FIRENZE-PISTOIA. La vicenda nasce nel 2013: allora il Cis srl (oggi Alia spa) faceva pagare l’Iva sulle bollette della Tia e in molti hanno fatto ricorso per avere la restituzione dei soldi indebitamente versati.
La giurisprudenza era bene consolidata in Cassazione e non vi era alcun bisogno di fare alcuna azione legale.
Ma il Cis srl-Alia spa sapendo che, comunque, la richiesta di restituzione avrebbe fatto desistere il cittadino/utente/suddito, già vessato anche per la necessità di progressivi crescenti adempimenti anche costosi per il raggiungimento di una sentenza, ha sempre risposto negativamente alle richieste di rimborso; o meglio non ha risposto, eludendo qualunque commento alle richieste e tenendosi i quattrini indebitamente incassati.
Un utente/suddito pistoiese ha prima inoltrato una diffida con lettera raccomandata, poi ha tentato la “conciliazione” presso la Camera di commercio e poi ha attuato (diligentemente, per non essere considerato né temerario nè litigioso) una procedura di negoziazione assistita: per questa ultima ha speso circa 400 euro complessivi, essendo necessaria l’assistenza di un procuratore, l’avvocato Simona Melani del foro di Pistoia, che ha seguito l’intero iter processuale fino alla vittoria.
La vertenza si è poi spostata (siamo al 2016) dal Giudice di Pace competente per fascia di importo, cioè l’avvocato Ilaria Bagnoli, a noi nota anche per un’altra discutibile sentenza che è, anch’essa, finita in appello.
Sulla vicenda Cis/Alia, la sentenza della Bagnoli restituiva, sì, i 90 euro di Iva oggetto della richiesta, ma decideva di negare il rimborso delle spese di negoziazione assistita.
Un atto grave, soprattutto illogico, che puniva il comportamento prudente del cittadino “truffato”, costretto, suo malgrado, a una lite difficilmente sopportabile quanto a spese da ritenersi ingiuste e dannose.
Vista la motivazione del giudice Bagnoli, il cittadino/utente/suddito non ha chinato la testa dopo aver subìto una specie di beffa con danno. E si è rivolto al Tribunale di Pistoia per l’appello, che è stato correttamente deciso dal giudice dottoressa Lucia Leoncini, condannando Alia alla rifuzione di tutto il danno.
Questa vicenda è emblematica per come evidenzia l’arroganza e l’ottusità di certi soggetti, sopratutto se in partecipate, che partono con l’idea di avere un posizione dominante a prescindere, e infinite risorse economiche a confronto con i singoli utenti.
Sfidano, infatti, in modo temerario ogni regola di buon senso, logica e soprattutto di legge, confidando di restare impuniti in quanto non inconsapevoli della loro capacità di schiacciare il cittadino/utente, ma non sempre suddito.
Chissà cosa potrà dire la Corte dei Conti di questa incredibile vicenda quando le verrà sottoposta proprio in considerazione dei circa 1.300,00 euro di risarcimenti versati da Alia al cittadino con spreco di denaro pubblico?
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