giustizia & nebbie. GLI STRANI RAPPORTI DELLA GUARDIA DI FINANZA CON MILITI E PROCURA

Il suicidio del militare della guardia di finanza c’impegna in alcune considerazioni per dar voce a chi non può usarla impunemente. Nuovi luci sul buio profondo di certe realtà pistoiese


 


NON SI DEVE PIÙ RISPETTO

A UN UOMO CHE ALLA VERITÀ


 

La caserma della Guardia di Finanza a Pistoia

 

PISTOIA. La drammatica lettera del militare della guardia di finanzia Beniamino Presutti è surreale.

Una età, quella del finanziere – 50 anni – che non è tale da impegnare in un bilancio esistenziale di chiusura. La terminologia di apertura della lettera di addio/denuncia è peraltro surreale per la presenza di termini soliti al linguaggio burocratico.

EccO un passaggio eloquente: Lo scrivente Presutti Beniamino, nato a Perugia il 20/04/1972 residente in Vitorchiano (Vt) via Bachelet e domiciliato in Pistoia via Foresi, Maresciallo Aiutante della Guardia di Finanza in servizio presso la Sala Operativa del Comando Provinciale di Pistoia, scrive la presente mail alcuni minuti prima del proprio decesso al fine di far conoscere le cause che lo hanno portato a prendere questa decisione.

Il suicida, non usa la prima persona, ma il participio presente, specificando la data di nascita, la sua residenza e domicilio, proseguendo con il grado e la funzione: tutti dati superflui per una valutazione del suo drammatico gesto che compirà con incredibile lucidità, di lì a poco.

Infatti, la portata della dichiarazione elettronica (si tratta di una mail convenzionale, spedita alle redazioni dei quotidiani nell’imminenza della decisione finale) arriva pienamente quando specifica: alcuni minuti prima del proprio decesso (eufemismo per descrivere una morte autodeterminata) che, sopraggiungerà di lì a pochi attimi per delle gravi cause che lo hanno portato a prendere questa decisione.

Fermiamoci qui: “gravi cause”. Quali siano le cause, lo spiega in modo sufficiente, ma è davvero tutto?

A noi di Linea Libera, che, a nostro parere ma in realtà, siamo stati perseguitati da stalking giudiziario, con pervicacia, dalla procura di Pistoia e poi condannati dal giudice Luca Gaspari a vari anni di carcere per un cumulo di vergognose querele-bavaglio, torna subito alla mente un’analoga condizione di mobbing sul lavoro avvenuto – come riporta il quotidiano Libero – al comando della guardia di finanza di Firenze, dove un altro militare, Daniele Cappelli è salito agli onori delle cronache (questa sarebbe la definizione corretta, ma lo sarà per l’integerrimo finanziere?) per essere stato, lui – riporta sempre Libero quotidiano –, troppo efficiente (e perciò fermato dal sostituto Tommaso Coletta) nell’indagare sulla sorella di Luca Turco, collega del Coletta stesso, sullo svolgimento dell’indagini di un concorso “pilotato”: l’ennesima vicenda di Concorsopoli nella sanità fiorentina, sempre magnificata da una pseudo-giornalista al servizio del Pd, la signora Daniela Ponticelli, usata pure come spia da Paolo Morello Marchese, checché abbia deciso il giudice Gaspari per darle ragione nelle sue lagne di querela, senza approfondire i fatti in sé stessi nella loro incontestabile vertità. Fatti, si sottolinea, tutti documentati com’è costume di Linea Libera il giornale da perseguitare e silenziare (neretto aggiunto dal direttore bianchini).

