giustizia pistoiese. SANDRO MANCINI, IL DECRETO PENALE DI COLETTA, ALESSANDRO GALARDINI E IL MISTERO DI VLAD ȚEPEȘ IL SUCCHIASANGUE

Una cosa che mi ha colpito assai, nell’intervento di Galardini, è il suo esternato dubbio esistenziale su cosa potesse significare l’allusione – nello scritto di Mancini – alla Transilvania…


Il professor Galardini si è chiesto cosa c’entrasse Dracula con le forze dell’ordine

 

Le premesse/promesse non sembrano proprio tornare

 

De minimis non curat praetor è una massima iper-famosa in uso nell’ambiente dei signori della legge. Se ne può fare diverse traduzioni. La prima, seria, sarebbe: il pretore non si occupa dei particolari senza rilievo.

Quella media, ma diligente (cioè appetitosa come una jacopina pistoiese ripiena di mortadella, che ha preso una vampata di calore) potrebbe essere: il giudice non sta dietro alle cose minime.

Quella infima, infine, di natura comico-satirica, un po’ alla Wanda Pasquini da Grillo Canterino-Rai anni 50, ma adattissima allo spiritaccio toscano, può sonare così: ma come fa un giudice a perdersi dietro a una caccola o a una cispa in un occhio?

Tutto questo per introdurre commenti e considerazioni sulla seconda udienza dell’infelice decreto penale inflitto al luogotenente Sandro Mancini a firma del PM di Pistoia, Tommaso Coletta, non L’uomo che sussurrava ai cavalli, ma il capo di una procura che prometteva, a Massimo Donati del Tirreno, che la sua sarebbe stata un’azione innovativa rispetto al prima-di-lui: «Lavorerò per la gente comune».

Non posso dire di averlo visto così impegnato, dato che ha affidato la mia vita (due anni e mezzo rovinati da una serie di violazioni inaccettabili del diritto di un cittadino che chiedeva legalità) a un suo subalterno il quale non fa affatto caso all’essere magistrato penale che però lavora nel mondo della facilitazione degli ingressi dei clandestini in Italia (fatto notorio e sempre leggibile pubblicamente sul Tirreno); e che, per di più, opera con la propria consorte, la giudice Nicoletta Maria Curci, nelle medesime materie: fallimenti ed esecuzioni – lui in penale e lei in civile. Se non è così, come disse Giovanni Paolo II, … mi corrigerete.

Vorrei ricordare a tutti che questo règime (dal generale Francesco Paolo Figliolo) democratico piddo-gesuitico-cattocom-bergoglioso, ha fatto, per oltre 25 anni, la guerra a quel vecchietto turbato che ha ancora velleità di sposarsi con giovani ninfe: perseguitato col pretesto del conflitto di interesse/interessi.

De Vicofaro non curat praetor

Poi però la Regione Toscana, sacrario del correttissimo Pd, sceglie il difensore civico regionale, Sandro Vannini, per nominarlo – in contemporanea – dirigente dell’area informativa Toscana Notizie, in una conflittualità quasi da effetto peperoncino rosso in quel posto. Oppure lo stato permette, a Massimo Baffino D’Alema, di pensare a 80 milioni di euro da dividere fra chi, per Costituzione, «ripudia la guerra», ma vende armi a chi la fa. 80 milioni di euro in provvigioni, non certo da far passare attraverso la denuncia dei redditi e l’Agenzia delle Entrate…

Firmando il decreto penale di condanna contro il luogotenente Sandro Mancini, il PM Coletta si è fermato alla cispa nell’occhio di cui sopra. Ed ha aiutato a intasare con caccole inutili la vena già colesterolosa della giustizia locale: che non vede inquinamento, problemi igienico sanitari e di sicurezza a Vicofaro, discariche e percolati pericolosi di cloruro di vinile nei pozzi di Casalguidi o emissioni di diossine e cacche varie dall’inceneritore del Ferdinando Betti alcalde di Montale e sostenitore della Misericordia di Pistoia nell’area del Carbonizzo di Fognano. Anzi: lascia che la sostituta Linda Gambassi chieda di mandare tutto al macero.

All’udienza di stamattina – a cui non erano presenti i giornalisti importanti, forse perché trattandosi di Sandro Mancini, era stata diffusa la direttiva «vietato parlare» come al tempo in cui ciò accadde quando Mancini fu persegui[ta]to da Dell’Anno e da Grieco – io c’ero, in quanto maledetto e persegui[ta]to dalla procura in una serie di processi punitivi e intimidatorii, quanti – immagino – non ne abbia avuti a suo carico neppure il Vallanzasca con i suoi quattro ergastoli e 295 anni di reclusione.

Sono stati uditi in due: Placido Panarello (ex-collega di Mancini, suo subalterno e poi successore e, in quanto tale, corretto quanto volete, ma poco opportunamente scelto come indagatore di persona comunque a lui benissimamente nota); e la stessa persona offesa, il professor Galardini, il cui intervento – se permettete – mi ha lasciato ampi margini di dubbio sulle discolpe portate a favor di sé stesso.

Un sostituo Pm può coordinare le cooperative che favoriscono gli ingressi di clandestini in Italia?

Per ora cercate di accontentarvi solo di questa mia impressione/opinione e, come tale, insindacabile. A settembre, quando parleranno don Ferdinando Betti alcalde di Montale ed altri due, ve ne darò miglior conto.

Una cosa che però mi ha colpito assai nell’intervento di Galardini, è il suo esternato dubbio esistenziale su cosa potesse significare l’allusione – nello scritto di Mancini – alla Transilvania.

Il professore, che ha detto di aver formato generazioni e generazioni non solo di studenti, ma anche di insegnanti, ha saputo aggiungere solo che la Transilvania, oltre che una regione della Romania dotata di una buona università, gli evocava la figura di Dracula il Vampiro.

Risposta insufficiente, caro professor Galardini privato delle deleghe in 24 ore. Risposta non sbagliata, semplicemente mediocre. Facciamo 5+.

Perché Dracula, o meglio Vlad Țepeș, nato, se non sbaglio, a Sighișoara, non si limitava soltanto a ciucciare il sangue della gente…

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]


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