IL SISTEMA LEGNO IN TOSCANA: DOVE SONO E COSA FANNO LE IMPRESE DEL SETTORE

Una segheria
Una segheria

FIRENZE. Le imprese toscane di prima trasformazione del legno, in pratica le segherie, iscritte nell’apposito registro delle Camere di Commercio, sono 37; ogni anno acquistano qualcosa come 87 mila metri cubi di “tondame da sega” (tronchi di albero da lavorare) da cui si produrranno travi, tavole, pallets, imballaggi che per il 78% saranno venduti in Toscana, per il 20% nelle altre regioni italiane e il rimanente 2% sul mercato estero.

Questi alcuni dati emersi a Firenze nel corso di un convegno (“Il sistema legno in Toscana”) organizzato dalla Regione Toscana (settore forestazione) per fornire agli operatori di questa particolare filiera – produttori, trasformatori, progettisti, tecnici – un quadro informativo aggiornato sulla trasformazione del legno, sui fabbisogni legnosi da parte delle imprese di trasformazione, sulle caratteristiche dell’offerta del legname da lavoro.

11 delle segherie censite (il 30% del totale) operano nella provincia di Arezzo e 8 (il 22%) in quella di Firenze. Pisa e Siena ospitano entrambe il 14% del campione (5 aziende in ciascuna provincia) seguite da Grosseto e Pistoia (8% con 3 aziende) e da Lucca con solo 2 segherie indagate (il 5% del totale). Ciascuna azienda acquista e lavora, in media, circa 2.361 metri cubi di materiale grezzo.

Un materiale, il tondame da sega, che risulta costituito in modo principale da castagno (il 37% sul totale degli acquisti) e da altre specie miste di conifere e latifoglie (in prevalenza pino e abete, pioppo e douglasia) che costituiscono un altro 33%.

Il 63% del tondame grezzo acquistato (quasi 55 mila metri cubi) è di origine regionale mentre di origine extraregionale sono circa 10 mila metri cubi (il 12%); il restante 25% (circa 22 mila metri cubi) è di provenienza estera. Una volta lavorato e trasformato – in travi, pallets, imballaggi, altre tipologie – il legname viene venduto per un buon 78% in Toscana, per un altro 20% in altre regioni italiane e solo per il 2% su mercati esteri.

L’indagine, curata per conto della Regione Toscana dall’Università di Firenze (Dipartimento Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali), non si è interessata solo alle imprese “di prima trasformazione”, e dunque in particolare alle segherie, ma anche alla “seconda trasformazione” (gli stabilimenti industriali che producono pannelli di varia tipologia, tranciati, sfogliati, mobili e arredamenti in genere). Anche in questo caso l’indagine ha interessato 37 aziende: il 27% delle quali nella provincia di Siena e il 48 in quelle di Arezzo e Firenze (entrambe con il 24% sul totale). Il 32% di queste aziende toscane produce mobili mentre il 19% si occupa di componentistica per arredamento. Analizzando i prezzi medi di acquisto al metro cubo si nota come la specie più costosa (850 euro per metro cubo. Prezzo medio) sia il rovere, seguita dal pioppo (802 euro/m3) e dall’acero (750 euro/m3).

I risultati delle indagini mettono in evidenza come anche il settore produttivo del legno sia stato interessato, negli ultimi decenni, da una crisi che ha coinvolto sia i comparti di prima che quelli di seconda trasformazione. Una tendenza opposta sembra invece riguardare il comparto degli utilizzi boschivi e dei servizi connessi alla selvicoltura: un esempio positivo in tal senso – è stato detto nel convegno – si è verificato sulla Montagna Pistoiese dove, due anni fa, la Regione Toscana ha riconosciuto uno specifico distretto rurale forestale.

La ricerca si è poi soffermata su un particolare mercato, in potenziale crescita, per i prodotti legnosi: quello a fini energetici. Un mercato che riguarda sia la tradizionale legna da ardere che le biomasse (cippato e pellet) utilizzate in impianti termici.

Un contributo – nel convegno ospitato presso la sede di “Toscana Promozione”, ha riguardato la certificazione nel sistema delle foreste toscane. Soltanto il 24% delle aziende intervistate ha dichiarato di acquistare legname “certificato” (cioè in linea con le regole internazionali per mantenerne la biodiversità, la produttività, la capacità di rinnovazione, la vitalità delle foreste). E appena il 5% delle aziende ha dichiarato di vendere legname certificato.

[scritto da mauro banchini, sabato 29 marzo 2014 alle 09:23]

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