i danni della sinistra. MONTECATINI TERME, I VOLI DI ICARO E LA MONTAGNA IGNORATA

Dante, Vanni Fucci nell’illustrazione diGustave Doré
Dante, Vanni Fucci nell’illustrazione di G. Doré

MONTAGNA. Da anni e senza apprezzabile costrutto la classe politica dirigente pistoiese di colore rosso e con targa ora illeggibile, nell’intento di acquisire una propria visibilità affannosamente cerca l’inserimento del capoluogo tra quelli che il mondo classifica come ricercate mete per turisti e visitatori.

Proponimento assai lodevole perché i pregevoli monumenti esistenti in città meritano davvero di essere conosciuti ed anche perché il pistoiese di città non ha ancora digerito quanto ebbe a scrivere il sommo Dante Alighieri “mul ch’i’ fui; son Vanni Fucci bestia, e Pistoia mi fu degna tana e quanto sentenziato da Gabriele D’Annunzio che la definì “città di crucci, aspra Pistoia, pel sangue de’ tuoi Bianchi e de’ tuoi Neri, che rosseggiar ne’ tuoi palagi fieri veggo”.

“Oddio – sussurra una vocina – anche se i crucci dei pistoiesi hanno antica e sanguinosa storia, le conseguenze tuttora si trascinano dando origine a mai sopite rivalità e invidie. Invidie nei confronti delle vicine Firenze, Siena, Lucca, rivalità verso un tempo splendida Montecatini e verso l’Alta Montagna Pistoiese ricca di personaggi pubblici saggi ed illuminati, di imprenditori privati che costruirono fabbriche, stabilimenti, centrali idroelettriche, strade ferrate e dettero il via a quel turismo d’élite che rapidamente fece fiorire la Val di Nievole e la montagna. Tanto che territori – paludosi nella piana o adibiti alla pastorizia in montagna – divennero in breve prestigiose località di cura, soggiorno e turismo frequentate da teste coronate, nobili, cattedratici, artisti di chiara fama. Il tutto mentre la nobiltà agraria e gli assonnati proprietari terrieri pistoiesi rimanevano immobili badando ai raccolti dell’olio, del vino e delle granaglie con in testa il panìco e interessandosi quasi esclusivamente al punto giornalmente conseguito dalle somme da loro versate e giacenti in banca”.

Un contesto che ha portato tanti esponenti dell’aristocrazia e il potentato pistoiese a chiudersi in se stessi, a rifuggire dalle novità, a non creare scambi, a sottovalutare gli uomini di cultura e gli artisti locali non dando loro spazio o ignorandoli del tutto.

2. Il libro di Guastini sui ‘danni’ della politica alla Breda di Pistoia
Il libro di P. Luigi Guastini sui ‘danni’ della politica alla Breda di Pistoia

Di contro le classi operaie, in massima parte al servizio di industrie statali, erano facile preda di rivoluzionari e di imbonitori da strapazzo e quindi pronte sì a scendere in piazza e sulle strade ad ogni suon di campanella per proteste su aspetti spesso non del tutto conosciuti.

Ne è conseguita un’immobilità totale che, in mancanza di basi e fondamenti, negli anni immediati del secondo dopoguerra e salvo rarissime eccezioni non è riuscita a dar vita a una valida classe dirigente.

Dopo un lungo tran tran si è arrivati agli sconquassi del 1960 e del 1970 in cui importanti movimenti piovuti dall’esterno hanno stravolto le classi dirigenti portando in Parlamento molti improvvisati reggitori degli enti pubblici i quali, appena spodestati i precedenti amministratori e conquistato il potere in Regione, si sono mossi a casaccio cercando di applicare il mito della “improvvisazione al potere”.

Fu allora che la Regione Toscana sotto la guida del Pci costituì centinaia di enti derivati – molti dei quali durati lo spazio di un mattino – che in fretta e furia sfornarono improvvisati dirigenti e quadri direttivi spesso privi di idonee conoscenze scolastiche o portatori di lauree conseguite in esami di gruppo. Gente che – volendo stupire il mondo supportati dalla propria ignoranza o incapacità e sfornando leggi spesso riviste e corrette al peggio – hanno letteralmente gettato via l’acqua con il bambino.

A subirne i negativi contraccolpi furono le attività imprenditoriali montane che, penalizzate da strade risalenti al buon Leopoldo II di Lorena, hanno visto le loro richieste di adeguamento soccombere di fronte a fanatici ed improvvisati ambientalisti che alle esistenti fabbriche della montagna anteponevano la costruzione di parchi e riserve.

