PISTOIA. Le analisi sulle matrici vegetali, per le misurazione delle concentrazioni di contaminazione, saranno pronte intorno al prossimo 15 luglio: così dice l’Arpat.
Quindi le valutazioni sulla minaccia ambientale causate dall’incendio della discarica sono quanto di più discrezionale e empirico, ma questo non ci sorprende, visto l’andazzo tenuto anche sull’impianto di incenerimento di Montale che, dopo aver sputato diossine in quantità, non è mai stato sottoposto a misurazioni rigorose e indiscutibili.
Del resto tutti erano abituati da sempre al criterio del “basso profilo” caratteristico della gestione della Procura di Pistoia ai tempi del dottor Dell’Anno (vedi).
La nostra conversazione con la neo-Sindaca di Larciano ci ha permesso di rilevare e fare emergere le stravaganti interpretazioni circa la gestione dell’emergenza, evidenziando molte delle contraddizioni operative già denunciate.
L’ordinanza del Sindaco Mungai (la numero 11/2016) modifica le raccomandazioni precedentemente formulate dall’Arpat e relative al “non consumare alimenti coltivati in ambienti esterni nell’area a maggior ricaduta dei fumi” (di tenga ben presente la parola “esterni”), però precisa che “Resta invece valida la raccomandazione precedentemente formulata dall’Unità di Crisi, relativa a non consumare alimenti coltivati in ambienti esterni nell’area”. E allora? A chi si deve dare retta?
L’aggiornamento prevede dunque che “i prodotti ortofrutticoli derivanti dalla coltivazione nei terreni posti al di fuori della predetta area, ma in zona immediatamente adiacente (Larciano, Vinci, Quarrata e Monsummano – n.d.r.), non dovranno essere consumati, ma allo stesso tempo precisa – in modo palesemente contraddittorio – che devono solo essere sottoposti (prima della consumazione) ad accurato lavaggio in acqua corrente potabile” (si rilegga bene “immediatamente prospicenti (meglio adiacenti – n.d.r.)” e “accurato lavaggio”).
Appare chiaro che le disposizioni confermano la sussistenza di una reale minaccia sanitaria proprio per quello che aveva detto, nell’immediatezza dell’evento, il sindaco Mungai: e cioè che i residenti di Casalguidi sono più fortunati di quelli sottovento dei comuni confinanti.
Il responsabile dell’Usl Centro per l’igiene degli alimenti, Ranieri Naldone, aggiunge che “…le diossine non si mischiano con la frutta e la verdura perché si legano ai grassi” e che comunque, è da attendere l’esito della analisi.
Ma allora, perché i Sindaci Bertinelli e Mungai hanno usato la misura dell’ordinanza di proibizione di raccolta, consumazione, pascolo e razzolamento di avicoli?
Siamo di fronte a un chiaro esempio di strabismo amministrativo o si tratta di una ricercata sottovalutazione per non gettare altre responsabilità sulla bella discarica che nello scorso anno sembra avere chiuso il bilancio con un utile di due milioni quasi pari a quello della Hitachi rail?
Il modello previsionale di ricaduta di Arpat è usato per la mappatura delle aree di probabile massima esposizione alle diossine, ma la sua lettura ci porta a riconoscere delle contraddizioni nelle dichiarazioni rese dal responsabile di Pistoia, dottor Poggi, a un larcianese secondo cui il fumo dell’incendio avrebbe portato poca contaminazione di inquinanti nelle poche ore di diffusione grazie alla sua diluizione e alla dispersione (più in là, insomma, dei 1.500 metri dall’incendio – n.d.r.).
La stessa relazione di Arpat riferisce, però, che per almeno 8 ore l’intera provincia avrebbe visto una bonaccia di vento (la velocità sarebbe passata da 4,8 della sera del 4 a 0,5 metri al secondo dalle 22 e fino all’intera notte successiva) che certamente non ha aiutato la dispersione in ampio raggio delle particelle inquinanti.
Dunque non si capisce perché a Larciano – territorio immediatamente prospicente (ma meglio contiguo – n.d.r.) – non si dovevano adottare le medesime misure precauzionali di Casalguidi, data la sicura esposizione ai fumi per tutta la notte dell’incendio, proseguito anche oltre al 5 mattina.
La Sindaca Amidei, in una conversazione, ci spiega – mostrando conoscenze piuttosto superficiali e approssimate – che “le verdure basta lavarle con Amuchina” (disinfettante, completamente inutile al caso) e che “dopo due o tre giorni le verdure si possono raccogliere”, facendo intendere che sono commestibili (sebbene le diossine, i Pcb e le Tccd-Dl, abbiano un’emivita anche di 18 anni!), mentre le due ordinanze emanate a Pistoia-Casalguidi hanno validità indeterminata nel tempo.
Interessante riflettere sulle considerazioni dei responsabili degli organi di controllo, che non mancano di confortare le comunità con le valutazioni spannometriche (così ha risposto l’Arpat alla linea diretta telefonica) ma senza disporre ancora di alcun parametro analitico per evidenti questioni di mancanza di ogni rapporto di laboratorio.
Nessuna risposta concreta arriva poi su ruspanti, sui bovini e sugli ovini: le sostanze inquinanti si “rimescolano nella strato superficiale del terreno” (e quindi si confondono nell’impasto) e, mentre gli allevatori casalini sono diffidati dal far pascolare gli ovini e razzolare le galline all’aperto, i larcianesi – anche se immediatamente prossimi al confine comunale – possono stare tranquilli, far pascolare gli animali e far razzolare le galline; e mangiare tutta la verdura: a condizione, però, di lavarla scrupolosamente e non semplicemente come sempre prima.
Poggi dell’Arpat ha spiegato infine che il “criterio di precauzione” è stato adottato in una “misura proporzionata” all’evento, ovvero alle “conoscenze disponibili” e che, in questi casi, un eccesso di precauzione non è “cosa buona e giusta” in quanto avrebbe, più probabilmente l’effetto contrario, suscitando nella cittadinanza la non osservanza delle misure di tutela indicate.
È, insomma un caso non del «chiedo di più per ottenere un minimo decente», ma del «chiedo meno»: ma per ottenere cosa? Un meno del dovuto? E questo vi sembra un ragionamento logico?
La conclusione è, dunque, sperare che in Provincia di Pistoia non vi sia mai necessità di ordinanze di Sindaci su aree estese (si pensi al caso storico della Icmesa di Seveso) o altrimenti non sarebbero emanate perché probabilmente disattese dalla cittadinanza in quanto troppo complicate ed esigenti!
Chissà se Bertinelli si sarà ben consigliato con lo staff approntato dalla Nazione per il “filo diretto” con i lettori, prima di emanare la sua ordinanza di divieto, o se invece l’ha firmata a prescindere, direbbe Totò…
[Alessandro Romiti]
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