La storia del finanziere che sarebbe stato perseguitato da Tommaso Coletta

Le dichiarazioni rese dal Cappelli (che si dichiarava perseguitato da Coletta & C) al Csm, sarebbero purtroppo, se confermate, davvero emblematiche di un gestione “pilotata” di quella che burocraticamente si chiama viene chiamata “Autorità Giudiziaria”: l’espressione più alta – direbbe la Gip Patrizia Martucci – delle indiscutibili «autorità costituite», in quel malcostume che, nella procura di Pistoia, ha visto perseguitato, con mobbing e stalking, il luogotenente Sandro Mancini, peggio del fumo negli occhi per il PM Dell’Anno, rimosso dal Csm perché dichiarato sostanzialmente incapace di gestire le sue mansioni, e dalla sua longa manus, il sostituto Giuseppe Grieco, che, a parere di chi scrive questo neretto, ne sta persegeguitando l’autore perché, contrariamente agli altri “gionalisti” di Pistoia, sfidò la procura e la sua autorità indiscutibile seguendo tutto lo sconcio del processo-Mancini in primo grado e in appello (anche qui neretto aggiunto dal direttore Bianchini).

I commenti dei feisbucchiani apparsi sulla notizia del suicidio del finanziere, sono in prevalenza disincantati, esternando la più banale generica e impersonale condoglianza e lutto, mentre altri sono più genuini e ricordano che questo sarebbe il secondo militare che a Pistoia si dà la morte; altri invocano delle indagini supplettive per verificare la fondatezza dell’ipotizzata sussistenza di una vessazione prolungata nei confronti del suicida che speriamo di sapere smentita dalle indagini.

È vero che nelle caserme della GdF si “getta la polvere sotto al tappeto”? È vero che nella caserma di Pistoia (ma cosa ne è delle altre dislocate nel resto d’Italia?), come ha scritto il Presutti, la gerarchia vuole che agli occhi dell’opinione pubblica l’immagine del Corpo appaia perfetta, senza interessarsi minimamente del personale? In metafora, siamo al fenomeno delle SS drogate per poter apparire come dei guerrieri da Nibelungenlied degno di essere musicato da Richard Wagner? (ancora neretto del direttore Bianchini).

Questa infelice condizione, sembra che sia stata denunciata anche a Firenze dal suicida (poi anche lui demansionato, mobbizzato e oggetto di stalking militar-giudiziario); perciò sarebbe interessante sapere se il “corpo” della Guardia di Finanza o il Ministero degli Interni intendano aprire opportune indagini su scala nazionale, assicurando un’inchiesta ad hoc (ma seria, non assolutoria come al solito) per capire se c’è o non c’è stata questa malsana gestione oppressiva del personale.

Alessandro Romiti
[alessandroromiti@linealibera.it]


 


 

dies irae. LIBERA NOS, DOMINE,

DE MORTE ÆTERNA. . .

 

La logica di Aristotele, ignota a procura e tribunale penale (ma anche civile) pistoiese, suggerisce un paio di considerazioni di “verosimile” (o “vero poetico” manzoniano) sui reali rapporti procura-polizia giudiziaria a Pistoia

 

Il titolo di questa nota è trasparente perfino a chi non conosce il latino come l’avvocata Elena Giunti, la difensora a spada tratta di tutte le calunnie, le falsità, le stupidaggini, le coglionerie del ragionier non-dottor, a cui il giudice Luca Gaspari ha dato pieno credito, evitando con cura meticolosa di studiarsi tutte le carte che riguardano la viabilità quarratina. E l’ha fatta davvero grossa!

NODI AL PETTINE. È un vero problema che il giudice Luca Gaspari definisca le situazioni da me narrate nei miei articoli come prive di fondamento. Ciò significa una sola cosa: o che il giudice non sa leggere i documenti certi e ufficiali rilasciati dallo stesso Comune di Quarrata; oppure che si è fatto prendere la mano, in ipotesi, dal desiderio di voler salvare Iuri Gelli, l’ultra-falsario dirigente e responsabile dell’ufficio tecnico, da un’ipotesi di falsa testimonianza. Il problema, ovviamente, non è mio, di Edoardo Bianchini: è suo, di Luca Gaspari. Queste e moltre altre carte, Gaspari le aveva. Perché, allora, non ha voluto tenerne conto nelle sue decisioni? Lo stato di diritto cos’è per i giudici di Pistoia?