Perso lo scontro, subissati dalla concorrenza, osteggiati dai sindacati e dai pacifisti, molti imprenditori hanno dovuto chiudere le loro aziende e licenziare centinaia di operai. Al momento infatti l’interesse dei nuovi reggitori era esclusivamente rivolto al grande stabilimento pistoiese della Breda dove il Pci aveva un grosso serbatoio di voti.

Case Anas, un patrimonio in rovina
Case Anas, un patrimonio in rovina

Successivamente, in un crescendo rossiniano, sono stati soppressi uffici pubblici; si è nazionalizzata l’energia elettrica; la cura delle splendide foreste demaniali è stata tolta al Corpo Forestale e trasferita alla Regione con i disastrosi risultati che siamo costretti a vedere; sono scomparsi i cantonieri dell’Anas e si è fatto largo spazio a imprese dedite a intrallazzi e a erogare bustarelle a funzionari corrotti.

Il mito dell’urbanesimo costretto; la carenza di occasioni di lavoro, la chiusure a di sportelli postali; la pratica soppressione di Ospedali, hanno finito con lo spopolare la montagna.

Di contro anche la splendida Montecatini frequentata dai Vip ha dovuto subire gli ideologi populisti che con il rilascio di licenze a esercizi ricettivi di bassa categoria hanno tolto ogni spazio ai ricchi frequentatori italiani e stranieri degli anni d’oro la cui carenza ora ha ridotto la conosciutissima cittadina a dormitorio sussidiario per le scuole che visitano Firenze, Pisa e la Toscana.

La confusione in essere tra i partiti nazionali ora si è estesa a Pistoia e in provincia con amministratori sempre più dominati dalla folta e inamovibile “burocrazia con la tessera”. La quale, per autoperpetuarsi e far credere che i soldi che ingoia portano frutti, sta dandosi da fare progettando (e realizzando) iniziative e opere inefficienti destinate a scomparire velocemente.

Rientrano nel cesto:

  • le strade provinciali fatte e rifatte e sempre dissestate
  • le piste ciclabili scarsamente percorribili; le piscine pubbliche funzionanti a singhiozzo
  • i megaospedali da 13 sale operatorie delle quali soltanto 6 funzionanti
  • le strutture ingoia-contributi che ovunque perdono pezzi
  • realizzazioni cervellotiche come la fontana di Buren a Quarrata e il Parco delle Stelle di San Marcello
  • i sottopassaggi allagati di Pistoia
  • le cinte murarie che cedono
  • l’abbandono in cui versa l’antico Conservatorio di San Marcello trascurato da chi, forse, poteva salvarlo e gran parte delle proprietà conferite da privati benefattori all’Asl o al Comune di Pistoia
  • le case cantoniere trasferite alla Provincia e ridotte a ruderi
  • ancora il degrado di Montecatini Terme di cui confusamente si ipotizzano improbabili rilanci poggiati su una avveniristica piscina attesa da anni ma ancora da costruire
  • ospedale san jacopo Pistoia
    L’ospedale San Jacopo Pistoia “13 sale inutili”

    gli scomparsi faraonici progetti della diga sul Reno e della ferrovia Pracchia-Abetone con l’annesso del Palazzo dello sci

  • la triste vicenda della reindustrializzazione di Campotizzoro, ferma al palo di partenza
  • gli inceneritori spara diossina come quello di Lizzano che ha consentito viaggi di studio in Svezia a folte delegazioni di amministratori comunali
  • la costruzione di discutibili o inutili strutture pubbliche che hanno falcidiato le casse dei Comuni di Abetone e di Cutigliano come la seggiovia Ximenes delle Regine
  • i mai ultimati Centro benessere di Ponte Sestaione
  • quell’incompiuta Villa Vittoria di San Marcello puntualmente contrassegnata da lavori fatti e da rifare
  • la pasticciata alienazione del Rondò Priscilla a Cutigliano che, da vero volano per il turismo, è ora ricettacolo di topi e serpi
  • le società pubblico-private sciolte dopo anni di bilanci in rosso
  • i disastri e le ruberie combinati dalla nefasta ex Comunità Montana
  • il turismo in montagna che di anno in anno registra cali di arrivi e di presenze nonostante la coatta presenza dei clandestini via via battezzati extracomunitari, profughi, rifugiati e via discorrendo.

