PISTOIA. Quando morirà, Franco Maresco, ricordiamoci tutti di celebrare la sua esistenza, ricca di gemme (Belluscone), intuizioni (Lo zio di Brooklyn), premonizioni (Cinico Tv), ma anche e soprattutto perché è stato il primo, e auguriamoci non l’unico, ad urlare, con eleganza e rabbia rassegnata, al mondo, partendo dalla loro Palermo, la grandezza di Franco Scaldati.
È attorno alla figura di uno dei pochi sommi del 900, Franco Scaldati appunto, al fianco di Pier Paolo Pasolini, che si è aperta ieri, 4 ottobre, la prima (e ultima) rassegna Presente italiano, il primo Festival dedicato al cinema italiano, che ha avuto un prologo al piccolo teatro Bolognini, con la conferenza stampa e poi la proiezione dell’ultimo film di Franco Maresco, Gli uomini di questa città io non li conosco, che è un documentario chiuso in fretta e furia per arrivare in tempo utile a Venezia e al suo Festival, sulla vita dell’amico-maestro Franco Scaldati, morto il 1° giugno di due anni fa all’età di 60 anni per una malattia incurabile.
Un intellettuale inarrivabile, un poeta lessicale, un pensatore autentico, un sognatore di incubi, un veggente, un profeta, un uomo lontano da tutto e da tutti, al quale la sua Palermo, la Sicilia e l’Italia tutta deve necessariamente qualcosa, almeno ora, a distanza di due anni dalla sua morte. Ha chiesto, a Palermo, senza mai ottenere nulla, uno spazio ufficiale nel quale mettere a punto il suo teatro, dove avrebbe potuto raccogliere tutta la gente di strada e portarla in scena, anziché consegnarla alla Giustizia. Lo ha fatto fino a quando ha potuto, denunciando, sistematicamente, il sopruso mafioso, meriti riconosciutigli soltanto al trasporto funebre, dal Sindaco Orlando e dall’allora assessore alla cultura di Palermo, che si cosparsero il capo di cenere per non aver intuito, in tempo, il suo spessore.
“È morto solo – ha raccontato Franco Maresco, anche lui dai somatismi evangelici, casomai apocrifi, durante la conferenza stampa del pomeriggio al Bolognini, gestita in compagnia di Rodolfo Sacchettini, Presidente dell’Associazione teatrale pistoiese, Michele Galardini, ex caporedattore del quotidiano online ReportPistoia, nonché ideatore di questa rassegna e del critico Gabriele Rizza, che tiene a prendere le distanze dal ruolo che ricopre soprattutto non facendo domande opportune e indispensabili e limitandosi, sistematicamente, all’autocelebrazione delle proprie forbite conoscenze –.
“Senza mai smettere di urlare alla sua gente e a quella di questo paese martoriato dalla mafia e da tutto quello che questa macchina associativa a delinquere comporta l’imminenza dei pericoli dell’assuefazione. È morto solo uno dei maestri più importanti, incisivi e decisivi del ‘900, senza che nessuno gli abbia riconosciuto, prima che il primato, almeno il merito di aver provato a dare voce agli ultimi, fotografati e raccontati direttamente dai loro fatiscenti contesti quotidiani, fatti di privazioni, rinunce, povertà, miserie ma confortati dagli ideali”.
Il docufilm, proiettato al cinema Globo, ripercorre, velocemente, la vita di Franco Scaldati, dalla sua adolescenza lontano dai doveri scolastici alle sue prime frequentazioni sartoriali. La poesie e il teatro arrivano dopo, ma arrivano inesorabilmente e saranno queste le corde sulle quali intonerà la colonna sonora della propria esistenza. Nonostante un rifiuto sistematico da parte di tutti gli organi ufficiali di distribuzione culturale: i suoi capolavori, Il pozzo dei pazzi prima e Lucio subito dopo vengono allestiti e realizzati in teatri di fortuna.
“Il Biondo di Palermo lo ha già ospitato, è vero, su un testo di Luigi Capuana, ma per dare vita e forma al suo teatro, immaginifico, bisogna che Scaldati entri a pieno regimi fra i gangli dell’Albergheria, uno dei quartieri più degradati di Palermo, dove allestisce, in ordine, La Notte di Agostino il Topo, Sonno e Sogni e Santa e Rosalia.
Il cinema di nicchia, i fratelli Taviani (Kaos) e Franco Maresco in compagnia di Daniele Ciprì, gli affidano Il ritorno di Cagliostro, riuscendo poi a sdoganare una delle sue figure più inquietanti, quella tanto cara a Cinico Tv.
“Da quando non c’è più Franco Scaldati – aggiunge Franco Maresco nella conferenza stampa, dopo essersi dilungato sulle diatribe intellettuali legate agli ascendenti del suo profeta, tra chi lo ha definito il Beckett siciliano e chi ne ha intravisto più rassegnazione che rabbia –, io mi sento decisamente più solo; il suo ruolo, come testimonianza politica, sociale e artistica e è insostituibile e per il bene del teatro e del cinema italiano mi auguro davvero che ci si fermi a riflettere e a prendere in considerazione le sue intuizioni: poetiche, semantiche, intellettuali, nude e crude, letteralmente scevre e spoglie di tutto quello che non è utile alla causa della comunicazione. La parola, il suono, il gesto, l’ideale”.
Il Festival, per fortuna, promosso dall’Atp in collaborazione con il Comune di Pistoia, la Provincia, la sponsorizzazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescianon si ferma qui e continua, proseguendo le proiezioni di pellicole e cortometraggi e gli incontri con i loro autori fino al prossimo 11 ottobre.