hühneraugen/calli. QUANDO SI DICE LA SFORTUNA DI AVER PESTATO QUELLI DEL SOSTITUTO CLAUDIO CURRELI E FORSE DI CERTI SUOI AMICI…

La vedete tutti Via Vicinale San Biagio? È in città, a Pistoia, lungo Viale Adua. Ha la targa stradale e la numerazione civica: è di uso pubblico incontrastato e incontrastabile. Perché fra tutti, invece di seguire le simpatie e le antipatie, le «prossimità sociali» e quant’altro, non vi siete dedicati, per prima cosa, alla lettura della normativa e allo studio del tema che vi avevo proposto di esaminare quattro anni fa?


E se il proprietario di questa strada con servitù di uso pubblico si alzasse un giorno e la murasse impedendo la circolazione dei veicoli, che direbbe la procura?


SOLTANTO A QUARRATA È REATO CHIEDERE

L’APERTURA DELLE VICINALI-INTERPODERALI?


 

Per Curreli l’articolo 358 cpp è solo una gentile concessione che dipende unicamente da lui. Di solito la nega, ma ad alcuni personaggi la concede generosamente. Anche troppo

 

Ormai da quattro anni sto lottando come un disperato contro l’analfabetismo – o forse qualcosa di assai peggiore – della pubblica amministrazione: dal Comune di Quarrata e alla procura di Pistoia.

L’andazzo è iniziato quando, rivendicando la pubblicità delle strade vicinali-interpoderali (e delle aree di sosta lungo esse), quella specie di «carciofo alla giudea» di Marco Mazzanti, per non pestare i calli a un suo cittadino protetto (il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi), insieme al suo sceriffo dei vigili Marco Bai e al suo stra-protetto Iuri Gelli (entrambi falsari e/o falsi testimoni), fece finta di non sapere e, soprattutto, non intese dar corso alle leggi della repubblica e ai regolamenti comunali in vigore approvati da lui stesso come sindaco.

Della stessa “risma carciòfica” si sono dimostrati una caterva di dirigenti e direttivi, a iniziare dai segretari comunali quarratini: da Grazia Razzino all’attuale responsabile, indegno, dell’anticorruzione degli uffici, il generale Luigi Guerrera.

Tutti dottori, tutti laureati, tutti ingegneri, tutti blasonati. Ma di fatto delle due l’una: o analfabeti o collusi con il malaffare che mangia il midollo del popolo e sacrifica chi vuole la vera legalità e non quella delle corsettine a piedi col Romitino che gongola.

Non meglio il resto della struttura pubblica italiana: dalla stupida Regione Toscana che, nel 1995 dichiara che certe aree collinari sono “a tutela ambientale”, mentre, un paio di anni fa, smentisce (ovviamente mentendo) se stessa e afferma che le medesime aree non erano soggette a nessun vincolo.

Richiamato all’ordine, il carrozzone dei beni colturali e ambientali tace da allora. Ha avuto in ictus della favella e si è così favellato dalla testa ai piedi, facendo la figura che doveva fare: quella di una beata minchia.

Il cittadino della provincia di Pistoia vive così: in un mondo non al contrario, ma capovolto. Il cervello è schiacciato sotto i piedi e calli stanno al posto della testa.

Non meglio l’ufficio del territorio della prefettura che, in quattro anni, non ha mai dato segno di vita: in coma, sempre. Forse da sempre nonostante il rigirìo dei prefetti che, abolite di fatto le province, mantengono una sola funzione attiva: la riscossione di stipendi gettati a manciate dalla carrozza del re che passa, di qualunque colore o sangue sia.

Signori, le strade vicinali-interpoderali devono restare aperte e se non sono aperte vanno riaperte e se sono state snaturate devono essere ripristinate e il Comune ha il dovere di prevedervi appositi spazi per parcheggio e manovra. Stuadiate, Salomoni della legge!

Ma l’aspetto più graveolente di tutta questa situazione, quello che pone l’Italia sventurata a livello dei sanguinari riti di strappo del cuore a torace aperto tipici di certe civiltà precolombiane, credo – e lo dico con la libertà di opinione e di critica di cui all’art. 21 Cost. – sia stata la posizione assunta dai calli da me pestati al sostituto Claudio Curreli.

