hitachi rail. I CARC: «PD, IL PARTITO CHE DIFENDE GLI INTERESSI DEI PADRONI»

 

La dottoressa Carla Breschi, medico e consigliere comunale di Pistoia

LA POLITICA PARLI E SI ESPONGA!


PISTOIA. Cristian Boeri scrive:

Il simbolo del Carc

 

In seguito ai numerosi comunicati circolati in questi giorni sul clima interno all’Hitachi e sui numerosi infortuni causati dall’aumento dei carichi di lavoro in azienda, Carla Breschi (capo gruppo d’opposizione) ha chiesto al sindaco Alessandro Tomasi di farsi portavoce degli interessi di oltre 1500 lavoratori.

La comunicazione della Breschi ha dato il via a numerosi interventi da parte della maggioranza e dell’opposizione. Unico assente al dibattito è stato il Partito Democratico, che pur essendo forza di Governo e forza politica prossima alle elezioni Regionali 2020, ha preferito tacere su una questione che riguarda migliaia di famiglie pistoiesi. Con questo silenzio il PD ha confermato quello che da sempre è: il partito che difende gli interessi dei padroni.

Allo stesso modo, anche il Sindaco Alessandro Tomasi, presente in aula, non ha proferito parola sulla questione perdendo un’occasione per dimostrare la differenza tra la sua giunta comunale e quelle precedenti che tanto ha sbandierato in campagna elettorale.

Un’Amministrazione Comunale che ha a cuore effettivamente la salvaguardia dell’azienda e la sorte delle masse popolari deve attivarsi per contrastare situazioni di pericolo come quelle che si stanno verificando all’interno di Hitachi Rail e ha l’obbligo di occuparsi del destino dei lavoratori della fabbrica e quindi della città di Pistoia. Non ci sarebbe da stupirsi se l’Hitachi Rail avesse acquistato lo stabilimento di Pistoia per conquistare una fetta di mercato europeo per poi spostare la produzione in paesi dove il costo del lavoro e le regole in materia di sicurezza e tutela dell’ambiente sono minori. La tendenza da parte dei capitalisti è quella di chiudere o delocalizzare per far profitto: Arcelor Mittal con l’ex Ilva di Taranto lo conferma.

Il sindaco Alessandro Tomasi e, in generale, la giunta di maggioranza hanno il compito di fare emergere la verità sulla questione degli infortuni in azienda e sui disastri legati all’amianto
dovuti alle connivenze tra politica, sindacati e istituzioni. Difendere e sostenere gli operai che cercano di migliorare le loro condizioni di lavoro a fronte dei padroni (italiani o stranieri) spregiudicati e senza scrupoli che creano un clima da caserma dentro l’azienda significa far valere il principio di Sovranità Nazionale in difesa dell’apparato produttivo della nostra città e del paese intero.

Sezione Pistoia del Partito dei CARC

Per seguire l’intervento della dottoressa Breschi, cliccare qui


MA NON CONVIENE A NESSUNO

Cosa sta cambiando in via Ciliegiole?

 

PARLARE della “Breda” non conviene a nessuno. Non conviene alla politica – in prima battuta del Pd – perché, fino dalle epoche paleozoiche del Pci, bandiera rossa del Circolo Garibaldi in corso Gramsci ci inzuppava biscotto e mani in una colazione continua; e le cose andavano bene così, perché, come i preti con il seminario, i comunisti pistoiesi con la Breda seminavano tessere e voti a chilometro zero.

E non solo i comunisti, fin quando le cose non gli scapparono di mano, all’epoca di Abenante segretario, nel momento in cui Stefano Marini dette vita a Quarrata alla prima “repubblica conciliare”, pietra angolare e chuiave di volta dell’attuale Pd o partito non democratico ma, meglio, democristiano con l’apporto delle margherite di camomilla di diniana memoria.

Anche la Dc inzuppava, spesso e volentieri, in Breda: non fateci ripassare certe lezioni di storia che perfino si intrecciano con pagine della lotta armata e degli anni cosiddetti «di piombo».

Dalla Breda (la famosa Broda di Mazzino Gargini, decano, un tempo, dei giornalisti pistoiesi) sono discese, come dalla candida rosa dantesca di dio, varie stelle della politica: perché la Breda era, temporibus illis, il famoso “Pan di stelle” del mulino rosso-bianco.

Fra i passi errati della Breda, l’inciampo per cui restò con i piedi a Pistoia e con il muso a Napoli, a laude e gloria del compagno Bassolino. Mentre i pistoiesi restarono con un… Bassolino nella scarpa.

