Bene ha fatto l’avvocato Mitresi a cucire la bocca del suo assistito, perché il rischio più grosso e concreto, in questi casi, è che si può giungere perfino a far bruciare la frittata, mettendo al corrente pubblico ministero e Gip di cose che – come si sente nei telefilm – “potranno essere usate contro” l’imputato
Fra giudici inflessibili e avvocati inclini all’ossequio, chi ci rimette se non il cittadino?
DOVE TUTTI TACCIONO SIAMO
LIBERI O “SOTTO UNA CUPOLA”?
Premessa fondamentale a scanso di equivoci: non so e non voglio sapere se il barista accusato di violenza carnale è innocente o no. Né parlo delle sue vicende per accreditare la sua purezza o la sua colpevolezza. Parlo di questo evento che appassiona (che roba!) la città e i giornali allineati. Diceva Verga che il mondo si muove su due linee: il sesso e il denaro; cioè cose come queste e la Cirinnà.
La vicenda mi dà la possibilità di mettermi le mani nei capelli, anche se ormai ne ho più pochi, per esprimere voti che il caso – a Pistoia di legge, a mio parere, non si può affatto parlare – possa risolversi con il minor danno possibile per entrambi i giovani che vi si trovano coinvolti.
Non ritengo, però, possibile questa soluzione di minor danno, perché, come dice un proverbio siciliano, in tribunale chi vince, perde e chi perde, perde due volte.
E poiché ho vissuto e vivo in prima persona il modus operandi sia della procura che del tribunale penale (in precedenza ho assaggiato, però, anche quello civile: non certo migliore), vedere che il cliché che di volta in volta si ripete, prevede soprattutto la pervicace violazione dell’art. 358 cpp – senza che poi il giudice in aula rilevi il fatto, ma lo consideri, anzi, normale –, mi fa venire non la bile dell’essere umano normale, ma una risata come quella che dovrebbe scoppiare sulle labbra degli indovini, dei veggenti e dei maghi quando si incontrano per strada, dato che sanno di essere dei truffatori che vivono alle spalle degli scemi.
Ridicolo, poi, ancor più il cifrario espressivo della giustizia mariuola con il famoso “interrogatorio di garanzia” che non garantisce proprio un bel nulla.
Anzi. Bene ha fatto, dunque, l’avvocato Mitresi a cucire la bocca del suo assistito, perché il rischio più grosso e concreto, in questi casi, è che si può giungere perfino a far bruciare la frittata, mettendo al corrente pubblico ministero e Gip di cose che – come si sente nei telefilm – “potranno essere usate contro” l’imputato.
E caliamola questa maschera di ipocrisia speciosa, muffosa e presuntuosa! Il sistema giudiziario italiano è, indubitabilmente, accusatorio-inquisitorio e fascista. L’unica garanzia per l’imputato (e ciò si verifica spesso a Pistoia: lo dice il numero delle condanne), è che potrà essere garantitamente condannato. Così intanto ci si leva di torno (questo il retro-pensiero) e gli affaracci sono suoi; se la cavi da sé. La giustizia schianta? Si ringrazino i giudici che mandano tutto avanti, augurando un buon fai-da-te al cittadino nei guai.
In questa storia credo di vedere più ombre che luce. Mi è consentito esprimere una opinione?
Il sostituto è Claudio Curreli, che insegna la morale e il giornalismo montanelliano non si sa bene se in veste di pubblico ministero (soggetto solo alla legge) o di fautore dell’immigrazione clandestina con Terra Aperta e quindi in rotta di collisione con la legge stessa.
Fra l’altro Curreli è anche in odore di conflitto d’interessi perché opera nello stesso tribunale di sua moglie e perfino su materie affini. Se non è vero smentitelo ufficialmente con una nota del dottor Billet dirigente del tribunale penale di Pistoia.
Il Gip è Luca Gaspari, conosciuto qualche anno fa da me come giudice attento e responsabile, ma poi – mio malgrado – assoggettato doverosamente a un processo revisionistico dopo la sentenza della Comunità Montana/Sichi; e, pochi giorni fa, per il deposito delle motivazioni di quella del processo politico contro Linea Libera, la mia persona e Alessandro Romiti.
Auguro solo, all’imputato, che Curreli non si lasci riprendere – non è nuovo a esperienze di questo genere – la mano come operò nel processo di padre Fedele Bisceglia. Basta digitare il nome e internet offrirà ricchi archivi di notizie.
Anche in quel caso cacca addosso a un religioso, 9 e più anni di condanna, e una Cassazione che dovette, in metafora, spalare il concime sparso a larga mano.
Ma gli avvocati di Pistoia, caro Mitresi, e la camera penale, non farebbero meglio a insorgere contro le anomalie del palazzo, piuttosto che star sempre a strusciare la bazza per terra nella speranza di ingraziarsi chi è esempio luminoso di vizi privati e pubbliche virtù?
Anche stasera il folle ha espresso la sua libera opinione ex articolo 21 della Costituzione.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Non tutti i cittadini sono analfabeti, anche se molti analfabeti fanno beatamente la vita da protetti e favoriti dalle «autorità costituite»