Il quale, sulla storia delle vicinali-interpoderali e del Perrozzi ragionier non-dottore, ha costruito da sùbito, di lì partendo, giorno dopo giorno, una nuova cattedrale della sua discutibile “storia professionale” di pubblica accusa.

È sorta una solenne Notre-Dame, tirata su sopra l’indecente plinto del processo di Padre Fedele Bisceglia e proseguita, su terra pistoiese, lungo il sentiero dell’infrangere senza riguardo ogni incompatibilità ambientale e ogni scorrettezza, formale e sostanziale, quando, a braccia aperte, non disfà il decreto-Cutro come l’Apostolico, ma lavora palesemente contro le leggi della repubblica che dovrebbe servire «con disciplina ed onore». E tutto questo nel silenzio complice di numerosi suoi altri colleghi e subalterni.

Assecondato da Tommaso Coletta, il Pm che salvava la sorella del suo superiore fiorentino Luca Turco; seguìto liberamente dal sostituto Grieco, credibilmente avverso a me per la storia – immonda – del processo contro Sandro Mancini; facilitato da certa superficialità di giudizio (sempre a mio parere) della Gip Martucci, la magistrata dai facili arresti; ascoltato benevolmente dal timido Luca Gaspari: Claudio Curreli, senza leggere una riga dei materiali, che ha confezionato e fatto confezionare dalla sua più o meno inesperta tirocinante con il copia-incolla, ha imperversato in lungo e in largo, ponendo chiari paletti intorno a personaggi (possiamo pensare a lui noti e in certi casi anche cari o è vietato anche pensare per la procura?) che avrebbero dovuto avere non l’assenso e il via libera a far danni, ma il fatto loro per essere portati a riflettere sulla legalità; non la garanzia di cavarsela comunque, ma la certezza della pena per certe loro inammissibili prevaricazioni.

Ecco. A queste persone tutte, che hanno applaudito alla mia condanna a due anni e dieci mesi solo per avere scoperto la lapide della fossa biologica che ora sta lentamente esondando anche sulla collettività con evidenti segni di marciume e verminaio; a questi individui che hanno poi fatto di più, ingannati dallo stesso ordine dei giornalisti nelle persone dei presidenti Carlo Bartoli e Giampaolo Marchini, fino al punto di sequestrare e oscurare Linea Libera a protezione di personaggi quantomeno ambigui (Perrozzi, ripeto; Andrea Alessandro Nesti, il mai-comandante dei vigili di Agliana superprotetto da Pd e sinistra; sua moglie, donna letterata, educatrice del liceo scientifico di Pistoia, scrittrice e hater visibile perfino al cieco Omero dell’Iliade e dell’Odissea): a tutti costoro vorrei qui – tornando al punto di partenza: le strade vicinali-interpoderali chiuse illecitamente dal Perrozzi – proporre una riflessione, sempre ammesso che ne siano capaci.

La vedete tutti Via Vicinale San Biagio? È in città, a Pistoia, lungo Viale Adua. Ha la targa stradale e la numerazione civica: è di uso pubblico incontrastato e incontrastabile. Perché fra tutti, invece di seguire le simpatie e le antipatie, le «prossimità sociali» e quant’altro, non vi siete dedicati, per prima cosa, alla lettura della normativa e allo studio del tema che vi avevo proposto di esaminare?

Da che parte sta Curreli? Con la legge o contro la legge? Dov’è la sua terzietà e imparzialità?

Personalmente non sono un indiscutibile ermeneuta della legge. Ma una cosa è certa: so leggere e capire l’italiano. E se nessuno di voi, a partire da Claudio Curreli, è giunto a queste stesse conclusioni, il motivo non può che essere dipeso da due fattori: o una marcata carenza di requisiti intellettivi e di studio; o altre mille ragioni di una serie che potrebbe iniziare anche con una o più o groppe «prossimità sociali».

Tertium non datur, altra via non c’è. Per cui, come docente, anche universitario, mi chiedo (permettendomelo sempre ex art. 21 Cost.) come sia stato possibile che chi ha combinato questa serie di indecenti pasticci, abbia potuto prima laurearsi in legge e poi passare un concorso in magistratura.

Ma devo purtroppo concludere che le vie della provvidenza, in Italia, sembrano essere proprio infinite…

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]


Mi spiace, ma i responsabili dell’Ordine dei Giornalisti vi hanno ingannato, signori della procura!


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