Garantista e divisionista (delle carriere dei magistrati) così potrà definirisi l’Avv. Gaetano Berni che ci ha rilasciato una scottante interventa che – ahinòi – conferma tutte le notizie di malaffare che abbiamo scoperchiato proprio in sarcofago city
FIRENZE. Abbiamo conosciuto il Prof. Avv. Gaetano Berni nel recente colloquio tenuto ad Agliana con l’ex Sostituto Piero Tony, salito agli onori delle cronache per la sua significativa esperienza editoriale Io non posso tacere: una testimonianza dedicata alla malagiustizia che espone i cittadini a incredibili (in)giustizie, assicurate da una magistratura palamarizzata tenuta in spregio alle prerogative di servizio che dovremmo aspettarci dalle norme costituzionali.
Un professionista – l’Avv. Berni – di chiara fama per le sue competenze nel settore del diritto internazionale e penale, che parla dunque, con una solida esperienza di mezzo secolo, che lo ha visto impegnato in processi di grande risonanza mediatica.
Le nostre domande, sono dunque incentrate sulle diffuse violazioni della legge che trovano riscontro in errori giudiziari, commessi, alcune volte, per superficialità o per una incomprensibile colposa (o anche dolosa?) violazione delle procedure descritte in anacronistici codici, quello penale e quello di procedura penale, con esiti devastanti per la categoria dei cittadini utenti/indagati.
Le risposte sono riportate in un testo unico e integrato alle domande che le segue. I lettori non avranno difficoltà a sostenere la lunghezza della trattazione, visto il loro alto valore contenuto in soddisfazione alla comprensione del fenomeno della malagiustizia che opprime il paese intero. Dure le critiche alla mancata riforma di separazione delle carriere dei magistrati e alla sostanziale inerzia delle Camere penali, che – ovunque – non hanno mai avviato una severa critica nei confronti delle gravi storture del sistema giudiziario: si potrà difendere dal sistema malato solo il5% dei cittadini facoltosi, che potranno pagare le parcelle agli avvocati.
1) Si può parlare di malagiustizia come conseguenza di un’erronea interpretazione delle norme, spesso violate nelle procedure di giudizio o cos’altro: quali sarebbero le principali revisioni necessarie per codici penale e di procedura penale?
2) Il nostro giornale ha più volte denunciato l’errata applicazione dell’articolo 358 c.p.p., relativamente all’attività della Pg, che spesso è monodirezionale e non si impegna affatto a “cercare le prove a discarico” degli indagati: si tratta di una perversa attività che sembra avere impulso dall’ufficio delle Procure. È questa un’interpretazione che condivide? Diversamente, può illuminarci in merito?
3) Il Pm è ritenuto un plenipotenziario che – protetto da guarentigie costituzionali – dispone attività d’indagine spesso a suo esclusivo punto di vista. Si intenda, ad esempio emblematico, la campagna persecutoria contro Silvio Berlusconi, quella contro Enzo Tortora o Padre Bisceglia.
Non è questa una grave distorsione della quale né Mattarella né il Csm sembrano voler tenere di conto? Ci spiega il suo autorevole punto di vista?
4) Il cittadino medio si chiede perché la generalità delle professioni è sottoposta alla censura critica per colpa, ma non lo sono mai i Magistrati. È una condizione davvero insanabile?
5) Diceva Piercamillo Davigo che “Non esistono colpevoli, ma solo colpevoli non ancora scoperti” esibendo una inquietante volontà inquisitoria: si può dire che la maggioranza dei Pm e sostituti è nevroticamente soggetta a una sindrome di giustizialismo patologico?
6) Se è vero che i concorsi in magistratura mettono in evidenza della gravi lacune formative nei candidati, è giustificato pensare a un esame della personalità dell’aspirante magistrato, per escluderne psicopatologie latenti, ma destinate a emergere nella professione?
7) Lei ha già spiegato che solo in Italia non esiste la separazione delle carriere dei Magistrati. Riuscirà, a suo avviso, l’imminente riforma del Ministro Nordio a sanare questa gravissima deviazione che limita — purtroppo — l’indipendenza dei magistrati giudicanti?
8) È fatto notorio l’esistenza di cordate, presenti da sempre in Magistratura, per il controllo di Procure strategiche (si pensi ai casi di Roma e Milano). Osservando il fenomeno è da chiedersi: come possono dei centri di potere occulto insinuarsi in certi ambienti violando la libertà e la dignità dello Stato democratico, restando impuniti?
9) E le Procure delle città minori, come non pensarle esposte a tali infiltrazioni di perversi interessi di malaffare lobbystici?
