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LUCCA. Dal terrorismo all’intoccabile “repubblica”, dalla carta stampata al web, da D’Alema a Veltroni. Giovanni Fasanella, giornalista e scrittore, racconta la sua idea di giornalismo e la sua attrazione quasi morbosa per le inchieste e per la dietrologia.
Ieri pomeriggio, 6 maggio, nel Palazzo Bernardini di una Lucca inebriata dal sole, Fasanella ha parlato dinanzi a una settantina di giornalisti (freelance possiamo dire, dato che gli assunti sono risultati solo 4 dei 70 presenti) della sua esperienza lavorativa, prima al quotidiano l’Unità di Torino e di Roma, poi al settimanale Panorama.
Non solo. Fasanella ci dà un’idea di quegli anni, fatti di ipocrisia, nepotismo, e giochi di potere. E anche giochi di specchi, dato che, come lui dice, la vera notizia è spesso aleatoria.
Da uomo di sinistra, come si è definito, racconta le ombre di una stessa sinistra “censuratrice e corrotta” come quando, dopo mesi a leggere documenti negli archivi della Commissione Stragi, propone articoli a Nini Briglia (direttore di Panorama all’epoca e esponente di Lotta Continua), la cui risposta, oggi, deve ancora arrivare. Così Fasanella le sue inchieste le ha scritte in un libro, “Segreti di Stato”, del 1998, uno dei 22 di cui è autore.
Ma può esistere in Italia il giornalismo d’inchiesta?
I primi vagiti delle Brigate Rosse, le molotov scoppiate, gli assassinii per strada, le minacce, le telefonate anonime, la paura di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. “Non c’erano scorte e non si diventava famosi, negli anni di piombo. Si usciva al mattino senza sapere se avremmo fatto ritorno a casa, la sera” racconta Fasanella.
Nel ’77 va a lavorare all’Unità a Roma. Scompaiono le molotov. Al posto di esse, però, la nebbia pregnante di un’arrogante oligarchia dell’informazione. “C’era sempre qualche figlio di, qualche nepotismo. C’era una sorta di area-repubblica intoccabile, come quella di De Mita o di La Malfa. Tornai a Torino perché preferivo le Brigate Rosse a quel clima radical chic”. Strano, verrebbe da dire, in un giornale categorizzato “di sinistra”.
“Fare giornalismo significa essere contro-potere. Per fare questo mestiere bisogna essere liberi, soprattutto dalle nostre idee politiche. Questo ho imparato all’Unità. Un giornalista deve essere temuto, altrimenti diventa ricattabile”. E Fasanella uomo libero è nato e c’è rimasto. Senza aumenti di stipendi, senza promozioni in 26 anni di lavoro. “Questa è la misura della mia indipendenza”.

Un attimo di silenzio alla domanda dell’organizzatrice del corso che chiedeva ai presenti da quali testate provenissero. “Ma cosa crede che qui ci siano giornalisti del Corriere della Sera? – la provocazione di uno dei presenti –. Ma dove vive? Qui siamo tutti freelance che collaborano qua e là pur di poter scrivere”.
“Una bella inchiesta la potremmo fare sul nostro Ordine – ha detto Edoardo Bianchini, direttore di Linee Future –. Oggi non sparano più addosso ai giornalisti, ma ci ammazzano in un altro modo: ci fanno le censure. E le querele. Ma io me ne frego e vado avanti, perché non ho paura. Ho additato la Commissione di Disciplina all’assemblea annuale dell’Ordine a Firenze… Qualcuno ha risposto?”. E scrosciano gli applausi.
Sono seguiti altri interventi, prese di parola, testimonianze di chi fa da una vita questo mestiere in attesa di trovare un’assunzione. Ma la passione muove il mondo e lo rende migliore, si potrebbe dire.
“Io sono un inguaribile ottimista – concluda Fasanella –. È vero, la carta stampata sta scomparendo, ma i giornali online cresceranno e saranno il futuro. Investite sul web, perché è risorsa, opportunità e, soprattutto, libertà. I manipolatori dell’informazione stanno vacillando grazie a internet. L’oligarchia arrogante che tiene le redini dell’informazione deve fare i conti non solo con un’opinione pubblica diffusa e pensante, ma anche con quel giornalismo del web, apparentemente piccolo e inutile, ma in realtà forte e pericoloso”.
“Ingegniamoci e troviamo un modo alternativo di fare questo mestiere: combattiamo contro questi parrucconi che ci dicono cosa dobbiamo scrivere e come”.
[Alessandra Tuci]