Il tutto pressoché ignorato dalla stampa quotidiana pistoiese occupata – sembra – nell’ossequiare potenti e potentati, a dar voce alle veline dell’Asl, del Comune di Pistoia, della Società della Salute, e alla Fondazione Cassa di Risparmio e alle strutture da questa finanziate.

Ora la promozione del territorio – prima affidata in loco (e con ben altri risultati) alle Aziende di Cura, Soggiorno e Turismo e poi alle Agenzie per il turismo ed infine trasferita sotto la cappella della Provincia e dalla Regione – viene programmata varando stravaganti iniziative scopiazzate da altre regioni.

Mancano i soldi ma si salvano gli itinerari sonori e la musica portata nei boschi, nei pressi dei laghetti e sulla cresta dei monti ed assegnata alla consueta coorte gravitante sulla Amministrazione Provinciale.

Interno dell’Abbazia di Nonantola
Interno dell’Abbazia di Nonantola

Magnificando l’arrivo di migliaia di viandanti si vorrebbe far passare forzosamente la via Francigena da Pistoia, mai toccata dall’ itinerario sigeriano. È di questi mesi l’annunciata “scoperta della via Strata (?)”, che da tempo immemorabile parte da Cracovia raggiunge Nonantola, attraversa il Casentino e porta a Roma centinaia di pellegrini.

Percorso che “apparaticiki”, dirigenti e funzionari dell’ex Provincia di Pistoia – investiti al buio dalla Regione di competenze in un settore che non conoscono sottraendole a collaudati ma non targati funzionari – intendono promuovere trascurando il fatto che Enti turistici pubblici polacchi e italiani da tempo lo hanno segnato e pubblicizzato con tappe che non toccano Pistoia neppure di striscio.

Nel cinquantennio in cui il Pci ha installato i suoi pretoriani in ogni dove si è ripetutamente girato a vuoto con convegni su convegni, panacee risolvi-tutto illustrate la mattina e dimenticate la sera; con sfilate di presidenti, sindaci, assessori regionali, portaborse e lobbisti quasi sempre in occasione delle elezioni; promesse su promesse ed impegni raramente mantenuti.

Con gattopardesche iniziative come quella messa in programma da sconfessati amministratori della Comunità Montana con lo scopo di riunire i quattro Comuni di montagna (Abetone, Cutigliano, Piteglio e San Marcello pistoiese) in un unico ente targato Comunone Dynamone posto sotto la cappella del P(artito) D(ominante).

ComunoneProgetto questo a lungo sostenuto dal sindacato Cgil e da personaggi trombati dal voto popolare e, addirittura, recentissimamente sconfessati da quel Vincenzo Manes (deus ex machina del Dynamo Camp) noto industriale cui si imputa lo smantellamento degli stabilimenti Smi di Limestre, Campotizzoro e Fornaci di Barga e, si dice, convertito all’idrocoltura – che ha deciso di fare da sé lasciandoli a terra estromettendoli dalla guida di questo avversatissimo papocchio.

Ma i “nostri” – capeggiati (chissà perché ) dall’attuale coordinatore, l’ineffabile Giuliano Tonarelli, e affiancati da qualche defenestrato esponente del Pd pistoiese e da altre truppe cammellate – dopo un palesato momento di sconforto non sembrano affatto disposti ad abbandonare questa e altre iniziative.

Mantova di notte
Mantova ha battuto Pistoia come capitale della cultura

Al momento puntano a conquistare le deleghe che la Regione aveva prima assegnato alla Comunità Montana e, successivamente, trasferito alla disciolta Provincia, i cui dirigenti e quadri vorrebbero continuare a gestirle come orticello di famiglia e conservare così cadreghe, cadreghini e posizioni di comando.

Sostenendo (gli stessi che fino a ieri hanno propugnato il decentramento amministrativo e la sussidiarietà) che si deve tornare al centralismo democratico, strumento unico che “la ditta” propone per raggiungere grandi economie di scala e far riprendere il vai alla locomotiva Italia.

Naufragata l’ipotesi-belletto di Pistoia Capitale della Cultura e fin quando il popolo non si desterà, a chi ora così malamente ci guida, agli scettici come noi e ai disincantati di Montecatini Terme e dell’Alta Montagna Pistoiese altro non resta che attenderne il definitivo degrado e sperare in tardivi riconoscimenti come quello attribuito ai Sassi di Matera.

Con buona pace del Granduca Canapone che – diversamente da ora – con tanta saggezza operò nei territori dimenticati della Toscana.

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