10) Le camere penali non sembrano sensibili a censurare i magistrati che commetto violazioni di procedura: sono, dunque, a suo avviso, incapaci o conniventi con il sistema descritto?
11) Lei ha seguito l’inchiesta della Concorsopoli di Firenze, nella quale sono emersi nomi di alti dirigenti della sanità, della magistratura e delle forze dell’ordine, tenuti con giuramenti solenni al rispetto delle regole costituzionali disattese: dopo oltre tre anni dall’emersione dei fatti, sa qualcosa sugli esiti dell’inchiesta portata alla luce da un integerrimo luogotente delle fiamme gialle, massacrato dal dottor Coletta?
12) La magistratura, secondo lei, è davvero un sistema che – nel lungo periodo – ha surrogato la funzione di indirizzo della politica del sistema paese, sostituendosi al Parlamento?
13) Come vede gli esiti di una revisione dell’ordinamento ispirata alle regolamentazioni del diritto che trova sorgente nella Cedu di Strasburgo?
14) La sistematica violazione del segreto d’ufficio per le intercettazioni telefoniche ha visto il suo più diabolico esempio nella storia di Berlusconi: davvero le cancellerie sono un colabrodo o, diversamente, vi è stata inerzia da parte del Ministero a provvedere con le dovute revisioni implementando i controlli interni e le necessarie repressioni?
15) Vogliamo richiamare l’articolo 21 per ricordare la recente chiusura del nostro quotidiano – con tanto di decreto del Gip – in ipotesi di stalking giornalistico. Ci illustra, cortesemente, la sua opinione in proposito?
RISPONDE L’AVV. GAETANO BERNI
La c.d. mala giustizia è un fenomeno non eliminabile, che ha suscitato le doverose lamentele da parte di tanti cittadini.
Se, per caso, la malagiustizia è derivata dalla erronea applicazione di norma saremmo dinanzi ad una ipotesi di colpa grave del giudice, con il possibile diritto al risarcimento del danno da parte della persona che ha subito questa ingiustizia.
Da alcuni anni si è affermato, in giurisprudenza, che il mutamento, in senso favorevole, del c.d. ”diritto vivente” deve comportare la sua immediata applicazione; il problema però si complica perché se il processo è ormai definito, si dovrebbe procedere con una domanda di revisione, assai complessa e di esito non scontato, perché un giudice non è così disponibile ad affermare che un suo collega ha sbagliato ed in modo significativo.
L’ art. 358 c.p.p. che Lei mi ricorda, è una disposizione di natura, per così dire, organizzativa, ma priva di qualsiasi sanzione processuale, qualora il P.M. ometta, sebbene sollecitato, di svolgere indagini in favore dell’ indagato.
La scarna giurisprudenza che si è interessata della questione, ha ribadito questo principio, e comunque è illogico pensare che un P.M. acquisisca dei mezzi di prova idonei a smentire le ipotesi investigative sulle quali stava lavorando.
A ben vedere la questione investe l’ onestà intellettuale di quel P.M. e secondo la prassi ormai diffusa, il P.M. che non intenda fare indagini in favore del’ indagato, utilizza, come alibi morale, la circostanza che il codice prevede le indagini difensive, che poi, in pratica, non sono determinanti per dimostrare l’ innocenza del malcapitato imputato.
Debbo soggiungere che queste indagini hanno dei costi, non trascurabili, e ciò aumenta l’ ingiustificato divario fra l’ imputato ricco e quello che invece non è.
Il potere assoluto del P.M. sia durante le indagini sia durante il processo, può essere quanto meno, attenuato con una radicale separazione delle carriere e mi spiego.
Se un P.M., per ragioni poco commendevoli, indaga una persona, l’ esito di questa indagine sarà poi sottoposto alla valutazione di un soggetto assolutamente indipendente che è il giudice; allora è molto probabile che questo strapotere possa
essere, se non eliminato, quanto meno attenuato dalla possibilità, che poi un giudice sarà legittimato a decidere in modo assolutamente diverso.
Separazione delle carriere sta ad indicare formazione culturale, professionale diversa, senza alcuna contaminazione o collusione fra P.M. e Giudice e sarei dell’ opinione che forse sarebbe opportuno che il P.M. fosse elettivo, nel senso che una volta accertata la sua professionalità, un collegio misto formato dal politici, giudici ed avvocati, deciderà la nomina e l’ Ufficio nel quale
poi eserciterà la sua funzione.
In questo modo, sarebbe possibile ridurre il rischio di possibili contaminazioni, accordi sottobanco etc. e come mi permisi di segnalare in altra occasione, nel Canton Ticino il Procuratore del Cantone era un distinto legale che aveva deciso di fare una nuova esperienza professionale, ma nessuno, ripeto nessuno, si è permesso di pensare che tutto ciò potesse ledere i principi della democrazia.
