HOZIER, IL ROCK CHE PIACE ALLE ADOLESCENTI

Hozier in blu
Hozier in blu

PISTOIA. Le seggioline blu, in piazza, sono il sintomatico sentore che la prevendita, per il concerto di Hozier, terzo appuntamento di questo 36esimo Festival Blues di Pistoia, non siano andate per il meglio.

Anche se il pubblico, per età e disciplina, o totale assenza generazionale di disobbedienza, è esattamente lo stesso dei Mumford & Sons, la band londinese che all’esordio, il 1° luglio, ha totalizzato un inaspettato e insperato pienone. Lo squadrone del servizio d’ordine del Festival, seppur tutti molto vigili (i disastri succedono quasi sempre quando abbassi la guardia), si possono rilassare.

Qualcuno di loro, del resto, ad iniziare proprio da Silvano Martini, un veterano di mille concerti, molti dei quali paragonabili alle battaglie nelle foreste vietnamite, conosce benissimo le esuberanze e le intemperanze del popolo dei live e quando ha sentito le teen agers in piazza adoperarsi affinché giungessero ad Hozier, che si stava scaldando nel back stage, i gridolini richiesti dal presentatore di turno, ha tragicomicamente sorriso al quadretto, capendo che la serata sarebbe scivolata via liscia, perché ad Hozier, testimonial dell’amore omosessuale, dei bollori sofferti dal suo pubblico femminile, poca gioia ne ha, forse e che nessuno, in piazza, sempre in quel preciso istante, avrebbe probabilmente letto il fax inviato da Janis Joplin, chissà da dove, sul quale, però, c’era solo la firma, Janis: la lacrima, scesale dal viso, non è rimasta impressa!

Il pubblco di Hozier
Il pubblco di Hozier

Ma dopo l’esecuzione del primo brano, scoccato dopo le 22 e senza che prima, sul megagalattico palco di piazza del Duomo nessuno sia salito ad intrattenere il pubblico, paziente e composto, o che dagli amplificatori l’organizzazione abbia mandato in etere brani che potessero deliziare la spasmodica attesa del cantautore irlandese (non ce ne voglia Arianna Antinori, registrata e fatta sentire: ma ci si poteva sbizzarrire con un milione di altri motivi), le adolescenti che lo aspettano in gloria, questo gran bel figo, si ricordano che certe cose, due volte, nella vita, non capitano quasi mai e abbandonata la comodità della seduta blu, si fiondano sotto il palco, appoggiandosi alla transenne.

Hozier, che ha compiuto 25 anni lo scorso febbraio, gode, probabilmente, di fronte a questo impeto di emozioni e adrenalina delle sue giovanissime fan e ricambia lasciando la chitarra acustica per imbracciarne un’altra solista. La sua band, con una contrabbassista in posizione di parto, un’organista, due coriste e qualche giovanotto al resto della strumentazione, è perfettamente sintonizzata sull’aria della festa in piazza e asseconda il diaframma del suo bandleader, notevole e perfettamente impostato.

Hozier
Hozier

L’ordine precostituito della piazza, dopo pochi minuti dall’inizio dell’evento, salta del tutto. Ma anche sotto il palco, le adolescenti dei gridolini continuano a non impensierire: il sound di Hozier, del resto, nella sua totale gradevolezza, non è uno di quelli che induce a rivolte o poghe: in terra, segnale esaustivo, ci sono centinaia di bottigliette di acqua minerale, gatorade e qualche brik di esta the. La birra è restata nelle spine di distribuzione e anche i cani della narcotici, all’ingresso di via Roma, sbadigliano.

Prima delle 23:30, il concerto, bello, suonato bene, con il giusto dosaggio di revival e un futuro già visto, si chiude. Il brano, d’epilogo, non può che essere Take me to church, il motivo che ha dato il titolo all’Ep inciso da Hozier nel 2013 e che lo ha immediatamente catapultato nell’olimpo delle nuove voci, costellato da premi, riconoscimenti e pungoli a proseguire in questa direzione, che è quella che in questo momento di confusione totale e rischi altissimi, lo star system gradisce particolarmente.

Print Friendly, PDF & Email