IL SINDACO E LA COMMEMORAZIONE DEI “RAGAZZI DELLA FORTEZZA”

La cerimonia a Palazzo di Giano
La cerimonia a Palazzo di Giano

PISTOIA. Anche quest’anno Pistoia ha ricordato i suoi “Ragazzi della Fortezza”, con una cerimonia, promossa dal Comitato unitario per la difesa delle istituzioni repubblicane del Comune di Pistoia, che si è tenuta stamattina, martedì 31 marzo, alle 11, nella Sala Maggiore del Comune.

Il sindaco di Pistoia Samuele Bertinelli ha ricordato Alvaro Boccardi, Aldo Calugi, Valoris Poli e Lando Vinicio Giusfredi, insigniti della medaglia d’oro al Merito Civile dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nel 1944 i quattro pistoiesi, che rifiutarono di arruolarsi nelle file dell’esercito della Repubblica di Salò, vennero incarcerati dalle milizie nazifasciste alle Ville Sbertoli e tradotti, la mattina del 31 marzo, nella Fortezza Santa Barbara, dove furono messi spalle al muro e uccisi.

La cerimonia di commemorazione dei quattro giovani pistoiesi quest’anno è stata trasferita in sala Maggiore per i gravi danni riportati dalla Fortezza Santa Barbara, di proprietà demaniale, a seguito del maltempo dello scorso 5 marzo.

Erano presenti i rappresentanti dei comuni della Provincia di Pistoia, delle associazioni combattentistiche, una classe dell’istituto “Leonardo Da Vinci”, un’altra classe dell’Istituto Agrario Barone de’ Franceschi e molti privati cittadini. Nei giorni scorsi, infatti, la vicenda dei Ragazzi della Fortezza è stata al centro della conversazione che il vicepresidente della sezione di Pistoia dell’Anpi Renzo Corsini ha intrapreso con gli studenti dell’istituto “Leonardo Da Vinci”, e della lezione tenuta dallo storico pistoiese Filippo Mazzoni ai ragazzi dell’istituto De’ Franceschi. In coerenza con il percorso intrapreso, a conclusione della commemorazione Renzo Corsini ha guidato gli alunni in un breve itinerario delle principali lapidi commemorative della Resistenza situate nei dintorni di piazza del Duomo.

“Buongiorno a tutti – ha esordito il Sindaco di Pistoia, Samuele Bertinelli –, ringrazio i familiari, le Autorità civili e militari, le associazioni partigiane, dei combattenti e dei reduci, gli studenti e i loro insegnanti e tutti Voi per la Vostra presenza. La calamità abbattutasi sulla città nella notte tra il 4 e il 5 marzo scorsi ci impedisce, quest’anno, di raccoglierci – come avremmo voluto – intorno alla lapide che, sul luogo della loro uccisione, ricorda il sacrificio di Alvaro Boccardi, Aldo Calugi, Lando Vinicio Giusfredi, Valoris Poli, i nostri ragazzi della Fortezza, che furono fucilati al petto il 31 marzo 1944 perché rifiutarono di arruolarsi nell’esercito della “Repubblica” di Salò.

“Nonostante ciò, oggi, pur fisicamente in questa sala, siamo tutti – con il cuore e la mente – di fronte a quella lapide, che Pistoia, nel 1948, collocò in loro memoria, all’interno della Fortezza, a fianco di quella che ricorda un altro giovinetto, Attilio Frosini, fucilato dalle truppe austriache durante il Risorgimento, quasi a voler sottolineare una vicinanza ideale tra due generazioni di giovani, lontani tra loro, allo stesso modo morti per dare al popolo italiano un futuro migliore”.

“Quella lapide – ha aggiunto –, che oggi non possiamo leggere, li ricorda così: Per il loro coraggioso rifiuto di servire l’esecrata criminocrazia fascista i giovani Boccardi Alvaro, della classe 1922, Poli Valoris, della classe 1922, Calugi Aldo, della classe 1922, Giusfredi Lando Vinicio, della classe 1924, il 31 marzo 1944 furono processati e fucilati contro ogni elementare principio di umana giustizia. Il Movimento Giovanile Socialista e Comunista. Ponendo idealmente, in rappresentanza di tutti Voi e dell’intera città, una corona sotto le parole scolpite che commemorano il loro sacrificio, Vi chiedo di alzarvi per raccoglierci in un minuto di silenzio. Alvaro, Aldo, Valoris, Vinicio erano tutti ventenni o poco più. Furono uccisi perché, come scrisse il giornale fascista Il Ferruccio, giudicati «disertori e renitenti»: si erano cioè rifiutati di imbracciare le armi per arruolarsi tra le fila dell’esercito di uno Stato fantoccio – quello della Repubblica Sociale Italiana, che, contro le speranze e la sete di libertà del suo stesso popolo, prolungava, imponendo il reclutamento di giovani alla leva militare, l’ombra truce del regime fascista sull’Italia del Nord”.

“Questi nostri ragazzi non furono né disertori, né renitenti – ha ancora detto Samuele Bertinelli –. Il loro fu un atto di Resistenza: il rifiuto giusto e coraggioso di coloro che non avrebbero potuto mai accettare di stare dalla parte di quanti stavano lottando per perpetuare l’orrore e la barbarie conosciuta dal Paese sotto il fascismo, per restare schiavi – come ebbe a scrivere Italo Calvino – di quel furore e di quell’odio, anziché lottare per costruire una umanità senza più rabbia, serena, nella quale diventi possibile non essere cattivi, per un autentico riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le umiliazioni patite. Loro, ragazzi come tanti, di origini umili – mezzadri, operai, artigiani, braccianti – di pochi anni più grandi di quelli che oggi partecipano a questa cerimonia, furono messi di fronte a scelte che interrogano i valori ultimi e scelsero la libertà, la giustizia, la pace, il ripudio della guerra. Nonostante la giovanissima età, tra loro c’era chi conosceva bene gli orrori del fronte: Alvaro Boccardi veniva da una famiglia di mezzadri, fu chiamato alle armi e inviato sul fronte orientale: fu uno dei pochi superstiti della drammatica ritirata di Russia. In realtà tutti, anche se non per la crudele esperienza del campo di battaglia, conoscevano la tragedia della guerra, che non si combatteva più soltanto al fronte, ma era ormai entrata nelle case e aveva portato la violenza nel cuore delle città”.

