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PISTOIA. Da una lettura di una lettura del Corano – considerato che quel Libro è l’Islam stesso, Allah si è trasfuso in quelle sure, altro non c’è e che quindi non è opportuno che un infedele tocchi e legga in prima persona quelle pagine – si può sperare che non tutto sia perduto.
Chi è di fede islamica è sottomesso (islam significa sottomissione) al Corano dove tutto quanto è scritto (maktub) senza dover aggiungere altro. Offrire ad un islamico altri valori, per esempio la libertà, è tempo perso perché il suo valore è Allah, Iddio, “più di quello che vuoi?” risponderebbe il devoto di Maometto. Tuttavia il testo, ricchissimo di argomenti e di esempi, di suoni, di ritmo e pervaso da una energia travolgente, consente la scelta.
Maometto riferisce le parole di Allah: il Giardino o la Vampa! (XLII), nessuna altra soluzione. Però poi si trova un’altra affermazione da parte di quel Dio che dirà di non aver bisogno degli uomini e che, solamente, ricorda loro che possono scegliere tra il bene e il male. Allah ha dato agli uomini la possibilità di conoscere la Verità, chi la vedrà avrà un vantaggio, chi non la vedrà uno svantaggio.
Si può quindi peccare, commettere azioni contrarie al volere d’Allah e già previste dall’ordine immutabile creato da Lui.
Il valore che gli islamici danno alla loro religione è di gran lunga maggiore di quello che comunemente pervade l’animo dei cristiani che popolano l’occidente della terra, il fatto che il Corano sia anche la Legge per chi lo venera complica non poco le cose.
Tuttavia l’impellente necessità del genere umano di accordare tutti gli strumenti perché non si senta la cacofonia prodotta fin qui dal fanatismo sanguinario di alcuni e dalla sottomissione acritica di altri si potrà soddisfare solo favorendo la crescita culturale. È indispensabile adottare gli strumenti di mediazione tra un credo che appare salvifico e che tutto dice (maktub) e la realtà che ci accomuna.
Deve essere chiarito l’equivoco della guerra all’infedele perché tale, e poi si deve spiegare bene che le sure in cui si parla di Jihad si riferiscono al fervore religioso con cui i credenti devono affrontare gli infedeli ma solo verbalmente. È invece dal 622, anno in cui il Profeta è costretto a rifugiarsi a Medina per sfuggire agli oppositori e ai suoi tanti nemici che la Jihad diventa guerra sanguinaria, non basta più la parola, c’è da salvare la pelle e le ricchezze accumulate…
È il momento dell’illuminismo di ritorno, dobbiamo farcene interpreti, con tutti i mezzi, per loro per tutti quelli che non comprendono il senso della libertà, per quelli che non accettano che il loro Custode spesso volta le spalle perché non ha proprio voglia di guardare quello che fanno, facciano bene ma facciano loro.