I ROM NON SONO PIÙ NOMADI E I CAMPI ROM DEVONO ESSERE SMANTELLATI

Rom in Piazza Oplà

PISTOIA. La annosa questione delle condizioni igienico-sanitarie cui versano i campi rom, non  potrà certo dirsi risolta semplicemente avendo intimato un gruppo di rom di lasciare Piazza Oplà libera, riportandola alla sua vera destinazione: un parcheggio temporaneo.

Per comprendere il problema sopra citato è necessario fare un passo indietro, spiegando come mai in Italia, da ormai molti anni, sia in voga il pensiero per cui i rom possono anzi hanno diritto di vivere nelle condizioni da tutti conosciute, senza sostenere le spese per il mantenimento delle proprie abitazioni e col diritto di creare letteralmente delle enclave dove lo Stato non abbia accesso.

I rom, altrimenti detti zingari (a Repubblica ci perdoneranno), hanno perso la loro caratteristica principale: essere nomadi, girovagando per il paese facendo dei lavori che oggi sono scoparsi: giostrai, venditori di cavalli, arrotini o circensi. Da qui la necessità, ovunque si fermassero per quel lasso di tempo, di fornirgli uno spazio ben preciso dove potessero vivere temporaneamente, garantendogli di preservare la così detta “famiglia estesa”, ovvero il gruppo familiare composto anche da sessanta persone che abitualmente vivono assieme.

La Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza ha invitato diverse volte l’Italia a superare la visione arcaica dei rom come dei nomadi, dunque soggetti che in poco tempo rifanno le valigie e tolgono le tende. Il campo rom, per come lo conosciamo, servirebbe proprio a questo: una sistemazione temporanea. Il problema è che di temporaneo non c’è rimasto praticamente niente.

Sebbene la Commissioni utilizzi il termine “segregazione” un po’ troppo facilmente, con accezione

Un campo rom

fortemente negativa nei confronti dello Stato italiano (andassero a vedere come i rom difendono i confini del proprio campo dagli invasori giornalisti), il concetto di fondo è giusto: le comunità dei vecchi gitani sono separate nettamente dalle altre. Con sommo godimento dei gitani stessi, i quali sembrano ben felici di sguazzare in quelle condizioni che di umano hanno ben poco.

A tal proposito è interessante leggiucchiare il libro “Immigrazione e sicurezza in Italia” del sociologo Marzio Barbagli secondo il quale il rom ruba ai non-rom in virtù della teoria dello svantaggio sociale e privazione relativa. In due parole: ci fregano il portafogli per la frustrazione causata dallo squilibrio tra obiettivi fissati dalla società e distribuzione effettiva delle opportunità reali. Sebbene questa teoria sia assurda (secondo la quale ogni tipo di reato può esser giustificato da un certo malessere sociale, compreso l’attentato terroristico islamico), spiega la facile propensione dei rom a procacciarsi risorse tramite i reati predatori.

Sperando non vi siate persi per strada durante questo breve ragionamento, crediamo sorga una sola soluzione alla problematica citata nella prima riga: smantellare i campi rom per due motivi: chi vi abita non è più un nomade e, soprattutto, si creano ottime condizioni affinché i famosi zingari si dilettino impunemente in attività illegali.

Se poi l’idea di una ruspa che libera queste aree vi fa venire gli incubi, fatti vostri.

[Lorenzo Zuppini]

«La Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza ha invitato diverse volte l’Italia a superare la visione arcaica dei rom come dei nomadi, dunque soggetti che in poco tempo rifanno le valigie e tolgono le tende. Il campo rom, per come lo conosciamo, servirebbe proprio a questo: una sistemazione temporanea. Il problema è che di temporaneo non c’è rimasto praticamente niente».

Print Friendly, PDF & Email