PISTOIA. Se lo è cucito addosso, Il prezzo, di Arthur Miller e alla fine della rappresentazione, inaugurazione ufficiale alla nuova stagione di prosa del Teatro Manzoni, quella commedia, gli sta benissimo.
Parliamo di Massimo Popilizio, regista esordiente e mattatore ufficiale della rivisitazione di una delle opere meno rappresentate (due volte, con Raf Vallone), sui palcoscenici italiani, Il prezzo appunto. A tenergli testa, banco e prova, un maestro d’altri tempi, ma anche di questi, vista la potenza, Umberto Orsini, mattatore del primo teatro e della televisione in bianco e nero.
Con loro, due figure non nuove a questa compagnia che si è voluta regalare una rappresentazione altamente spettacolare e impegnativa: Alvia Reale, la moglie frustrata e depressa e Elia Schilton, il fratello realizzato, il medico, il figliol prodigo, a ragion veduta, il fratello che ha scelto di privilegiare la propria esistenza anziché sacrificarla sull’altare della riconoscenza paterna.
Nel mezzo, la commedia di Miller, opera cervellotica, con la quale in pochi hanno deciso di misurarsi perché i rischi di cadere nel nulla e nell’incomprensibile sono davvero altissimi. Non per questi due talenti, che ieri sera, in prima regionale-nazionale, hanno portato in scena uno dei lavori che appartengono alla seconda fase milleriana, quella statunitense.
Siamo in America infatti, subito dopo la mannaia del ’29. Quelli che non sono finiti suicidi e preda dell’alcool e hanno avuto la forza e la fortuna di riprendersi, vedono il riscatto all’orizzonte. Qualcuno, in attesa di tempi migliori, si è accontentato di entrare in Polizia e lì, tra scartoffie e manette, ha bruciato le proprie velleità.
Nella casa disabitata da oltre dieci anni in attesa di demolizione e dove sono stati accatastati i mobili familiari si ritrovano i due fratelli, la moglie di uno di loro e il compratore della paccottiglia, invitato ad una visura per stabilire il prezzo della vendita.
Ma non sono solo le poltrone, i tavoli, i divani, l’arpa e il pianoforte ad avere un prezzo; in quella casa senza tempo tutto ha un costo: la memoria, i ricordi, i sogni, le illusioni, le frustrazione, i rancori e in particolare le aspettative. Massimo Popolizio è il figlio che non ha voluto abbandonare il padre al proprio destino, sacrificando la propria esistenza; Elia Schilton è invece quello che, seppur meno dotato, ne ha levato per tempo le gambe dalla spirale dei taciti ricatti.
I due fratelli, che non si vedono, né sentono, da sedici anni, si ritrovano proprio il giorno della vendita, quasi per caso. Ci sono un sacco di conti da saldare e nessuno di questi riguarda la mobilia. Si replica stasera, alle 21 e poi domani, alla prima delle pomeridiane di questa lunga stagione del Manzoni.
Oggi pomeriggio, alle 17:30, i quattro protagonisti saranno nel saloncino del Manzoni per ritrovare gli affezionati degli incontri del sabato e parlare con loro, per chi l’ha visto la sera prima, di quale sia stata l’impressione.
Al di là della storica assuefazione cittadina a tutto ciò che è storia, anche clandestina, anche illegale, non possiamo che ringraziare, a nome di tutti quelli che amano il teatro e che lo reputano elemento indispensabile per la crescita e la maturazione di ogni individuo, Massimo Popolizio e Umberto Orsini, trascinatori irresistibili della commedia, per avere regalato alla città una serata di altissima interpretazione.