiti a pioggia, senza – a nostro parere – alcun disegno generale, ma solo per accontentare territorialmente tutti e nessuno e per poi presentare il conto.
Se elettorale per figli o nipoti o amici degli amici fate voi. Se per farsi erigere a futura memoria, fra cento anni (e qui è un guaio!) un monumento funebre, fate voi. Sempre con soldi pubblici, a differenza di Licio Gelli che la cappella di famiglia, alla Misericordia, sembra se la sia pagata con i soldi propri.
Tutto ciò appare dai risultati del Bando 2013 della Fondazione Caripit e dall’elenco dei progetti accolti, sacricabili qui.