SERRAVALLE. Un mucchio di incongruenze. Tante che non sembrano finire più e che paiono fatte apposta per confondere il cervello della gente affumicata dal Cassero in fiamme.
Anche il Comune di Serravalle ha avuto un suo “incendio di Roma”: solo che non c’è un Nerone a cui addossare una colpa, anche se, con la storia della recinzione abbattuta, una figura similare a un Nerone sembra sia già stata proposta. Anche in questo caso un po’ di… fumus in fabula?
Noi però, da cinici quali siamo, non crediamo a questa versione dei fatti. Per niente. E vi spieghiamo i motivi:
- primo, perché la storia salta fuori quando il fumo è in cielo da diverse ore
- secondo perché, dato che il fuoco è partito alle 18, con gente in discarica, solo un cretino patentato sarebbe potuto tornare sul luogo del delitto (la recinzione rotta prima, a detta di Presidente PistoiAmbiente e Sindaco Mungai), attraversare il buco e, con il rischio di essere visto, giocare con i fiammiferi.
Non sarebbe, forse, stato più facile lanciare una molotov oltre la recinzione quando il luogo fosse stato deserto e, meglio ancora, in piena notte?
Dunque, signori della discarica, signori del Comune, gente della Tv che ha intervistato e sparato in aria Mungai e Fedi: ma domande come queste non ve le ponete proprio mai? non provate a ragionare con un briciolo di logica? Pretendete che tutti, in quanto sudditi, abbassino la testina e inizino a credere a quelle che hanno tutta l’aria di essere delle sane panzane da discarica?
Inoltre molte altre cose non sembrano tornare all’appello. E ancor meno lo fanno se càpita di leggere il verbale di un incontro che ci fu, in Comune a Serravalle, il 3 dicembre 2008.
Per comodità dei lettori lo linkiamo qui sotto: lo potete scaricare e rileggere e farvi direttamente una vostra opinione, valutando ogni possibile sfumatura.
Della massa di notizie che vi compaiono, una ha suscitato la nostra attenzione. C’è una disposizione che impone, a aziende come una discarica, di mantenersi in vita per 50 anni dopo la conclusione del ciclo di produzione e stoccaggio; finché, insomma “il morto” non sia del tutto disfatto nel terreno.
Per comprenderci meglio, quando vive una discarica? Lo fa per tutto il tempo in cui riceve e stocca i materiali per cui è abilitata e poi, per altro 50 anni, considerato il tempo necessario alla dispersione dei veleni nell’ambiente, deve restare in piedi e continuare a esistere fino alla sua naturale consunzione.
Ora, se andiamo a vedere e non abbiamo capito male, la discarica del Cassero, grazie a un cavillo legale, non solo ottenne l’accorciamento del proprio ciclo di vita post-chiusura (30 e non 50 anni); ma addirittura PistoiAmbiente sembra avere evitato di accantonare i soldi necessaria per la “pensione di vecchiaia”.
In altre parole: avrebbe dovuto accantonare fondi per continuare ad esistere dopo la chiusura dei propri cancelli? Ebbene, sembra che a un certo punto abbia smesso di farlo e abbia iniziato a portare in bilancio i milioni necessari a svolgere le proprie funzioni non sotto la forma di fondi di accantonamento, ma sotto quella di “debiti” (assicurazioni? Fidejussioni? O cos’altro?).
Ecco che, trattandosi di vari milioni di € – più e meno una ventina o trenta –, ora che una parte notevole dei materiali stoccati se n’è andata in fumo, non c’è il rischio che il fuoco abbia miracolosamente risolto, per caso, anche il problema dei debiti iscritti a bilancio per i trent’anni post mortem della discarica stessa?
E nel caso che a questo punto la discarica fosse definitivamente costretta a fermarsi – anche se tutti sono lì che fanno il tifo per la ripresa immediata (dal Cispel ai politici d’ogni ordine e grado: Sindaci e Assessore Regionale Fratoni su La Nazione…) –, cosa ne sarebbe degli obblighi di vigilare il riassorbimento nel terreno (peraltro argilloso…) degli inquinanti nel trentennio di vita rimastole?
E se la discarica dovesse pagare dei danni alle popolazioni che hanno perso “capre e cavoli”, chi li indennizzerà, specie se dovesse saltare fuori che PistoiAmbiente non ha provveduto, secondo un ferreo principio di precauzione, a piani di rigidissima sorveglianza dei propri recinti e confini, rendendoli e lasciandoli vulnerabili e, a quanto è stato pubblicamente dichiarato, vulnerati?
Ci penseranno le banche (già da un bel po’ fortemente in crisi) e le assicurazioni o inizierà un contenzioso infinito con il rischio che il Comune, alla fine, ci debba rimettere di persona il proprio fondo-schiena…?
[Edoardo Bianchini]
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