PISTOIA. Se chiami una cooperativa impegnata nell’accoglienza dei clandestini per avere informazioni, le possibilità che ti risponda e soddisfi la tua curiosità equivalgono a quelle di trovare una fonte d’acqua fresca nel deserto.
Non contento chiami la Prefettura, essendo essa l’organo che organizza i bandi di gara per far aggiudicare alle cooperative i clandestini arrivati sul territorio: ti dice una voce spenta, ma che non è quella metallica registrata, che devi chiamare il Comune.
Allora fai anche questo tentativo ricordando l’espressione sorridente del tuo Sindaco, il quale vorrebbe tu ti fidassi di lui a tal punto da concedergli un secondo mandato: forse non sa che, fosse stato per te, non ci sarebbe stato neanche il primo. Risponde, a questo giro, la vocetta metallica che ti dice che il centralino è vuoto per un’assemblea sindacale.
Quindi la domanda sui trenta clandestini (?) assunti come nuovi “controllori” di non si sa cosa alla biblioteca San Giorgio, a chi diavolo devi porla? A nessuno evidentemente, nonostante i tre soggetti sopracitati siano annaffiati quotidianamente con i quattrini dei bischero contribuente al quale nessuno vuol dare soddisfazione.
Siamo, insomma, autorizzati a trarre delle conclusioni autonomamente. E la questione è proprio questa: una trentina di giovanotti provenienti da Nigeria, Pakistan e Gambia sono stati assunti come volontari alla San Giorgio in quanto aficionados della biblioteca, col compito di garantire silenzio e ordine.
Il giovane e correttissimo Bertinelli ha dichiarato a pieni polmoni che questo è l’ennesimo passo che l’amministrazione comunale muove, in collaborazione con le cooperative che non rispondono mai al telefono, verso l’accoglienza di chi ha bisogno, in un momento importante per la città come è l’anno in cui ricoprirà il ruolo di Capitale della cultura.
Preliminarmente potremmo per l’ennesima volta discutere sull’opportunità o meno di incoraggiare l’arrivo di decine di migliaia di persone sulle nostre coste, che inevitabilmente vi approdano da clandestini. Ma non è questo il punto.
Il nocciolo centrale, e addirittura ironico, riguarda invece il ruolo di tutori della legge che i fratelli di colore ricopriranno.
Noi, essendo sprovvisti di peli sulla lingua, li chiamiamo col loro nome: clandestini. Tutti gli altri, al contrario, li chiamano migranti (definizione che li fa somigliare alle rondini), oppure preventivamente profughi e richiedenti asilo.
La realtà è, come di consueto, quella che raccontiamo noi scorretti. Difatti chi approda sulle nostre coste illegalmente diviene clandestino, e solo dopo un procedimento di accertamento potrà godere dello status di rifugiato, al quale si giunge dopo aver fatto la richiesta di asilo. Il profugo in sé è tutto e niente, non essendo quest’ultimo uno status riconosciuto dal diritto internazionale.
Ma nella Capitale della cultura i sindaci si fanno beffa della logica e del buon senso, raccontando davanti alle telecamere d’essere orgogliosi di far rispettare la regole da chi, per primo, se ne infischia allegramente.
Benvenuti a Pistoia, la Capitale delle balle!
[Lorenzo Zuppini]
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Intervento di critica e commento ex art. 21 Costituzione.