SERRAVALLE. L’etica e l’ottica del “basso profilo”, che ha sempre caratterizzato il tema “rifiuti-inquinamento” a Pistoia, a cominciare dall’inceneritore di Montale, un modus operandi caro anche alla procura gestione-Dell’Anno (vedi), sembra che stia riprendendo il sopravvento anche dopo quello che, all’apparenza, ha tutta l’idea di essere un vero e proprio disastro ambientale: l’incendio della discarica del Cassero che ha affumicato persone, animali e cose – e, con una stima benevola, non solo a Cantagrillo o giù di lì, anche se dopo appena due giorni (non sappiamo bene come) il perimetro del disastro era già stato almeno dimezzato.
Riprendiamo alcune considerazioni su quanto è avvenuto, per porci e porre ancora qualche domanda che ci era rimasta in punta di penna quando avevamo pubblicato i nostri incendio del cassero. l’arpat e l’accreditamento “accredia” e incendio del cassero. che gran pasticcio, signori del vapore!.
C’è ancora qualcosa che non torna se pensiamo, ad esempio, all’acqua che i vigili del fuoco hanno versato, e in abbondanza, sulle colline dei rifiuti. Quella massa di liquido dov’è finita? Quella massa, beninteso, resa necessaria dall’evento indubbiamente sfuggito di mano: perché si sa, di solito, in discarica, quando parte una fiamma, la prima cosa che viene fatta – e che funziona – è lo spargimento di terra, che ha un effetto immediato. Terra cilindrata e compattata fino a togliere ossigeno alla fiamma.
Ora è certo che – come anche hanno messo in luce alcuni quotidiani locali – dall’inizio dell’incendio e fino all’arrivo dei pompieri (un’ora? Un’ora e mezzo…?) il fuoco ha avuto il tempo e l’agio di espandersi sempre di più.
Perciò: cosa hanno fatto, in ipotesi, gli operai della Pistoiambiente che hanno assistito al verificarsi dell’evento stesso? Sono – ci dicono – sicuramente esperti e preparati; sanno – ci dicono – che appena scocca una scintilla, la prima cosa da fare è scaricare terra sulla fiamma e compattarla un macchinario pesante circa 450 quintali.
E, dunque, se non sono stati tanto veloci da spargere terra e compattare i rifiuti fino a spengere la fiamma viva… non sarà che, contrariamente a quello che è stato detto da tutti, non erano presenti in discarica perché già smontati dal turno, mentre sul luogo si trovavano (è una pura ipotesi – si sottolinea) operai di altre aziende che stavano lavorando per preparare nuove aree di stoccaggio?
Qualcuno ci fa notare che in alcune foto dei vigili del fuoco non si vede un vero e proprio incendio che divampa, ma una serie infinita di fuochi e focherelli che somigliano, in qualche modo, alle fiammelle dei nostri fornelli di cucina: e qui scatta un nuovo interrogativo.
Non sarà che, con il rilascio delle masse d’acqua da monte a valle, i teli superficiali sono scoppiati a causa dell’escursione termica caldo-sotto/freddo-sopra, lasciando fuoriuscire le mille bolle di gas che covavano comunque sotto i materiali stoccati e non ancora compattati?
E allora, tornando al punto di partenza, dov’è finita l’acqua? È evaporata? È penetrata a fondo nel suolo? E i teli del fondo della discarica avranno retto al calore dell’incendio soprastante o avranno lasciato transitare il liquido di spengimento? E tale liquido, dove sarà finito? Nella falda sottostante? È possibile?
A questo punto c’è anche da chiedersi se i teli siano stati in grado di reggere il percolato derivante dagli stoccati, e se i tubi del biogas siano, a questo punto, perfettamente integri o rappresentino, al contrario, un rischio concreto. Ovviamente anche per la salute.
Suscita in noi un certo stupore pensare che, appunto, da più parti, e fin quasi da subito, si sia parlato e si parli di far riprendere la produzione della discarica il prima possibile.
In casi come questo e visto che niente è certo finché non è scientificamente documentato da enti e tecnici accreditati, sarebbe fuori luogo pensare a un carotaggio casuale un po’ dappertutto – e non solo fino a 20 metri di profondità, come è stato fatto in passato, ma anche a 60 e oltre –, per verificare una volta per tutte la reale condizione del contenuto del Cassero?
È questo, più o meno, l’inizio del nostro brutto “sogno di una notte di mezza estate”.
[Edoardo Bianchini]
Ecco, chi risponderà a tutte queste domande? Il sindaco? L’assessore all’ambiente che si è defilato? Eppure qualcuno dovrà rispondere a queste domande e a tutte quelle dei cittadini!
Basta con il fuggi fuggi e lo scaricabarili!
Statene certi,che con il Dott Paolo Canessa non si scherza.