I VENERDÌ DEL CINEMA PALESTINESE

Il manifestino
Il manifestino

PISTOIA. Il Comitato Pistoiese per la Palestina ha deciso di iniziare quest’anno di attività con una rassegna cinematografica di film palestinesi che verranno proiettati il terzo venerdì di ogni mese presso il Circolo Garibaldi a Pistoia. Ogni proiezione verrà preceduta alle ore 19:30 da una apericena con piatti italo-palestinesi (8 euro; 5 euro per studenti e disoccupati ) per raccogliere fondi a sostegno dell’asilo di Beit Reema (Ramallah) in Cisgiordania, una struttura questa che garantisce assistenza e istruzione ai bambini palestinesi in una realtà in cui l’educazione primaria non è finanziata dallo Stato e la disoccupazione ha raggiunto una percentuale del 18,20. Ci sarà anche l’occasione per parlare della situazione attuale nei terrori occupati.

La prima proiezione – in programma il 21 novembre – è il film di Elia Suleiman dal titolo “Il tempo che ci rimane”. È la breve storia di Israele vista da un palestinese con il pregio dell’astrazione. Scrive a proposito del film Giancarlo Zappoli:

“Una riflessione in quattro parti sulla storia degli arabi palestinesi a partire dal 1948, anno della proclamazione dello Stato di Israele, sino ai giorni nostri. Viene raccontata attraverso episodi comici o tragici della vita di tutti i giorni ed è ispirata ai racconti del padre del regista, che partecipò alla prima resistenza, alle lettere della madre e ai ricordi del regista stesso che è in parte anche protagonista del film.

Elia Suleimane, che con Intervento divino nel 2002 portò il primo film palestinese ad approdare in competizione a Cannes vincendo il Premio della Giuria e quello della Fipresci, sette anni dopo vi ha fatto ritorno con questa riflessione personale sulla condizione dei Palestinesi. Si tratta, ovviamente, di un film schierato che non si preoccupa di essere politicamente corretto. Anche perché, in quei territori e in quelle situazioni, esserlo non è così semplice. Suleimane però ha il grande pregio dell’astrazione. Il suo punto di riferimento cinematografico è l’inarrivabile genio di Buster Keaton.

L’asilo di Beit Reema.1
L’asilo di Beit Reema.1

Così il regista, nato a Nazareth nel 1960, è capace di portare sullo schermo il gag di un combattente che ha perso la strada così come un suicidio (non kamikaze) dimostrativo, con un distacco che aggiunge, anziché togliere, forza alle immagini. Di queste tre, in particolare, restano impresse nella mente. La più fortemente evocativa è quella di Suleimane che, con un’asta da competizione per il salto in alto, riesce a superare il Muro eretto dagli israeliani. La più speranzosamente astratta è quella in cui gli occupanti di una jeep israeliana, che intendono far rispettare il coprifuoco a Ramallah, finiscono col far ondeggiare le teste allo stesso ritmo dei ragazzi palestinesi che, in una discoteca, non sentono i loro annunci.

L’immagine invece più commovente è quella della suora cattolica la quale, dinanzi a un’azione violenta degli israeliani, sembra inizialmente cercare rifugio in convento. La vediamo invece tornare tra i prigionieri inginocchiati, legati e bendati per portare loro il ristoro di un sorso d’acqua. È la testimonianza che essere arabi e schierati non significa necessariamente, come troppi vorrebbero pretestuosamente farci credere, essere integralisti”.

Le altre due pellicole sono “Miral” (venerdì 19 dicembre) e “Il figlio dell’altra” (venerdì 16 gennaio 2015).

“Né Israele prima né l’Autonomia Palestinese poi – spiegano dal Comitato Pistoiese – hanno mai garantito un servizio educativo prescolare, per questo le donne dell’Upwc (The Union of the Palestinian Woman Committees) hanno autonomamente organizzato asili nido e scuole materne rispondendo ad un bisogno che vivono in prima persona. Da quando è nata, nel 1980, il Upwc ha cercato di costruire obiettivi per alzare il livello sociale, economico, culturale e sanitario delle donne palestinesi.

“Perciò l’unione ha cominciato a creare dei servizi tra i quali gli asili nido e le scuole materne. È stato costruito il progetto degli asili di Ghassan Khanefani nel 1984. Questo progetto è diventato una istituzione in tutta la Palestina, erano 87 asili in Cisgiordania e Gaza. Hanno formato un coordinamento delle maestre di tutti gli asili per fare corsi e scegliere delle politiche educative comuni. Oggi il Upwc gestisce 5 asili nido e 15 scuole materne al servizio di 840 bambini. Cercano di dare loro un pasto e di aiutarli a trovare sicurezza. L’Upwc chiede contributi simbolici, pari a 4-7 Euro, alle famiglie per frequentare l’asilo nido e per gli asili, ma spesso queste non possono permetterselo.

L’asilo di Beit Reema. 2
L’asilo di Beit Reema. 2

“Queste spese, in ogni caso, bastano solo per pagare il 10% dei costi per i libri, che ammontano a circa 6000 euro l’anno per tutti gli asili e scuole dell’infanzia. Fino a qualche anno fa i finanziamenti venivano dai resti dei progetti gestiti in Palestina dai donatori internazionali e servivano per diminuire il deficit, ma ora, anche questo denaro è terminato. Esiste una situazione di emergenza e il Muro dell’Apartheid sta strangolando ogni giorno un po’ di più l’economia palestinese.

“Il direttore del programma scolastico non è in grado di spostarsi normalmente tra città e villaggi per esaminare le scuole. Il suo lavoro è stato rallentato e reso immensamente frustrante. Gli asili corrono il rischio di non poter rimanere aperti. L’asilo di Beit Reema ospita 40 bambini in una struttura antica riadattata con un ampio spazio esterno; la supervisione viene svolta da un funzionario amministrativo che supervisiona non solo dal punto di vista amministrativo ed economico ma anche educativo”.

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