GUIDO BUGELLI POETA, DETTO “DA GALLINA”

La copertina del libro
La copertina del libro

CUTIGLIANO. Se l’Italia è terra di santi e navigatori, la Montagna Pistoiese è terra di poeti e di pastori e spesso, l’essere pastore, coincideva anche con l’essere poeta.

Su tutti, senza togliere merito agli altri, la famosa Beatrice di Pian degli Ontani, nata al Conio, località del Melo sopra Cutigliano.

Stesse origini vantate da Guido Bugelli, non pastore ma contadino e scalpellino, emulo della poetessa, cui tra l’altro era imparentato lato padre.

Ancora una volta Daniela Corsini di Cutigliano, dopo aver raccolto per sé storie e ricordi del proprio paese, li organizza, ne fa un libro, li dà alle stampe e li consegna al tempo, in modo che possano diventare patrimonio collettivo della montagna e bagaglio culturale e peculiare degli abitanti della piccola borgata del Melo. Riconoscersi nelle differenze e far sì che queste non vadano perse.

Il terzo libro dell’appassionata ricercatrice, da poco presentato, è ancora una volta dedicato al suo paese e si intitola: Le Memorie di Guido Bugelli detto “da Gallina” poeta, contadino e scalpellino del paese del Melo.

Il curioso appellativo “da Gallina”, che segue il nome e più spesso lo sostituisce, viene spiegato dallo stesso Guido, nato per giunta nel podere “Pollastro”, nella premessa delle sue memorie: “Mi acquistai quel nome poiché mio babbo comprò il mulino di Gallina – così si chiamava”.

E come la scaletta del pollaio la vita a quei tempi era spesso breve e greve: tanto lavoro e poche soddisfazioni.

La vita di Guido è segnata subito dalla morte dei sui genitori: prima quella della mamma, strappata a questa terra quando Guido aveva appena otto anni e per questo tanto rimpianta e amata con e nel ricordo delle poesie, poi quella del padre quando aveva 15 anni.

Questi tragici eventi segnano in modo indelebile il bambino e la poesia diventa per Guido un modo per esternare, condividere e forse alleviare l’immenso dolore che porta nel cuore:

Con quel terribile male fa duello
Un lettuccio in cucina si venne a fare
Quel giorno maledetto il 1914 febbraio
La mamma lascia i figli e il suo mugnaio.

Ma il mio pensiero era della mammina
Che fece quel viaggio là senza ritorno
Io di anni ne avevo una dozzina
Alla mamma pensavo notte e giorno

La sua produzione poetica è connotata da una velata, struggente, incontrollata e incontenibile malinconia di fondo, anche se ben “asciutta”, dove il senso dell’abbandono e dell’essere abbandonati provati da Guido è preminente.

I ricordi delle vicende dolorose si mischiano a quelli dei pochi momenti felici legati, soprattutto alla prima infanzia passata, pur nelle difficoltà, nel suo Mulino:

Io che l’infanzia la passai a Gallina
Tanti balocchi mi furono regalati
Felice tempo posso ricordare
Sento sempre le macine girare
.

Nella mia infanzia tu mi hai divertito
Ma poi ti dovetti abbandonare
Ma ogni tanto ti vengo a trovare.

Un libro sulla montagna di ieri che parla alla montagna di oggi. Acquistabile nelle edicole della Montagna Pistoiese.

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