Anche i giudici commettono errori. Va però detto che, quando sono a loro disposizione tutti gli strumenti certi e attendibili fino a querela di falso, per fare vera giustizia secondo certezza; ma alla fine decidono, come pseudo-Salomoni in trono, di respirare la fuffa di dirigenti come lo Iuri Gelli, figlio e cognato del Pd, limitandosi (cui prodest? Questo traducetelo alla Giunti, perché è più difficile…) a un giudizio, quello sì, destituito di qualsiasi fondamento: allora, se peccano, peccano due volte e sono pertanto doppiamente colpevoli come Luca Gaspari.

A cui chiarisco che questo è il mio parere, su cui si dovrà tornare anche in virtù del brocardo che recita bis peccat qui crimen negat (traducetelo a chi sapete).

Avete letto, sopra, le riflessioni di Alessandro Romiti sul suicidio del maresciallo della finanza di Pistoia Beniamino Presutti.

La sua lettera, anche se v’era scritto che era stata spedita a tutti i giornali, al nostro non è mai giunta: o la avremmo pubblicata senza battere ciglio come ha fatto tuscianews. Parola non mia, che sono inviso e perseguitato in una città di pavidi leccaculo, ma di persona di limpida fede e professione: Andrea Balli. Nessuno di noi ha avuto quella lettera.

Quanto al clima che si respira a Sarcofago City nella caserma della guardia di finanza, lo potete desumere dopo aver letto l’immagine che precede.

Aggiungo solo due cose:

  1. chi inoltrò il mio ricorso, scrivendo che l’esposto era nei confronti di persone da identificare, non la disse per niente giusta ai giudici di Genova. Dètte, se mai, loro una mano per iscrivere, con più facilità, il documento nel registro-ignoti.
    I nomi c’erano eccome! E citati a chiare lettere, ad alta voce e senza peli sulla lingua che batte dove il dente duole.
    Quale, quindi, la ragione di avvolgere di nebbia un esposto la cui responsabilità era e restava solo di chi lo aveva scritto e sottoscritto: cioè io e solo io?
  2. con la preghiera rivolta al PM di Genova («voglia codesta A.G. valutare l’opportunità di delegare le indagini ad altra forza di polizia ritenuta competente»), il finanziere che trasmise il mio esposto, cosa intendeva suggerire a chi dovrebbe vigilare sul corretto comportamento dei magistrati di Pistoia?
    Forse – penso e opino in libertà di opinione – che per il trasmittente pistoiese “sarebbe stato opportuno liberare la GdF de morte aeterna , cioè dall’aria della procura di Pistoia”?

La logica di Aristotele, ignota a procura e tribunale penale (ma anche civile) pistoiese, suggerisce un paio di considerazioni di “verosimile” (o “vero poetico” manzoniano) sui rapporti procura-polizia giudiziaria a Pistoia.

Visti dal di fuori, questi suggerimenti e passi della GdF, ricolmi di cautele e di rispetto a capo chino, sanno tanto di un prudenziale «se li conosci li eviti».

Non avesse a verificarsi quello che si è già verificato con altri a Pistoia. Perché, come dice Primo Levi, «se è successo, può succedere di nuovo» – uno, dieci, cento altri casi-Mancini.

Ma ci sarà tempo e paglia per maturare sorba e canaglia. Abbiate fede.

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]


 

Non voglio essere un privilegiato alla Perrozzi, alla Nesti, alla Blimunda, alla Ponticelli, alla don Baronti, alla Pira, alla Iossa Fasano, alla Sabrina Sergio Gori, alla Benesperi, alla Ciottoli, alla Ferdinando Betti e a chi volete voi o ho dimenticato.

Chiedo solo che facciate in modo che la vostra legge (perché non di rado la amministrate/somministrate come cosa vostra) mi conceda le stesse libertà che sono state date a personaggi come Fedez.

Insomma: lasciatemi cantare con la coscienza in mano… lasciatemi cantare, dal ver non mi allontano!

Mai. perché non sono un baratto o un gazzettiere (termini gozzaniani per politico e giornalista).


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