GALCIANA, IL KOMINTERN CONSIGLIA…

Diktat (ma le bandierine di Lenin le abbiamo aggiunte noi...)
Diktat (ma le bandierine di Lenin le abbiamo aggiunte noi…)

GALCIANA (PO). La lettura del cartello sulla parete ci ha richiesto una seconda rilettura e un’attenta riflessione.

L’immagine al centro del tipo in cravatta era fuor-di-luogo per il look davvero insolito in relazione al target dei frequentatori del Circolo di Galciana, e rendeva l’avviso più verosimile a una locandina pubblicitaria.

Si trattava in realtà di una comunicazione “istituzionale”, ma davvero anomala, anche per il carattere stampatello usato, così ricercato, come quello adatto a una grida del Manzoni.

L’avviso – deciso dal consiglio – si permette di “suggerire” con una prescrizione di buona educazione atta a regolamentare la vita degli associati all’interno del ritrovo.

La prima parte è anche comprensibile e giustificata al contesto, ma la seconda ci ha impressionato.

Il nostro interlocutore, con cui sorseggiavamo una birra, ci ha chiesto perché, secondo noi, dopo cinque minuti si doveva cortesemente “leggere a voce alta”.

Gli abbiamo spiegato che il consiglio del circolo Arci di Galciana funziona come un Komintern: le attività sono tutte disciplinate in modo da ottenere il miglior vantaggio sociale, ottimizzando costi e risultati.

Probabilmente il presidente del Circolo potrebbe spiegare meglio l’esatta ratio del cartello. Forse, ci sono più motivazioni: la prima, “comunista”, presuppone il sacrificio del singolo (che legge) in vantaggio della comunità, che non deve fare la fila ad attendere (anche il quotidiano) e così, perdere tempo utile.

La seconda presuppone, forse, una giustificazione “economista” nella coercizione imposta dal “consiglio/comitato centrale” galcianese che, con tale prescrizione, impone la necessaria sollecitazione dell’utente a non sentirsi troppo individuo-ividualista, e a leggere solo i titoli degli articoli e non il contenuto dei testi, limitando con ciò la comprensione accurata del fatto e, dunque, riducendo la qualità della conoscenza e dell’informazione.

Insomma una strategia di contenimento e controllo dell’autodeterminazione del singolo alla comprensione della realtà e una repressione della capacità di autopromozione individuale: una “formazione” alla rovescia ben tipica della cultura sovietica, anche odierna.

Ma il categorico e austero appello suggerisce anche alcune domande:

  • chi controlla lo scadere dei cinque minuti?
  • Se, al termine dei cinque minuti, si passa a altro quotidiano presente nella sala, si può proseguire nella lettura in silenzio?
  • La voce del lettore – che fosse ostinato al superamento del limite temporale determinato dal consiglio – deve essere modulata passando dal titolo al testo?
  • Sono ammessi commenti del lettore con delle piccole digressioni?
  • Si possono leggere le notizia di cronaca rosa o i gossip?
  • E, per lo sport, quale sport si dovrà privilegiare, dopo il calcio?
  • I presenti possono chiedere spiegazioni su alcuni termini o temi?
  • Per i compagni migranti, sono ammessi dei traduttori simultanei?
  • E, soprattutto: chi sgarra, dove finisce? In Siberia o a cavar sassi in Calvana…?
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