“IL VENDITORE DI MEDICINE”, STORIA ITALIANA

Il Venditore di Medicine
Il venditore di medicine

PISTOIA. Bruno (Claudio Santamaria) è un informatore medico, ovvero si occupa di promuovere i prodotti dell’azienda per cui lavora, la Zafer, in ambulatori medici e farmacie. L’azienda è però in difficoltà, pur di non perdere il posto di lavoro Bruno è disponibile a corrompere medici, ingannando colleghi, tradendo la fiducia di persone a lui più vicine, divenendo così l’ultimo anello della catena del comparaggio, pratica illegale utilizzata da case farmaceutiche per convincere i medici a prescrivere i propri farmaci.

Alcuni dottori si rifiutano, altri non si sottraggono affatto. Tramite l’anello immediatamente superiore a lui, una spietata Isabella Ferrari, la Zafer esige sempre maggiori prestazioni verso Bruno, minacciando licenziamenti. Così lui accentua al massimo rischio la già corrente pratica della corruzione. Primo film di Antonio Morabito, che firma anche la sceneggiatura assieme a Michele Pellegrini ed Amedeo Pagani, è una pellicola dura, impressiona parecchio ed appare senza speranza, gettando una luce sinistra su quella parte delle nostre vite che per definizione è sinonimo di fragilità, la salute, trasformata in un cinico mercato sulla pelle di persone indifese.

Terribilmente credibile, sperando che la sceneggiatura abbia voluto calcare un po’ la mano, è un film di denuncia sociale che ripropone in versione moderna il grottesco “Medico della mutua Tersilli” interpretato da Alberto Sordi, espressione del cinema di denuncia degli anni Sessanta e Settanta, già materia di importanti esperienze letterarie.

Fulminante Isabella Ferrari nella scena della riunione di lavoro in cui si fanno tagli al personale, con un bravo Marco Travaglio nel ruolo dell’odioso primario. Santamaria dà credibilità al personaggio che interpreta, allo stesso tempo anima nera e vittima di un sistema che sta sopra di lui.

Un film, “Il venditore di medicine”, necessariamente da vedere, effettivamente come afferma il critico Alberto Crespi «bisogna dire che il nostro cinema ha sempre capito questa necessità (…) film che portano alla luce mestieri sommersi, invisibili, e ne mostrano i lati più oscuri». La pellicola, prodotta da Rai Cinema, è distribuita dall’Istituto Luce Cinecittà, in sala recentemente anche a Pistoia.

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