IL FIGLIO MINORE DEL GRANDE CIPRESSO DI PIAZZA

Caro cipresso…

PIAZZA. Era il 5 marzo del 2015 quando, nella notte, una tempesta di vento, mai così violenta in provincia, arrecò notevoli danni a costruzioni, auto parcheggiate nelle vie, ma specialmente alle piante, anche secolari.

Per fare un esempio il giardino di San Giovanni Battista di Pistoia subì una diminuzione di piante pari al 40-50%. Questo giardino, di proprietà della Fondazione Conservatorio San Giovanni Battista risale al secolo XV ed era il giardino ove le Suore degli attigui Monasteri si recavano, anche a pregare e a fare meditazione.

Nel paese di Piazza, a circa sei km da Pistoia, lungo l’attuale strada regionale n. 66, costruita con professionalità dall’Ing. Ximenes per disposizione dell’illuminato Granduca di Toscana Pietro Leopoldo che intendeva unire il Granducato a Modena, vi era un cipresso datato 1600-1650.

Cento anni or sono era ancora più alto, di circa sette metri, misurati da mia madre – che abitava di fronte – dopo una tempesta che decapitò la pianta. Il cipresso era quindi nei secoli scorsi l’emblema di Piazza.

Il Carducci, quando insegnava al Liceo Classico Forteguerri nel secolo XIX, amante come è noto dei cipressi, più volte lo ammirava specialmente quando si recava a Castello di Cireglio dal suo amico Policarpo Petrocchi.

Il giorno dopo la catastrofe il cipresso fu abbattuto dai Vigili del Fuoco per motivi di sicurezza nei confronti della casa che fu dei miei nonni, di mia madre e dei miei zii Maestripieri e quindi, all’improvviso, cessò di esistere una vera opera della natura e il simbolo del paese di Piazza.

Detto questo, mesi or sono, mi accordai con Vallero Fagioli, abitante nel paese collinare, proprietario del terreno attiguo alla via d’Igno ove era il vecchio cipresso per piantarne un altro.

Vallero e famiglia furono subito disponibili e, grazie al dono del Prof. Carlo Vezzosi, Presidente del Comitato di Indirizzo della Fondazione Giorgio Tesi Onlus, un nuovo cipresso, anche se piccolo, fu piantato.

Adesso questa nuova pianta cercherà di sostituire il secolare cipresso, per anni appunto spettatore muto della vita e del continuo flusso di persone e di mezzi del quale il volume “Caro cipresso, un paese racconta” pubblicato e presentato subito dopo la catastrofe nel giugno del 2015 tratta. Questo volume ha celebrato la memoria, ricordando a tutti che dovremmo più spesso rapportarci all’altro e al mondo, non per l’utilità del momento o per il tornaconto personale, ma nella gratuità del rispetto e della cura, senza nulla chiedere in cambio.

Paolo Baldassarri

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