È appurato che abbia vinto il premio. Ma nel bando di concorso era precisato esplicitamente questo: “Si privilegeranno… i progetti che dimostrino di uscire dalle demarcazioni e dagli standard di genere, assumendosi il rischio dell’esplorazione, della contaminazione e degli sconfinamenti”.
La pièce in questione è risultata quindi vincitrice perché si è distinta in ambito squisitamente gender, con la finalità espressa e precipua della lotta agli stereotipi maschili e femminili.
Il ministro Giannini aveva dichiarato in una circolare ufficiale che l’ideologia gender non deve essere utilizzata come metodologia per prevenire o contrastare il bullismo e la violenza di genere, minacciando di adire a vie legali contro chiunque affermasse che il Ministero della Pubblica Istruzione approva tale teoria nell’istruzione.
Evidentemente ci prendeva in giro oppure adesso si osa di più visto che l’attuale ministro è la principale sostenitrice dell’introduzione del gender nelle scuole.
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Le amministrazioni comunali infatti continuino a finanziare con soldi pubblici questo tipo di progetti che le istituzioni scolastiche includono tranquillamente nei loro piani dell’offerta formativa, presentandoli come attività didattiche volte a educare al rispetto e all’accoglienza solo per strappare il consenso alle famiglie.
Stiamo assistendo a una vera e propria imposizione del pensiero unico dominante a partire dai luoghi di formazione delle nuove generazioni mediante una usurpazione, effettuata con l’inganno, del ruolo insostituibile dei genitori e del loro sacrosanto diritto di scegliere la linea educativa ritenuta più giusta per i propri figli, soprattutto in ambito affettivo e sessuale.
Al di là dei pareri di autorevoli psicologi – condivisibili o meno – sulla bontà dello spettacolo teatrale, come insegnante, oltre che come consigliere comunale, dico no a questo subdolo tentativo di colonizzazione ideologica, invitando le famiglie ignare e perplesse a dissentire.
Elena Bardelli
Consigliere Comunale Fdi-An