In un sistema nel quale lo strapotere di alcuni P.M. può incidere sul regolare svolgimento della vita democratica, è ovvio domandarsi se costoro non rispondano, laddove sia dimostrata la colpa nell’ esercizio della funzione.
In effetti esiste una legge che prevede la responsabilità per dolo e colpa grave, ma il problema, come al solito, è un altro.
L’azione risarcitoria viene svolta davanti ad altri giudici, ma non sappiamo se per ragioni di correnti o per altre poco commendevoli ragioni, si cercherà di salvare, ingiustamente, il collega che ha agito con molta scorrettezza.
Vi è stata una proposta di legge, che condivido, in forza della quale tutte le azioni di responsabilità nei confronti sia di professionisti sia di magistrati, dovessero essere affidate ad un collegio misto, e cioè formato da magistrati, legali, commercialisti etc.; ad oggi non mi resulta che questa legge sia andata avanti e penso che prima si dovrà risolvere il grave problema della separazione delle carriere.
In merito, mi sono permesso di pensare che gli argomenti evocati dai nostri politici, sono deboli, ma non so se ciò derivi da poca cultura o da opportunità politica.
È però certo che l’Italia è l’unico Stato europeo che non prevede la separazione delle carriere fra P.M. e Giudice, ma che prevede invece la c.d. obbligatorietà dell’azione penale, che non è prevista in Francia, mentre in Germania è invalso l’ istituto della discrezionalità motivata.
Non solo.
L’Italia è dopo, credo, la Bulgaria, lo Stato più condannato dalla CEDU per violazione sistematica dei diritti dell’uomo e mi permetto di segnalare in connessione con quanto ho scritto in precedenza, un articolo del Dr. Spadaro, già Procuratore Generale a Torino.
Costui evocava in parere di un illustre membro della Camera dei Lord di Sua Maestà, nel quale si metteva in evidenza che le decisioni dei giudici gradite ai politici, hanno come conseguenza una modesta tutela dei cittadini.
Ma il dott. Spadaro, ovviamente non ha ricordato che questo autorevole giurista, non è approdato alla Camera dei Lord, dopo avere vinto un banale concorso ed aver goduto di appoggi correntizi, ma è stato eletto dalle associazioni dei legali, approvato dal Parlamento e poteva godere di un curriculum universitario di un livello altissimo, sconosciuto in Italia.
In questo difficile contesto, potrebbe pensarsi che le Camere Penali, potrebbero o dovrebbero intervenire per ridurre almeno le anomalie del sistema.
Tutto ciò ad oggi non è avvenuto, per la semplice, ma risolutiva ragione, per la quale, un tempo, le Camere Penali, raccoglievano l’elitè dei professionisti nazionali e ricordo con commozione i Presidenti, che tanti anni fa si sono succeduti e, fra questi, il mio adorato Maestro l’ Avv. Restivo, cugino del Ministro omonimo, che si poteva permettere un confronto costruttivo con qualsiasi magistrato.
Oggi le Camere penali sono composte, in gran parte, da legali, che hanno patrocinato cause a spese dello stato, con un impegno professionale risibile.
Sono anche un mezzo per farsi pubblicità, ma nel contempo i rispettivi rappresentanti sono privi di autorevolezza e quindi non intendono avere un confronto duro, ma leale, con la magistratura.
Il problema allora si sposta sul ruolo dell’avvocatura, ed anche in questo caso siamo dinanzi ad una anomalia nazionale.
Per farLe un esempio, fino a pochi anni fa, un legale che si era contraddistinto nelle c.d. “cause dei parafanghi”, poteva, per anzianità, ottenere il patrocinio in Cassazione, con i resultati che possiamo immaginare.
In altri Stati europei tutto ciò è impensabile, perché questa regola è posta anche a tutela dell’imputato, che, solo così, potrà avvalersi di un professionista competente e preparato.
In conclusione e fermo restando che sono a Sua disposizione per tutte le integrazioni che riterrà necessarie, il sistema giudiziario nazionale richiede una totale rivisitazione non solo, ad esempio, per la separazione delle carriere, ma anche per le promozioni per semplice anzianità, per l’ assenza di un qualsiasi controllo sulla vita privata del giudice, e per la carenza di una concreta meritocrazia.
Di converso anche il ruolo dell’ avvocatura richiederebbe una disciplina, in sintonia, con quanto avviene in Europa e spero che la crisi economica che si è abbattuta in Italia e altrove, induca i politici a pensare solo al bene dei cittadini.
Avv. Gaetano Berni