Ci fu poi il tempo dello scandalo-amianto, quello che si è chiuso non con il fare chiarezza, ma con una costante operazione di “tombamento” del problema in sé; come si fa quando si copre un corso d’acqua e poi, al momento di una bomba improvvisa dal cielo, saltano coperture e tombini e i liquami scorrono per le strade: solo per poco, tuttavia, perché la memoria è corta e la fede democratica è troppa per arrivare a fare vera pulizia: si scattiva un po’ la mela e poi si rimette a posto. Com’è successo con la Comunità Montana.

Il logo del Pd

A Pistoia – i giornali importanti, quelli che contano, lo sanno, ma anche loro sono broda-dipendenti, in qualche modo – nessuno deve toccare il Pci ⇒ Pd, perché è il partito dei PaDroni, non intesi come manovratori dei quattrini, ma come di coloro che, sotto il manto di una specie di Cavalieri di Malta & Cemento della politica, hanno blindato con colate di calcestruzzo (più spesso di calce-stronzo) la vita di questo sarcofago microcefalico in cui però, fra grembiulini e politici venduti o scambiati come le figurine dei calciatori, ne sono successe d’ogni colore – e quel che non ha fatto la sinistra, solo la sinistra lo sa.

Per certi aspetti Pistoia somiglia a uno scarico abusivo nell’Ombrone: non ha mai avuto una procura e, se l’ha avuta, l’ha avuta (fosse di destra o di sinistra) a “basso profilo”.

Qui l’obbligatorietà dell’azione penale è sempre stata ad ampia e indiscutibile discrezione. Basta un solo paio di esempi per tutti: l’amianto è andato a farsi fottere e chi lo stava seguendo è finito – dopo aver sfiorato anche lo sconcio della Comunità Montana – a fare gianduiotti a Torino. È questa l’aria che tira a Pistoia: dove tutti si inchinano a tutti e insieme confluiscono in Duomo a pregare Sant’Jacopo: guarda caso anche lui con la cappa rossa.

Chi mira alla trasparenza, non può vivere qui; deve emigrare da Pistoia e trasferirsi 70 volte 7 anni in Tibet dove, la miseria endemica, rende i cuori puri e i cieli limpidi di trasparenza divina, dato che nessuno ha nessun altro interesse oltre a quello di nutrirsi con poco e non abbuffarsi di «merdosa pecunia»: vivere di latte inacidito, yogurt e kefir con solo qualche verdura. E carne una volta ogni morte di Dalai Lama.

La «depressa» città di Pistoia – una montagna franata di realtà produttive artigianali e microindustriali – si spalanca solo con la famosa formula magica di «àpriti Sesamo!». Dentro può entrare solo un che sia il metaforico ladro di Bagdad della favola che sa come trattare con i 40 ladroni che transitano al Canto a Balì.

Qualcosa sta scricchiolando, ultimamente; è vero, ma sono solo «falsi positivi»: la Banca Affari della politica pistoiese non soffre ancora del mal della Deutsche Bank; è tuttora solida. Perciò non basta una Breschi che sia a mettere in crisi un sistema (come diceva Palamara, che se ne era fatto travolgere – e forse anche volentieri). E non bastano né grilli né cicale né formiche né scarafaggi né, men che meno, sardine o lasche tegose della Brana e del Basso Ombrone.

Renzi che ruolo giocherà?

Ci provò, in verità, il Padreterno il 5 di marzo quando, al tempo del Bertinelli, scatenò i venti come Eolo nell’Odissea: e non ce la fece. Pistoia, infatti, è come la porta dell’inferno dantesco: «e io eterna duro». Perciò «perdete ogni speranza, o voi ch’entrate».

La storia italiana è legata a Pistoia con la Breda e la Cassa di Risparmio: sono non due, ma tre gemelli siamesi. Finché queste realtà innaturali non si sfarineranno, hai voglia a spingere, dottoressa Breschi!

Possono prendersela calma anche tutti quei sedicenti comunistelli da soprammobile che si rovesciano la giacchetta e passano dal partito dei PaDroni all’InVincibile armata del padrone dei partiti amico di Alberto Bianchi: C’est l’argent qui fait la guerre.

Tutto il resto è minestra data in elemosina: roba – come dice l’Ariosto – che finisce in una apposita valle sulla luna…

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
C’è ancora libertà di critica o si finisce sotto inchiesta?


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