“Anche Pistoia conobbe, tra le proprie strade e piazze, l’orrore della guerra e della violenza, e non vi fu quartiere, a partire dalla indicibile strage di Piazza San Lorenzo, che non pianse la morte di un innocente – ha proseguito il Sindaco –. Fra tutti, voglio ricordare un episodio che accadde alcuni mesi dopo l’uccisione dei quattro ragazzi della Fortezza, tragicamente esemplificativo di quanto l’orrore della guerra continuasse a sconvolgere, anche nelle città appena liberate, la vita quotidiana di ciascuno. Si tratta di un episodio non molto noto, e che è stato giustamente ricordato – perché vissuto in prima persona – da Pier Luigi Guastini nell’ultimo numero dei Quaderni di Fare Storia dell’Istituto Storico della Resistenza. Italo Franceschi aveva nove anni e, l’8 ottobre 1944, esattamente un mese dopo la liberazione di Pistoia, giocando nei campi tra via Antonelli e via di Bigiano, vide un oggetto luccicante che colpì la sua attenzione. Era una bomba a mano. Capì che era un ordigno, perché tutti, ed anche i bambini, in tempo di guerra finiscono per aver dimestichezza con le armi. Pensando fosse scarica, la mise in tasca, custodendola gelosamente come un oggetto prezioso. Purtroppo, il gioco innescò la bomba, che esplose uccidendolo”.

Il discorso del Sindaco
Il discorso del Sindaco

“Innocenti come quel bimbo, anche se giovani uomini, erano anche Aldo, Alvaro, Lando Vinicio, Valoris – ha proseguito –. Appartenevano a quella generazione che non aveva mai conosciuto la democrazia e la libertà e alla quale la guerra stava rubando gli anni migliori della giovinezza. Il loro rifiuto a partecipare ad una guerra di oppressione era animato da una sempre più vigorosa ed insopprimibile voglia di pace e di democrazia, che sempre più andava diffondendosi nell’impossibilità per le autorità repubblichine di arginare questi moti di libertà. Per questo si fece largo l’idea che fossero necessarie alcune “lezioni dimostrative”: è quanto accadde il 22 marzo a Firenze ai cinque giovani, oggi noti come i Martiri del Campo di Marte, anch’essi condannati a morte per renitenza alla leva, ed è ciò che accadde, pochi giorni più tardi a Pistoia. Aldo, Alvaro, Valoris e Lando Vinicio furono arrestati gli ultimi giorni di marzo, insieme ad altri compagni condannati poi alla prigionia – Vannino Urati, Secondo Fibucchi e Salvatore Crescione – e tradotti nel carcere delle Ville Sbertoli”.

“Furono portati alla Fortezza Santa Barbara la mattina del 31 marzo 1944 per essere schierati contro un muro, di fronte ad un plotone di esecuzione che sparò, ma non uccise – ha detto ancora Bertinelli –. Avevano scelto di guardare negli occhi quei loro coetanei che si apprestavano ad ucciderli. Fu un fascista di Larciano – lo stesso che nel 1939 denunciò il gruppo antifascista di studenti del liceo classico guidato da Silvano Fedi – a chiedere e ottenere di dare il colpo mortale ai quattro ragazzi. Morirono così quattro giovani uomini che, se avessero potuto vivere, avrebbero certamente contribuito alla lotta per la libertà e alla ricostruzione, dopo la guerra, di una città e di un Paese migliori. Morirono certamente innocenti. Morirono soprattutto “con onore”, come scrisse Aldo nel suo brevissimo e straziante biglietto alla madre. Il Presidente Napolitano, il 31 ottobre 2007, raccogliendo la richiesta dell’Anpi e del Comune di Pistoia, ha assegnato alla loro memoria la medaglia d’oro al Merito Civile “…perché avevano rifiutato di arruolarsi nell’esercito repubblichino; con eroico coraggio, fierissimo contegno e altissima dignità morale affrontavano il plotone di esecuzione, immolando la giovane vita ai più nobili ideali di libertà e di democrazia. Il loro rifiuto – di disobbedienza civile, si direbbe oggi – rappresenta per noi un esempio che sentiamo vivo e vicino e che ancora ispira le nostre scelte di donne e uomini che si sentono parte di una storia comune”.

“Disobbedirono ad un ordine ingiusto – ha concluso il Sindaco –, che li avrebbe resi complici di soprusi e di intollerabili violenze, e pagarono il prezzo più alto. Richiamare al cuore la loro scelta – perché questo vuol dire, etimologicamente, ricordare – non è solo il doveroso e sentito tributo collettivo, che si rinnova ogni anno da oltre settant’anni con la stessa intensità, ma un monito che aiuta a riempire di senso la nostra vita, che dà radici al nostro impegno civile per la costruzione di una comunità più solidale, più equa, nella quale ciascuno possa essere libero di esprimere e costruire il proprio progetto di vita. Grazie. Buona primavera a tutti”.

[quilici – portavoce sindaco pt]

Print Friendly, PDF & Email